Raramente mi è capitato di guardare un film e pensare ecco, è il mio film, sono la persona giusta per scriverne. Non avrei la presunzione di crederlo se Wonder non mettesse in scena, con garbo e leggerezza, situazioni e personaggi a me familiari, che di leggero e aggraziato hanno poco o niente.  

Scritto e diretto da Stephen Chbosky (Noi siamo infinito) e basato sul romanzo omonimo di R.J. Palacio, pubblicato in Italia da Giunti, Wonder racconta la storia di Auggie Pullman (Jacob Tremblay), un ragazzino nato con una sindrome che ne deforma il viso, alle prese con gli usuali problemi della vita in prima media e, in più, con gli sguardi dei coetanei che lo vedono come un diverso. Tra episodi di bullismo, le "giornate no" in cui Auggie sente il bisogno di nascondersi dentro un casco da astronauta e le difficoltà nel distinguere i veri amici, Auggie riconoscerà, come giustamente recita il copy della locandina italiana del film, che "se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare".

Wonder
Wonder

In parallelo alla vicenda di Auggie e dei suoi amici (Jack e Summer), nemici (Julian) e compagni di scuola (Charlotte), c'è quella di sua sorella Via (Izabela Vidovic), che pensa che Auggie sia il sole e vede se stessa e i genitori come i suoi satelliti. Via, pur amando profondamente il fratello, è costretta a vivere nella sua ombra, rinunciando all'attenzione di sua madre e reagendo con incredulo timore quando, grazie all'intervento dell'amica Miranda, si trova all'improvviso al centro dell'attenzione della sua famiglia. 

Wonder
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Wonder è un film che rischia di far piangere anche i cuori più aridi, ma è un pianto buono, non di tristezza ma perché ci si ricorda all'improvviso cosa significa un atto di coraggio, di amicizia, di amore. Ed è un film che rischia di farvi precipitare in libreria in cerca del romanzo da cui è tratto. Vi auguriamo buona visione e buona lettura.