Tuttavia, mago o non mago, il pericolo restava. C'era il serio rischio che qualcuno facesse i nostri nomi. Piuttosto che sporcarsi le mani di sangue, stabilii che conveniva sparire dalla città per qualche tempo, giusto il necessario per far perdere le nostre tracce. Partire rapidamente, di notte, senza dare nell'occhio.

Con il bottino che avevamo raccolto, potevamo trasferirci in una città a est e vivere in quartieri lussuosi per un bel po' di tempo. In questo modo, se quel verme avesse continuato a chiedere di noi, nessuno gli avrebbe saputo spiegare dove eravamo andati e forse avrebbe desistito dal cercarci.

Ma avevo formulato i miei piani troppo tardi. 

Una notte, un amico di Aivorn mi corse incontro mentre tornavo a casa dalla taverna.

– Sennak! Sennak!

– Che diavolo vuoi?

Il ragazzo ansimava. – Aivorn... è morto!

– Cosa?

– Sono passato a casa sua e l'ho trovato disteso sul letto agonizzante.

I capelli mi si drizzarono sulla nuca. – Ma come è morto?

– Vieni a vedere! Ha il corpo pieno di bruciature, una tremenda al torace, così profonda da raggiungere i polmoni. Ho provato a soccorrerlo ma è stato inutile. Le sue ultime parole le ha pronunciate sputando sangue: “Dillo a Sennak” diceva. “Il mago... mi dispiace tanto”. Poi è spirato.

Sentii il sangue lasciare il mio volto. Non ci volevo credere. Presi il ragazzo per la collottola e lo sollevai di peso. 

– Stai forse cercando di imbrogliarmi?

L'altro scosse la testa freneticamente. 

– No, Sennak. È tutto vero. Te lo giuro sugli dei.

Per un attimo, il tempo sembrò fermarsi. Mi tornò in mente il rumore sentito nella cripta. Pietra che strisciava su pietra, qualcosa di pesante che veniva smosso. Pensai alle parole udite qualche sera prima: una faccia che sembrava una maschera, labbra immobili mentre parlava. Infine il supplizio cui era stato sottoposto Aivorn e il bassorilievo sulla spada raffigurante il simbolo magico del fuoco.

Mi ridestai da quei pensieri con un sobbalzo. Ormai era tardissimo. Se quel demone aveva raggiunto Aivorn, poteva arrivare a me.

Corsi a casa alla velocità di una freccia. Presi qualunque cosa riuscissi a portare con me e preparai un sacco con vestiti, armi e denaro. 

Ero deciso a filare verso est quella notte stessa, quando sentii un passo sull'assito davanti alla porta.

Estrassi un pugnale e mi girai. 

Era lì. Alto, scuro come la notte, avvolto nel mantello lercio. Sembrava davvero un fantasma.

– Chi sei? – gridai io. 

Non rispose. Fece un passo avanti e un raggio di luna gli illuminò il volto. La faccia sembrava umana, ma quando parlò ebbi la conferma di ciò che mi avevano raccontato.

– Dov'è la spada? – Le labbra non si erano mosse di un pollice. La voce sembrava provenire dagli abissi più oscuri dell'inferno. L'accento mi era sconosciuto, e la parola usata per dire “spada” era leggermente diversa da quella che si usa oggi. 

– Quale spada? – chiesi, tremante.

– La mia.

Deglutii a vuoto. – Sei tu che hai ammazzato Aivorn?

Ci fu un silenzio tremendo prima della risposta. – Non ci ho messo molto per farlo parlare.

Il mio cuore perse un colpo. Aivorn... le bruciature... “Il mago... mi dispiace”.

Mi feci coraggio e sollevai il mento. 

– Non ce l'ho più. L'ho venduta a un ricettatore e questo l'ha venduta a un collezionista.

L'altro rimase immobile come una statua. Non sembrava neanche che respirasse. Poi portò la mano al volto e si tolse quella che era una maschera di argilla con una barba posticcia, rivelando il suo vero volto.

Sbarrai gli occhi e mi si chiuse la gola. 

Quel volto nella cripta. Un teschio mummificato sopravvissuto coraggiosamente al passare dei secoli. 

– Pagherai, per questo – sibilò tetro.

Sollevò le braccia e una luce azzurrina si accese attorno a lui, formando lingue di fiamma. Non emettevano molta luce, ma potevo sentire il loro insopportabile calore.

Adesso avevo davvero paura. 

– Aspetta! No!

Feci appena in tempo a schivare un globulo di fuoco. Una cassapanca alle mie spalle esplose in un vortice di schegge.

Il mago sollevò di nuovo le braccia e preparò un altro attacco. La finestra era lontana, la porta ostruita dal mio avversario. Mi sentii perduto.

Cominciai a sentire il bisogno di pregare quegli dei che per troppo tempo avevo ignorato, quando l'occhio mi cadde su una bottiglia di idromele poggiata su un tavolo alle mie spalle.

Agii d'istinto. L'afferrai e la lanciai.

Non ricordo esattamente cosa successe, l'idromele si incendiò a contatto con le fiamme e il mago venne avvolto da fuoco vivo, rosso e luminoso. Poi mi ritrovai sbalzato fuori della finestra, con le orecchie frastornate dal fragore di un'esplosione.

Provai a rialzarmi dalla strada sudicia e fangosa del vicolo. Avevo la schiena a pezzi e mi ero slogato una caviglia. Guardai in alto. Dalla finestra di casa mia usciva una nuvoletta di fumo denso e scuro. Pensai che il mago fosse rimasto distrutto dall'esplosione.