Rob Bilott è un avvocato di Cincinnati alle dipendenze di uno studio legale che difende le industrie chimiche. Un giorno però Wilbur Tennant, un contadino amico di sua nonna, lo raggiunge in ufficio per chiedergli aiuto poiché vede morire in poco tempo tutte le mucche della sua fattoria. Ha il sospetto che un’industria chimica che ha una discarica a pochi metri dai suoi terreni, stia inquinando le acque che le bestie bevono. Se da prima Bilott è poco propenso ad accettare il caso, non appena si rende conto che sta succedendo qualcosa di pericoloso non solo per Tennant ma per tanti in paese, decide di accettare l’incarico. Quella che però doveva essere una veloce indagine si trasforma ben presto in un calvario lungo vent’anni, che rischia di mettere a repentaglio non solo la carriera di Bilott ma anche la sua famiglia.

Cattive acque non è un semplice legal thriller ma si iscrive in quel genere tanto ben raccontato dal cinema americano, dell’inchiesta nata dall’abuso di potere verso i cittadini. Come Tutti gli uomini del presidente, The Post, Leoni e agnelli, il cuore della storia è costituito da un’inchiesta, nel caso di Cattive acque il film è tratto da un reportage giornalistico, che scoperchia le frodi operate da un’azienda chimica senza scrupoli. Lo sguardo sulla vicenda è dato dal protagonista perfettamente interpretato da Mark Ruffalo, attore non a caso impegnato in molte lotte civili che, spinto dal bisogno di ottenere giustizia, sembra imbarcarsi in un’impresa colossale.

La sceneggiatura riesce nel mirabile lavoro di creare il giusto equilibrio tra la storia personale del protagonista che pure deve fare i conti con una famiglia da mantenere e un capo che lo appoggia fino ad un certo punto, e la messa in scena della vicenda legale. Grazie a ciò il film riesce essere appassionante nonostante il tema ma, senza introdurre elementi che distoglierebbero dal focus che interessa raccontare. Rob Bilott non è una versione maschile di Erin Brockovich ma un uomo qualunque capace di compiere una scelta morale.

Non è un caso che la prima scena di Cattive acque rappresenti, come il più classico film horror, un gruppo di ragazzi che fanno il bagno in un lago di notte. Da quelle acque però non emerge nessun mostro a divorarli ma il pericolo è ben peggiore, e sta sulla superficie ricoperta di liquami che la fabbrica svasa senza alcun pudore. Todd Haynes nel raccontare questo mondo livido, dove il blu e il grigio sono i toni prevalenti, parla di un America e un modo in cui i poteri forti sono collusi fino al midollo e all’interno del quale, come urla disperato Bilott, nessuno ci difende se non noi stessi.