Il 28 marzo arriva al cinema The Prodigy – Il figlio del male, terza e ultima fatica di Nicolas McCarthy. Con i suoi The Pact e Oltre il male, il regista statunitense ha dimostrato un genuino fanatismo nei confronti del genere horror, ma il solo affetto non è stato sufficiente a generare pellicole degne di nota. Che si sia riscattato con l’uscita ventura? Decisamente no.

Pedofobia – Trama

Un serial killer (Paul Fauteau) viene freddato dalle teste di cuoio, in quello stesso istante, altrove, nasce Miles (Jackson Robert Scott). Passano gli anni, il giovane si dimostra promettente, precoce e geniale, ma inizia anche a manifestare una violenza inaudita e inquietante.

Dopo aver interpellato diversi specialisti, la madre Sarah (Taylor Schilling) realizza che nel corpo di suo figlio si stia portando avanti una battaglia tra due anime: da una parte quella del pargolo amato, dall’altra quella dello spietato assassino. Lo scontro sta per volgere al termine e Miles rischia di scomparire per sempre. 

Tutta questione di spirito – I limiti della trama

La reincarnazione è il deus ex machina che regge l’intero lungometraggio, ma l’autore Jeff Buhler ha fatto di tutto pur di schivare qualsiasi complicazione dogmatica e religiosa. Lancia il sasso e poi ritrae la mano, confidando che nessuno spettatore si aspetti una parvenza di profondità da quello che è, in fin dei conti, un horror di serie B. Pur accettando passivamente il pretesto narrativo, un approccio tanto superficiale non può che creare un effetto a catena di piccole e grandi debolezze che vanno a minare l’intero intreccio.

<i>THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE</i>
THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE

Senza dettare regole verosimili, lo scontro tra Miles e il serial killer perde di mordente ed empatia. Non si percepisce alcun senso di imminente pericolo, anzi sembra di essere ostaggi di una sottotrama secondaria degna di un anime per bambini. Il “mostruoso” killer è tutto sommato rinchiuso nel corpo di un infante, non ha mezzi ultraterreni con cui manifestarsi. I suoi interventi si limitano perlopiù nel destreggiarsi in un discutibile sguardo truce o, al peggio, nel molestare sessualmente la propria madre.

Volendo essere maliziosi, si potrebbe ipotizzare che The Prodigy sia stato fatto uscire in fretta e furia per anticipare il tanto atteso remake di Pet Sematary – classico di Stephen King strutturato proprio attorno a uno spietato bambino assetato di sangue. Le atmosfere del copione offerto da Buhler sembrano in effetti voler plagiare lo stimato concorrente, almeno fino a quando non ci si rende conto che l’autore si sia occupato anche dell’adattamento del Pet Sematary prossimo venturo. Forse siamo più vicini al riciclo che al plagio.

Possessioni improprie – La tecnica

Fotografia, suono e attori sono senza infamia né gloria. Tutto funziona, niente sorprende. Soliti “jump scare” gratuiti, inquadrature da manuale, attori non particolarmente coinvolti. Jackson Robert Scott si era già temprato col recente remake di IT, ma non è immune ai problemi endemici dell’essere un attore bambino: egli è credibile nei panni del buon figliolo, ma il suo sguardo da maniaco psicopatico risulta tutt'altro che convincente.

<i>THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE</i>
THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE

Taylor Schilling ha poco con cui lavorare, il suo personaggio inizia a prendere forma solamente al termine del film e anche in quel caso le evoluzioni sono forzate e improvvise. Ancora più sciagurato è il ruolo ricoperto da Peter Mooney, cioè quello del padre di famiglia. Il genitore maschile è infatti carne da cannone, assente per buona parte del minutaggio e chiaramente condannato a fare una fine orribile.

Saṃsāra – Conclusioni

The Prodigy avrebbe potuto essere un L’innocenza del diavolo in salsa contemporanea, ma il desiderio di attingere ai botteghini dell’horror ha di fatto imposto un atteggiamento autoriale dozzinale e grezzo, immediato nella fruizione al pari di junk food per la mente, ma privo di attrattiva.

<i>THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE</i>
THE PRODIGY – IL FIGLIO DEL MALE

È insipido. Non desidera perseguire a fondo il potenziale audace delle sue scelte, vuole semplicemente attirare i fan dell’orrore con trailer accattivanti in cui sono già stipate tutte le scene degne di nota. Non gli interessa essere ricordato negli annali del cinema, gli basta accalappiare clienti per depredarli dei loro averi e del loro tempo. Evitatevi il tedio dell’esperienza e recuperate piuttosto l’ottimo e perlopiú ignorato Goodnight Mommy.