Nella cornice di Villa Gioiosa, gli educational di Lucca Comics and Games 2018 ci conducono a un confronto tra due titani del fantasy: nelle sapienti mani di Stefano Mangusta e Barbara Sanguineti, sotto l’egida dell'Associazione Italiana Studi Tolkieniani, J.R.R. Tolkien e G.R.R. Martin si affrontano in uno dei numerosi incontri/scontri tra autori che hanno caratterizzato l’edizione 2018 della manifestazione. La discussione si articola attraverso un’analisi precisa, ampia e varia, che spazia dall’origine dei due autori fino a specifici elementi dei loro testi.

Le fazioni dei tolkienisti e dei martinisti sono pronte a scatenarsi, con un esercito di orchi che si abbatte su un’invasione di Estranei, ma, come osserva la relatrice Barbara Sanguineti nella presentazione, ha veramente senso un paragone tra due personaggi così diversi?

Illustrazione di Ted Nasmith
Illustrazione di Ted Nasmith

Potremmo rispondere che un paragone ha senso, in parte grazie al rapporto che Martin stesso instaura con l’opera del titanico predecessore e che ci conduce a una riflessione sul fantasy che spazia dalle sue origini alla più vicina attualità.

Armageddon Rag
Armageddon Rag

Da un lato, la vicinanza: Martin, adolescente negli anni ’60, respira la fascinazione provata dai gruppi hippie del periodo per l’opera di Tolkien (omaggiandolo di un tributo in forma di libro, il thriller Armageddon Rag, ripubblicato nel 2017 in Oscar Fantastica). Martin ammette il proprio debito verso il grande predecessore anche in maniera esplicita, riconoscendo Il Signore degli Anelli come il proprio modello nella costruzione del suo secondary world. L’ambientazione e lo stesso impianto narrativo hanno una precisa ascendenza tolkieniana: l’inizio della narrazione in una zona circoscritta, che poi si amplia in un universo sfaccettato, attraverso la presenza di un gruppo di protagonisti, che man mano si divide per affrontare luoghi e sfide diverse.

Allo stesso tempo, però, il rapporto con il grande Maestro è dialettico: ma non è l’affresco di Tolkien a suscitare la critica di Martin, quanto l’esercito di imitatori che, secondo il suo parere, hanno prodotto una sorta di cartone animato, rendendo banale lo scontro tra Bene e Male. Tolkien non è comunque, per l’autore di Westeros, esente da critiche: Gandalf avrebbe dovuto morire a Moria in maniera definitiva (punto su cui, come osservano i relatori, ci sarebbe molto da discutere, visto che le Cronache non sono prive di clamorosi ritorni in vita, in entrambe le versioni dell’opera, cartacea e televisiva).

Tuttavia, potremmo osservare che le differenze tra le due monumentali opere sono strutturali. Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco sono un ciclo fantasy, scritto da un autore che conosce le dinamiche dell’immaginario fantasy, da autore, sceneggiatore e giocatore di ruolo.

Costruttori di mondi a Lucca Comics and Games
Costruttori di mondi a Lucca Comics and Games

Tolkien, che vive mezzo secolo prima di Martin, non ha mai detto di scrivere fantasy: la sua opera, ci ricorda il sempre preciso Stefano Mangusta, è epica nell’intonazione e nell’intento.

E questa differente impostazione è la base per la comprensione della lontananza dei due modi diversi di intendere il fantastico: l’eterno presente del mito si contrappone all’interpretazione della storia di Martin. Lo stesso rapporto tra Bene e Male, così cristallino in Tolkien, si apre al soggettivismo morale dei personaggi delle Cronache, così pronti ad autogiustificarsi, dando adito a diverse (e tutte ugualmente interessanti) interpretazioni dell’etica di Westeros.

Se la radice stessa delle due opere è così radicalmente diversa, non sorprende che i singoli elementi che compongono i due mosaici siano allo stesso tempo così vicini e così lontani. Stefano Mangusta prende come esempio la diversa concezione della magia e le figure, fantastiche per eccellenza, del drago (un mostro modificato quasi geneticamente da Morgoth e abitato da uno spirito demonico per Tolkien; un animale, mistico, ma pur sempre un animale, in Martin) e dell’esercito dei morti (spiriti in cerca di riscatto per Tolkien; seguaci di esseri sovrannaturali in Martin).

Costruttori di mondi a Lucca Comics and Games
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Potremmo anche osservare che Martin non ha un suo Silmarillion e che, nel worldbuilding presentato nel Mondo del Ghiaccio e del Fuoco, non ci siano spiegazioni sull’inizio e sulla fine del mondo, sul suo scopo e sulla cosmogonia sottostante. Possiamo anche notare che Martin non ha ancora concluso il suo lavoro e che quindi è difficile confrontare qualcosa di compiuto con qualcosa per cui non è stata ancora scritta la parola fine.

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I due autori sono quindi, anche e soprattutto, figli del loro tempo e delle loro intenzioni. Un’epica, espressa da un narratore onnisciente, nel caso del professore inglese che scrive nel periodo delle Grandi Guerre; un fantasy, epico a suo modo, ma presentato da diversi narratori interni, ciascuno portatore di un punto di vista peculiare, spesso in contrapposizione con quello degli altri personaggi. Un passaggio, certamente legato alla sensibilità degli autori e al messaggio che vogliono trasmettere, che non può però prescindere dal periodo in cui Tolkien e Martin vivono e dalla cultura in cui loro, e noi, siamo immersi.