La capacità mitopoietica di J.R.R. Tolkien  è universalmente riconosciuta. Egli è il creatore della favolosa Terra di Mezzo, il deus ex machina d’un mondo fatato in cui l’impossibile e il suo contrario sembrano fondersi per sfumare in una realtà altra e immaginosa. Le sue opere, a partire da Lo Hobbit (The Hobbit, 1937), Il Signore degli Anelli (Lord of the Rings,1954-1955) e Il Silmarillion (The Silmarillion,1977), – solo per citare le più celebri – , sono ottimi esempi di narrativa di genere assurta a pieno titolo a “letteratura alta”.

La sua narrativa riveste un ruolo di straordinaria importanza nel quadro della letteratura fantastica, tanto da costituire un imprescindibile termine di paragone quando si intende esprimere un giudizio estetico, o artistico su un determinato scritto afferibile alla categoria dell’immaginario, e in particolare di quella sua declinazione che prende il nome di fantasy.

Tolkien grande linguista, uomo colto e raffinato, ha avuto il merito di creare un cosmo alternativo, la Terra di mezzo; una sorta di dimensione altra, all’interno d’un Multiverso letterario dal crisma favoloso e sovrannaturale. 

Egli, in quanto insigne studioso, ha saputo cogliere e assorbire alcuni miti nord europei per poi rielaborarli dando vita a nuove dimensioni dell’immaginario.

Tolkien, alla maniera dei cantori dell’antichità, non si è accontentato di scrivere storie avvincenti, di creare personaggi icastici ricollegabili, in modo più o meno diretto, alle leggende e alle tradizioni di riferimento: egli ha inteso edificare una sorta di teatro del mito, una cornice, o per continuare con l’immagine drammaturgica, un proscenio, in cui far muovere i suoi personaggi e mettere in scena i loro drammi. E come ogni teatro che si rispetti, anche il suo è completato da delle Quinte che danno su d’un fondale scuro e misterioso. Tolkien come un impresario immaginoso e onnipotente, ha imbastito le sue Quinte fantastiche in cui si parlano lingue sconosciute, eppur perfettamente coerenti, che narrano di leggende dal grande fascino. Questo “teatro” è connaturato da una ricchissima e variopinta articolazione filosofica, sociale  e culturale atta a rendere verosimile ciò che a rigor di logica non potrebbe esserlo. Il suo edificio mitologico è una sorta di Eden privato – e mai completamente perduto –, rappresenta una formidabile apoteosi che, come dianzi detto, giunge a sfiorare i vertici della maggiore tradizione letteraria europea. Tuttavia una costruzione così ambiziosa e complessa, rischia in chi vi si avventura d’ingenerare confusione, perfino sgomento. Ed ecco, allora, che s’avverte l’esigenza di una guida che ci aiuti a orientarci nei meandri della sua più straordinaria invenzione geografica, la Terra di Mezzo. È in ragione di ciò che Bompiani ha inteso riproporre quello che può essere non a torto considerato un classico nel suo genere, il Dizionario dell’universo di J.R.R. Tolkien. Questa nuova versione segue quelle editate da Rusconi (1999), e della stessa Bompiani (2003). Si tratta in realtà d’una versione corretta, aggiornata e ampliata, capace di soddisfare anche i palati più esigenti in fatto di narrativa fantasy, e in special modo di quella tolkieniana.

A metà strada fra la formula del dizionario e quella enciclopedica, il Dizionario dell’universo di J.R.R. Tolkien, si allontana dal didascalismo tipico di questo genere di pubblicazioni, configurandosi come un’agile, puntuale, ed esaustiva guida (una sorta di navigatore, per usare le parole di Gianfranco de Turris) al cosmo immaginifico dello scrittore britannico.

Dalla mitica Anduril che fa il paro con l’ariostesca Durlindana, ai celeberrimi Anelli del Potere, passando per la placida contea Hobbit solcata dal fiume Brandivino (altro elemento in comune con i cicli e le narrazioni dell’antichità), ai mitici Elfi, fino alla dettagliatissime schede dedicate a Frodo Baggins e agli altri suoi compagni di ventura: questo e tanto altro ancora compone il meraviglioso puzzle contenuto nelle pagine di questo tomo, un contenitore magico, una sorta di vaso pandoriano colmo di prodigi e meraviglie. Ecco cos’è questo elegante (grazie anche alle pregevoli illustrazioni che fanno da capilettera) e mai noioso testo enciclopedico. In esso l’immaginario del professore oxoniense si fa mito nel mito attraverso la scoperta (o la riscoperta da diversa prospettiva) degli infiniti elementi che lo compongono. Il suo linguaggio antico eppur moderno, che trae linfa e vigore nel corpus archetipico della tradizione, riesce a parlare con incredibile chiarezza – ancora dopo tanti anni – , a un pubblico composito costituito sia dagli appassionati conoscitori della narrativa dello scrittore inglese, sia dalle nuove generazioni nate sotto l’influsso del ciclo filmico targato Peter Jackson.

Dinamico, intelligente, fruibilissimo, curato in maniera quasi maniacale e appassionata dalla Società Tolkieniana Italiana, con moltissime voci inframmezzate da brevi e interessanti saggi redatti da vari autori, e impreziosito da una dotta e sagace introduzione d’uno dei massimi conoscitori dell’opera del cattedratico oxoniense, Gianfranco de Turris, questo dizionario costituisce un completo e utilissimo contributo alla conoscenza del fantasmagorico mondo di Tolkien.