La confusione generata dallo scoppio della pandemia associata al virus COVID-19 ha reso più urgente una domanda già molto ricorrente negli ultimi tempi: stiamo vivendo una vera distopia? Perfino le autorità politiche hanno usato delle similitudini distopiche per descrivere uno stato di massima gravità ed eccezionalità che, fino a febbraio 2020, sembrava relegato esclusivamente al regno dell'immaginario.

Anche questo crescente interesse per la distopia non sembra essere nuovo: il trionfo di Donald Trump alle elezioni americane nel novembre 2016, ad esempio, aveva già portato molti a cercare risposte socio-politiche in opere come 1984 di George Orwell o Qui non è possibile di Sinclair Lewis, coinvolgenti romanzi che hanno visto aumentare esponenzialmente i loro dati di vendita e che, ancora oggi, sono richiestissimi. Al di là delle questioni strettamente politiche, l’interesse per il tema non sembra diminuire anche a causa di crescenti dilemmi ecologici e socio-antropologici che stiamo iniziando ad affrontare e che, senza dubbio, incarnano nuove e significative sfide per il genere umano, come l'intelligenza artificiale o il cambiamento climatico.

Torniamo alla domanda iniziale: viviamo davvero in una distopia reale? Alla luce delle immagini che stanno diventando ormai tristemente comuni in questi giorni, quelle di città desolate e deserte, con tutte le attività commerciali paralizzate e i cittadini confinati nelle loro case, sotto il rigido controllo delle forze dell’ordine per strada, e del clima di allarme generato da questo sconosciuto virus mortale contro la cui avanzata l’umanità non sembra ancora essere preparata, potremmo essere tentati di pensare che sia così. Affermare ciò, però, significherebbe non conoscere l'essenza stessa del genere distopico, definito precisamente dalla condizione irreale e immaginaria dei suoi presupposti.

V - Visitors. Ispirato a <i>Qui non è possibile</i> (<i>It Can't Happen Here</i>), <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Romanzo">romanzo</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Fantapolitica">fantapolitico</a> <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Distopia">distopico</a> del 1935 dello scrittore statunitense <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Sinclair_Lewis">Sinclair Lewis</a>.
V - Visitors. Ispirato a Qui non è possibile (It Can't Happen Here), romanzo fantapolitico distopico del 1935 dello scrittore statunitense Sinclair Lewis.

La distopia è, effettivamente, una lettura idealizzata del nostro mondo attraverso un suo rovescio più oscuro e pessimista. Sebbene generalmente proiettate nel futuro, le loro storie sono alimentate dalle nostre paure e dalle nostre insicurezze presenti, che sono sempre più acute e intense anche a causa dei cambiamenti che hanno totalmente sconvolto le nostre vite e le nostre società.

Tuttavia, nonostante la straordinaria somiglianza di molti di questi terribili scenari con la realtà, non vedremo mai gli incubi distopici materializzarsi al 100%. Questo perché lo scopo della distopia non è la predizione di eventi futuri, ma l'espressione del nostro disagio per il presente e il crollo delle aspettative che un dato momento o una data problematica genera in noi.

Visto che le distopie vengono costruite dal presente, acquisiscono automaticamente uno “stato immaginario”. Perché, nonostante tutto, questo genere è così prezioso e travolgente per noi lettori e spettatori? In sostanza, perché ci consente di familiarizzare e dialogare con i problemi e le sfide reali che dobbiamo affrontare nel presente e che, in molte occasioni, la routine quotidiana tende a seppellire. Quelle distopiche sono opere dotate di una profonda carica emotiva, concepite per visualizzare la sofferenza futura e, quindi, contribuire all'attivazione di tutti i mezzi che possono sradicarla, qui e ora. Il distopico ci fa sentire più attenti nei confronti degli immensi problemi e delle sfide che ci attendono. E alimenta, quindi, il nostro spirito critico, ma non ci condurrà mai a prevedere il futuro.

George Orwell's 1984
George Orwell's 1984

Se nessuna distopia ha potuto prevedere la crisi COVID-19, è stato perché il genere ha sempre dato la sola responsabilità di tutte le possibili catastrofi pandemiche all'azione umana, come, ad esempio, nel caso di contaminazione radioattiva, armi chimiche, errori scientifici o disastri ambientali. Questo accade perché l’uomo, in maniera quasi ossessiva, si considera, sia nel bene, sia nel male, al centro dell'universo. Ammettiamo a malapena che un processo naturale in gran parte estraneo all'intervento diretto dell’uomo, come un semplice contagio tra specie diverse (da un animale selvatico a un uomo), sia il vero colpevole del caos che sta scuotendo la civiltà.

La tradizione distopica non è mai stata molto accurata nel mostrare l'entità reale del disastro, né nel sottolineare le sue vere vittime. Nella loro impazienza di coinvolgere emotivamente il loro pubblico, le opere più importanti del genere hanno ingrandito eccessivamente la portata delle pandemie immaginate al livello stesso delle leggendarie piaghe bibliche, dettate da Dio come punizione per i peccati umani. E questo è logico: dopotutto, gli autori e i registi che hanno immaginato dei “luoghi cattivi” non erano (per lo più) scienziati o esperti in epidemiologia e, naturalmente, non sapevano se tale scenario fosse possibile o meno. Per loro, anzi, quella domanda era irrilevante poiché il motivo principale che ha ispirato quelle storie era scuotere la coscienza dell’audience e richiamare l'attenzione sulle terribili conseguenze di alcune azioni umane, a livello nucleare, militare o economico. A questo punto, quale modo migliore per mostrare il suo significato se non tentando di estendere i suoi terribili effetti a tutta l'umanità?

L'esercito delle 12 scimmie
L'esercito delle 12 scimmie

I fatti hanno dimostrato che la vera dimensione dell'attuale crisi sanitaria non risieda tanto nel numero di vittime causate dal virus, ma nel clima di collasso e paralisi generale che l'epidemia ha creato. Un panorama, ovviamente, meno grandioso di quelli devastatamente distopici immaginati nei secoli, ma senza dubbio molto più traumatico per coloro che credevano di aver lasciato nella dimensione onirica determinate trame.

Non stiamo vivendo, quindi, alcuna distopia, ma la realtà pura e semplice. Nonostante la nostra inesauribile capacità di immaginare situazioni brutalmente terribili, non potremmo mai immaginare che un virus insignificante ci condurrebbe a una situazione drammatica come quella attuale. Di quegli scenari distopici, insomma, rimane sì ben poco, ma molti dei motivi che li hanno ispirati sono ancora assolutamente validi, anche oggi: è tempo di analizzare le ragioni che ci hanno portato qui, di esercitare più che mai tutto il nostro senso critico e di ripensare la realtà. Come suggeriscono le distopie, il presente è l'unica cosa che conta. Facciamo speculazioni sul futuro, ma non dimentichiamo mai che la realtà finirà sempre per superare la finzione.

Traduzione di Elisabetta Di Minico