Godzilla di Gareth Edwards è la dimostrazione che i miti si possono sempre reinventare.

Al di là dell'operazione commerciale, mirante a realizzare un prodotto di intrattenimento utilizzando un'icona della cultura popolare, il film ha comunque delle frecce al suo arco.

L'antefatto del film affonda le radici negli anni '50, come gli efficaci titoli di testa lasciano intuire. La vicenda poi prende le vere mosse nel 1999 quando si verificano due eventi apparentemente scollegati: gli scienzati Ichiro Serizawa (Ken Watanabe) e Vivienne Graham (Sally Hawkins) scoprono in una miniera delle Filippine i resti di un'antica creatura, ma anche qualcosa di diverso e ancora più inquietante; poco dopo una centrale nucleare in Giappone, presso la quale lavorano gli ingegneri occidentali Joe e Sandra Brody (Bryan Cranston e Juliette Binoche), subisce un incidente attribuito a una calamità naturale, in seguito al quale Sandra perisce e l'intera zona deve essere spopolata.

Quindici anni dopo Joe è ancora ossessionato dalla ricerca delle reali cause dell'incidente, mentre il figlio Ford (Aaron Taylor-Johnson), ufficiale dell'esercito, vorrebbe solo dimenticare, dedicandosi al suo lavoro e alla sua famiglia, formata dalla moglie Elle (Elizabeth Olsen) e dal figlio Sam (Carson Bolde).

Purtroppo il mondo ordinario di Ford verrà travolto da una chiamata dal Giappone. Il padre ha tentato per l'ennesima volta di intrufolarsi nel sito proibito. Recatosi in loco per recuperare il genitore, Ford lo asseconda inizialmente pur essendo convinto che le sue cosiddette “prove”, che dimostrerebbero che durante la catastrofe in cui perse la vita sua madre ci fossero state delle misteriose emissioni di segnali, siano solo delle farneticazioni. Ma Joe si è rafforzato nella sua convinzione perché ha potuto osservare che i segnali sono ritornati, con lo stesso pattern dell'epoca.

Quello che i due troveranno è qualcosa che non si sarebbero mai aspettati. Ford non solo si convincerà della verità delle affermazioni del padre, ma verrà coinvolto nella lotta contro forze che esistevano sulla Terra prima dell'arrivo dell'Uomo.

Joe e Ford però non saranno soli, perché oltre agli scienziati che nel 1999 osservarono il sorgere di tali forze naturali, ci saranno anche i pragmatici militari, comandati dall'Ammiraglio William Stenz (David Strathairn).

Sarà una lotta impari, nella quale gli esseri umani cercheranno di fare la propria parte, anche se solo quando conosceranno la natura di un imprevisto alleato riusciranno nell'intento di arginare la completa distruzione del mondo come lo conosciamo.

Sono tre i livelli sui quali il film racconta la sua storia.

Quello in cui tutti sanno tutto, o quasi. Ossia gli scienziati e i militari al comando che ciò di cui sono a conoscenza se lo tengono ben stretto finché la sua dirompente natura si rivelerà al mondo.

Quello in cui si è testimoni degli eventi dal di dentro, sul fronte di battaglia, a tu per tu con le mortali creature. Un livello di informazione che vede il particolare, ma si integra con la conoscenza del quadro generale dei “piani alti”. A questo livello si trova il giovane Ford, ufficiale artificiere esperto nell'armare e disarmare ordigni, anche nucleari, insieme a parecchi altri militari.

Terzo è il livello dei meri testimoni e potenziali vittime della immane catastrofe che sanno solo quello che arriva dai media. Lì si trovano moglie e figlio di Ford.

Il risultato della scelta di tre diversi punti di vista è che noi spettatori siamo sempre in grado di essere un passo avanti rispetto ai personaggi.

Godzilla non è un film che vive di sorprese, bensì di suspense, ossia dell'attesa dell'arrivo del “mostro” annunciato.

Bryan Cranston e Aaron Taylor-Johnson
Bryan Cranston e Aaron Taylor-Johnson

Tra le tecniche preferite da Edwards per aumentare la suspense c'è l'uso dei piani contrapposti. Nel campo/controcampo nel quale i personaggi umani incontrano il loro nemico, dapprima la camera si avvicina ai loro volti, con un misto di dolly e zoom, per poi girarsi e alzarsi sopra l'immaginaria linea del campo, in alto, allontanandosi gradualmente per mostrarci l'enormità di quanto vede il personaggio. Il successivo controcampo ci mostra teste in su, il più delle volte attonite o spaventate, a dimostrare quanto minuscolo sia l'essere umano di fronte alla Natura nella sua espressione più primordiale.

Il campo/controcampo più tradizionale, ma non troppo, è parte dell'efficacia degli scambi emotivi tra personaggi, in particolare con le discussioni tra Ford e Joe, durante le quali gli attori sembrano per un momento guardare intensamente in macchina, sia pur di sbieco. Lo scopo è fare diventare per un momento lo spettatore Joe o Ford, per immergerlo nelle motivazioni del personaggio e provocare empatia.

Altro punto di forza visivo del film sono alcune soggettive, come quella durante il lancio di un plotone di soldati al centro dell'azione, in una San Francisco che è diventata un gigantesco campo di battaglia. In questo caso la ristretta visuale, che rende impossibile abbracciare con un solo sguardo il nemico, serve a mostrare l'impari compito affidato ai minuscoli soldati.

Vista in soggettiva del "mostro" Godzilla
Vista in soggettiva del "mostro" Godzilla

Godzilla è uno spettacolo divertente che riesce nello scopo di coinvolgere lo spettatore non solo con i suoi effetti speciali visivi e sonori (l'urlo di Godzilla merita!) ma anche con tante buone idee affidate ai movimenti di macchina, alla fotografia, al cinema allo stato puro in poche parole, riuscendo a essere intrigante anche nei momenti di sottrazione, nei primi e nei primissimi piani, con sfondi minimali o assenti.

Edwards dimostra quindi di conoscere il cinema, di sapere come sui film di Honda si siano sedimentati gli sguardi visionari successivi, citando sicuramente Spielberg e Lucas, a loro volta debitori di visionari come Ozu o Kurosawa, ma anche Hitchcok e Kubrick. Detto per inciso Ishiro Honda, l'inventore del Godzilla originale, fu un collaboratore storico di Kurosawa e la sua carriera e la genesi del suo mostro sono intrecciate in più punti con il cinema occidentale.

La magia del cinema è anche questa, ossia la capacità di mescolare tutto offrendo allo spettatore qualcosa in più.

C'è infatti da fare un'altra osservazione sul contributo di Edwards al genere. L'iconografia del monster movie classico è diviso solitamente in due categorie: i film che dopo qualche iniziale ritrosia mostrano tutto e quelli che mostrano poco o nulla, lasciando il mostro per le scene finali.

Non è solo un problema di budget, perché la via giapponese alla prima strategia non si è mai preoccupata del senso del ridicolo di mostrare la cerniera lampo del costume di Godzilla. È una scelta stilistica che mantiene integra la sospensione dell'incredulità.

Godzilla
Godzilla

Edwards tenta una via che le accolga tutte, passando dal particolare, la zampa o l'artiglio o la mano che afferra un ponte, al quadro generale, affrontando tutte le condizioni possibili, infilando i suoi mostri sottoterra, ma anche sott'acqua e facendoli emergere dai fumi della devastazione.

Una sfida tecnica quest'ultima, non da sottovalutare. L'impatto del Godzilla nero sul cielo nero, il cui profilo è disegnato dal fumo e da fiochi bagliori, è altamente spettacolare e coinvolgente. 

Un altro punto di pregio della regia di Edwards, anche questo mediato dal cinema giapponese, è l'uso appropriato degli elementi atmosferici come la pioggia nella resa visiva complessiva di una scena.

Il cast di attori si rivela all'altezza del compito, dimostrando di non sottovalutare l'impegno solo perché si tratta di un block-buster, ma impegnandosi con convinzione. Le parti migliori, e non è forse neanche questa una sorpresa, sono i confronti padre figlio tra Bryan Cranston e Aaron Taylor-Johnson.

La storia ha pochi elementi di sorpresa, anche se ben studiati. I personaggi rimangono comunque coerenti con le loro intenzioni e personalità, ma i dialoghi loro affidati sono invece parecchio convenzionali, quando non aderenti a stereotipi.

La morale “fanta-ecologista” è un po' semplificata. L'urlo di Godzilla è in un certo senso il monito della Natura nei confronti dell'Umanità, ma non è che sia un tema così portante del film. È quasi un sottotesto.

La sceneggiatura non ha apparenti buchi logici e forse la sua prevedibilità complessiva è una scelta di fondo, però se si fosse aggiunta qualche sorpresa sarebbe stata la ciliegina su una torta molto gustosa.

In ogni caso è un film che può assicurare un paio d'ore di spettacolo divertente e ben costruito.