Quando le cose si fanno strane quelli strani diventano professionisti.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario è un progetto complesso: prima di tutto perché si rifà all’omonimo romanzo di J.J.Rousseau, non tanto nella trama quanto nelle tematiche della passeggiata come percorso interiore e di vita per il raggiungimento di un obiettivo: che sia la crescita, il semplice prendere una strada o l’atarassia questo lo scoprirete solo vedendo; secondo perché lo stesso regista, Paolo Gaudio, è un artista tutto fuorché convenzionale e assistere alla proiezione del film lo mette in chiaro.

Se dovessi esprimere un giudizio in due parole sul suo primo film che arriva nei nostri cinema, con una distribuzione molto particolare (lo ospiteranno solo dodici sale in tutta Italia e siamo, quindi, quasi alle stesse condizioni dello Studio Ghibli), forse userei queste: incompiuto paradossalmente.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Fantasticherie di un passeggiatore solitario

Incompiuto perché, di fatto, lo stesso film nel rincorrere vite di epoche, dimensioni ed età rimaste sospese e quindi incompiute, non fa che rincorrere il leitmotiv del film stesso, per tutta la sua durata. Tuttavia riesce a raggiungere lo spettatore, renderlo partecipe e stimolarlo alle opportune riflessioni personali, e riesce al contempo a coinvolgerlo.

Incompiuto, anche, perché si percepisce che il film abbia subito molta lavorazione e anche molti tagli, come anche confermato dal regista, e questa sensazione arrivando allo spettatore attento gli lascia un ulteriore senso di sospensione, e forse non è un bene, seppure in sintonia con tutto il resto.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Fantasticherie di un passeggiatore solitario

Paradossalmente, perché in realtà l’opera di Gaudio dimostra che abbiamo di fronte un artista che, seppure umilmente consapevole, di “incompiuto” non ha poi tanto: idee chiare e una particolare capacità tecnica ed espressiva di cui si serve per proporre attraverso Passeggiatore una propria visione del mondo, probabilmente consapevole di essere una mosca bianca, non vorrei esagerare nel considerarlo un pioniere ma di certo un regista coraggioso.

Paradossalmente perché si serve di un background fatto di filosofia e di passione per le storie incompiute per raccontarne una che lo sia a modo suo. Paradossalmente perché in un periodo in cui il cinema, soprattutto fantastico, si fa con grandi mezzi tecnologici, sorprendenti effetti speciali e con mirabolanti qualità della cg, Gaudio ci propone un’interessante alternativa fatta di stop motion, animazione e live action e si distingue, appassiona, stuzzica l’attenzione dello spettatore. Senza costi a troppi zeri.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Fantasticherie di un passeggiatore solitario

Le atmosfere del Passeggiatore ci ricorderanno i mondi dei romanzi della Brontë o della Shelly, i mondi burtoniani di Jack (Nightmare before Christmas) o Emily (Corpse Bride), come anche ci sembrerà, a causa di questo continuo intersecarsi di storie nella storia, che ci sia una specie di omaggio al mondo non solo di Edgar Allan Poe ma soprattutto di Michael Ende, tuttavia le vedremo declinate in una storia dal sapore profondamente attuale e “vicino a noi” anche per via dell’ambientazione: vedrete infatti sullo sfondo Roma, le zone di Ostiense e (probabilmente) San Lorenzo, oltre al Parco di Veio, che ben si sono prestati a creare certe situazioni, anche grazie a una interessante ed evocativa colonna sonora (Sandro Di Stefano) e soprattutto, questo si sente potente, al ricco ed eclettico background culturale di Gaudio, che prima di scegliere la propria strada artistica si laureò in filosofia.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario
Fantasticherie di un passeggiatore solitario

I personaggi rispondono alle aspettative dello spettatore: riescono a comunicare le rispettive storie, le proprie inquietudini più o meno esplicite, il rispettivo senso di fallimento, le speranze perdute e quelle che timidamente non si abbandonano nel profondo del cuore. Ognuno di loro, dal giovane Theo (Lorenzo Monaco) spesso vittima della propria storia e mai veramente divenuto padrone del proprio destino, la neanche troppo strampalata Clohe (Nicoletta Cefaly), lo stanco Renou (Luca Lionello) affaticato dal peso dei propri rimpianti, al bambino che seppure dovrebbe essere la nota di speranza, di futuro, con la sua voglia di apprendere, il coraggio di entrare nel bosco e la curiosità, è determinato a portare sulle spalle il vecchio maestro (vedere il passato non sempre come una ricchezza ma come un fardello?): tutti sanno raccontare le rispettive storie, e stupisce tanta varietà di mondi che in soli 83 minuti sembrano distanti ma, vedrete, neanche troppo. Tutto in effetti richiama il magico mondo delle allegorie, e queste dopo la visione del film vi baleneranno in mente, lasciando spazio a ulteriori riflessioni personali.

Fantasticherie di un passeggiatore solitario, in conclusione, è un film che nonostante qualche ingenuità tecnica si lascia seguire e soprattutto se siete in una fase di speculazione e introspezione personale saprà farvi compagnia.