Per concessione Mondadori, un estratto da La saggezza delle Folle di Joe Abercrombie, nella traduzione di Edoardo Rialti, volume conclusivo della sua nuova trilogia L'Età della Follia, che riprende il Mondo della Prima Legge a vent'anni di distanza dagli eventi del primo ciclo.

Cambiamento

«Devi ammetterlo» disse Pike. «È impressionante.» «Sì» disse Vick. E non era una che si impressionasse facilmente. L’Esercito del Popolo poteva mancare di disciplina, equipaggiamento e rifornimenti, ma non si poteva obiettare nulla sulle sue dimensioni. Si estendeva a vista d’occhio, intasando la strada nel fondovalle e risalendo i pendii fradici su entrambi i lati, fino a perdersi nella distanza piovigginosa.

Potevano essere stati diecimila quand’erano partiti da Valbeck. Un paio di reggimenti di ex soldati avevano formato la luccicante punta di lancia, scintillante dei doni appena forgiati nelle fonderie di Savine dan Brock. Ma l’ordine lasciò presto il posto al caos. Operai di mulini e fonditori, tintori e lavandaie, calzolai e arrotini, macellai e maggiordomi ballavano più che marciare su vecchie canzoni di lavoro e tamburi cavati da pentole da cucina. Un tumulto in gran parte festoso.

Vick si aspettava e sperava che si sarebbero sciolti man mano che attraversavano la campagna fangosa col tempo che peggiorava, ma il loro numero si era rapidamente gonfiato. Giunsero braccianti, piccoli proprietari e contadini con falci e forconi – il che causò qualche preoccupazione – e con farina e prosciutti, il che causò qualche acclamazione. Giunsero bande di mendicanti e di orfani. Si aggiunsero altri soldati, disertori di chissà quali battaglioni perduti. Giunsero spacciatori, puttane e demagoghi, a distribuire corteccia, scopate e teorie politiche nelle tende lungo strade tanto calpestate da diventare acquitrini.

L’entusiasmo collettivo era poi indiscutibile. Di notte, i fuochi sfilavano per miglia, la gente stendeva coperte imperlate di rugiada per difendersi dal gelo autunnale, blaterando i propri sogni e desideri ardenti, chiacchierando con occhi sfavillanti di cambiamento. Il Grande Cambiamento, finalmente arrivato.

Vick non aveva idea di quanto indietro si spingesse quella colonna di zolfo. Non aveva idea di quanti Spezzatori e Incendiari ne facessero parte. Migliaia di uomini, donne e bambini, che si trascinavano nel fango verso Adua. Verso un domani migliore. Vick aveva i suoi dubbi, certo. Ma tutta quella speranza. Una marea di quella stramaledetta roba. Non importava la stanchezza, non si poteva fare a meno di commuoversi. O forse lei non era poi così stanca come si era sempre detta.

Vick aveva appreso nei Campi che ci si schiera coi vincitori. Da allora era stata la sua regola aurea. Ma nei Campi, e in negli anni dopo, non aveva mai dubitato su chi fossero i vincitori. Gli uomini al comando. L’Inquisizione, il Consiglio Chiuso, l’Arcilettore. Guardando quella massa indisciplinata di umanità, decisa a cambiare il mondo, non era così sicura di chi sarebbe stato a prevalere. Non era nemmeno sicura di quali fossero le parti in causa. Se Leo dan Brock avesse battuto Orso, adesso ci sarebbe potuto essere un nuovo re, nuovi volti nel Consiglio Chiuso, nuove chiappe sulle grandi poltrone, ma le cose sarebbero rimaste più o meno le stesse. Se questa stessa fazione avesse battuto Orso, chi sapeva cosa sarebbe successo dopo? Tutte le vecchie certezze si stavano sgretolando, e lei si chiedeva se fossero mai state tali, o solo sciocche supposizioni.

Nello Starikland, durante la ribellione, Vick aveva assistito a un terremoto. La terra aveva tremato, i libri erano caduti dagli scaffali, un camino si era sbriciolato in strada. Non per molto, ma abbastanza a lungo, aveva provato il terrore di scoprire che tutto ciò che aveva considerato solido poteva in un attimo andarsene in pezzi.

Ora provava nuovamente quella sensazione, ma sapeva che il terremoto era appena iniziato. Per quanto tempo il mondo avrebbe tremato? Cosa sarebbe rimasto in piedi quando si fosse fermato?

«Noto che sei ancora con noi, sorella Victarine.» Pike schioccò la lingua e spronò la sua cavalcatura giù per il pendio, verso la testa della colonna inzaccherata.

Vick ebbe il forte istinto di non seguirlo. Tuttavia lo fece. «Sono ancora con voi.»

«Dunque ti sei convertita alla nostra causa?»

C’era una parte di lei che – speranzosa – voleva credere che questo potesse essere il sogno di Sibalt per un mondo migliore fatto realtà, e non desiderava altro che vederlo accadere. C’era una parte di lei che – nervosa – fiutava l’odore del sangue in arrivo e voleva tagliare la corda quella notte stessa e darsela a gambe verso il Paese Remoto. C’era una parte che – calcolatrice – riteneva che l’unico modo per gestire un cavallo imbizzarrito fosse rimanere in sella, e il pericolo di mantenere la presa fosse comunque minore del lasciarla andare.

Rivolse a Pike un’occhiata di sbieco. In verità, stava ancora cercando di capire quale fosse davvero la loro causa. In verità, credeva che ognuno di quei puntini nell’Esercito del Popolo ne avesse una tutta sua. Ma questo non era il momento per la verità. Quando mai lo è? «Sarei una sciocca a dire che non sono affatto convinta.»

«E se dicessi di esserlo totalmente, io sarei uno sciocco a crederti.»

«Dal momento che nessuno di noi qui è uno sciocco… diciamo solo forse.»

«Oh, siamo tutti sciocchi. Ma un bel forse mi piace.» Pike non mostrava alcun segno di apprezzamento o altro. «Non ci si può mai fidare degli assoluti.»