Ci fermammo ad ascoltare. Niente. Non sentimmo niente.

– Magari era un topo – ipotizzai.

– Andiamocene via di qui. Muoviamoci!

Affrettammo il passo. L'uscita non era lontana. Mentre strisciavamo nella caverna ripensai al rumore. Somigliava a quello del coperchio sul sarcofago, quando lo avevamo spostato. Scacciai subito quell'idea folle. Era stato davvero un topo e le gallerie avevano distorto il suono. Non poteva che essere così. Eppure …

Lasciai alle spalle quei pensieri quando il cielo stellato si aprì davanti a noi e il profumo della radura ci riempì le narici.

                                                          ***

Il ricettatore era un tremendo avaro, ma anche il più discreto e quello con la migliore clientela della città.

– Oro blu! Per tutti gli dei, non si vede oro blu da queste parti da secoli!

Esaminò accuratamente tutti i gioielli, esclamando con stupore ogni volta che notava qualcosa di raro. Arrivò infine alla spada d'oro. La prese, ne saggiò il filo e ritrasse la mano con una smorfia di dolore. Dal polpastrello uscì una goccia di sangue.

– Per Thor, è ancora affilata! E questi rubini sull'elsa... magnifici! Semplicemente fantastici!

Alla fine, ci propose un prezzo a mio parere troppo basso.

– Soltanto la spada d'oro vale il doppio di quanto ci hai proposto! – obiettai io.

Il ricettatore aumentò un po' la cifra, che rimase pur sempre troppo bassa.

 – Prendere o lasciare, amici miei.

Sbuffai e accettai masticando imprecazioni, poi andai con Aivorn a smaltire la rabbia in una taverna. L'idromele mi consolò presto. In fondo, la somma era abbastanza alta da permetterci di vivere bene per lungo tempo. Poi, forse, si poteva pensare di ritornare in quelle caverne umide per razziare altri tesori.

Nei giorni seguenti incontrai più volte il ricettatore. Una volta scoppiò in una grossa risata e mi disse che aveva venduto la spada a un ricco collezionista di armi antiche al triplo della cifra che aveva dato a noi per tutto il bottino. Gli diedi un pugno sul naso e glielo ruppi. Da allora non ha più fatto lo spiritoso con me.

Ma i guai dovevano ancora arrivare, purtroppo.

Da qualche tempo sentivo gente alla locanda parlare di uno straniero giunto di recente in città.

– Viene qui da quattro o cinque giorni – mi spiegò un amico davanti a un boccale di birra. – Si fa vedere sempre dopo il tramonto. Fa un giro per le taverne, fa un po' di domande e poi sparisce prima dell'alba. 

– Che genere di domande?

– Sembra che stia cercando qualcuno. Ha un accento strano. Parla la nostra lingua, ma con un accento che non ho mai sentito. Dice che sta cercando un uomo alto e magro e uno piccoletto e grasso. Non conosce i loro nomi, parla solo per descrizioni. Ma che hai?

Il mio cuore aveva perso un colpo. – Uno smilzo e un piccoletto? – balbettai.

– Esatto. Così dicono. – Buttò giù un gran sorso, fece un rutto rumoroso e poi continuò.

– Avete pestato i piedi a qualcuno, tu e Aivorn?

– Non di recente. Tu lo hai visto, questo tizio?

– No, però me ne hanno parlato. È avvolto in un mantello lercio che gli copre tutto il corpo. Sulla testa indossa un cappuccio, ma la cosa strana è la faccia. Ha una barba marrone così folta che quando parla sembra che le labbra non si muovano. Sembra anche che non sbatta mai le palpebre. È come se portasse una specie di maschera.

Soppesai accuratamente quelle parole. Chi era quello straniero? Sia io che Aivorn avevamo una taglia sulla testa in un paio di città a ovest. Forse era un cacciatore di taglie?

Ne parlai ad Aivorn, lui sbiancò come un lenzuolo e cominciò a tremare.

– È il re! – piagnucolò – È il re-mago risorto dalla tomba per vendicarsi!

– Piantala di dire cretinate e ascoltami. Non è detto che questo tizio stia cercando proprio noi, ma in ogni caso abbiamo una taglia sulla testa e dobbiamo stare attenti. Proviamo a fare delle indagini su di lui e a saperne di più. Se siamo noi quelli che vuole, o lo facciamo fuori o cambiamo aria fino a quando non si toglie dai piedi.

– È inutile – mugolò Aivorn. – È tutto inutile. Ci troverà e ci ucciderà.

Lasciai Aivorn a frignare da solo e cominciai subito le mie ricerche. Non avrei potuto contare sul suo aiuto. Era troppo superstizioso. Il re-mago risorto dalla tomba... che razza di idea!

Purtroppo non riuscii a trovare alcuna risposta. Questo tizio era davvero un mistero. Non lo conosceva nessuno. Era una specie di... fantasma.

Ogni giorno che passava, qualcuno mi parlava dello straniero misterioso. Io tenevo gli occhi aperti, ma Aivorn era terrorizzato. Insisteva che quello era il mago risorto dalla tomba e che ci avrebbe uccisi. Lo deridevo per questo, ma una parte di me cominciava a pensare che quell'idea non fosse troppo stupida. Quando indugiavo troppo su questi pensieri, mi rimproveravo di essermi fatto suggestionare e li scacciavo via con un buon boccale di idromele.