Art è un giocatore di tennis ormai a fine carriera. Sua moglie Tashi che gli fa da manager e da coach, per farlo tornare in carreggiata e riacquistare la fiducia in vista degli US Open, decide d’iscriverlo a un challenger, ovvero un incontro di livello inferiore nel mondo dei tornei professionistici. Arrivato in finale Art trova però dall’altra parte del campo Patrick, un giocatore finito in disgrazia e decisamente meno blasonato di lui e che pure gli dà parecchio filo da torcere. Si scopre che i due anni prima erano migliori amici e condividevano la passione per il tennis da quando avevano dodici anni, vincendo anche un torneo di doppio insieme. A sconvolgere la loro amicizia era stata Tashi, una tennista promettente che da prima aveva iniziato una relazione con Patrick ma, dopo un’incidente che l’aveva costretta al ritiro, aveva preferito Art. La donna aveva riversato sul marito le speranze per la sua carriera sfumata, ma ora che lui pensa al ritiro e dopo la ricomparsa di Patrick ogni equilibrio nella vita dei tre rischia di saltare.

È bene dirlo subito, Challengers non è un film che parla di tennis, ma non è nemmeno solo un ménage à trois alla Jules e Jim o The Dreamers. Lo sport viene usato da Luca Guadagnino e dallo sceneggiatore Justin Kuritzkes in un modo che ricorda Woody Allen in Match Point, se pure con evidenti differenze. Se per il regista statunitense la vita è guidata solo dal caso, Challengers mostra invece una partita a tre giocata con pari volontà anche se con ruoli diversi dai protagonisti, contravvenendo alla regola del tennis in cui la partita si gioca in due o al massimo in quattro. Ogni punto perso e dato all’avversario è sempre dovuto a una scelta che si propaga come un’onda nel presente e che determina ciò che è stata la vita di Art, Patrick e Tashi.

Guadagnino è bravissimo a raccontare questo match come se fosse davvero una partita usando diversi piani temporali: il presente in cui i due ex amici si affrontano e il passato dove pian piano si ricostruisce la loro complessa personalità e ciò che li lega a Tashi. Ma è lei il personaggio più interessante del film (Zendaya è semplicemente perfetta) poiché non viene di certo ritratta come una damigella contesa, ma neppure come una strega interessata solo alla celebrità. “Non sono una rovina famiglie” dice quando conosce i due, e in effetti la relazione tra di loro è influenzata più che dal sesso dalla sua necessità di controllo

La messa in scena della partita con le gocce di sudore al rallenty, le palline scagliate verso la telecamera come fosse lo spettatore, i giocatori ripresi da sotto come se il campo fosse fatto di vetro e la pallina da tennis che si trasforma nella soggettiva della telecamera, tutto ciò serve a Guadagnino per creare un duello, quasi uno stallo alla messicana, le cui implicazioni si dipanano nelle due ore abbondanti di film. Va infine dato merito anche al montaggio di Marco Costa e al contributo musicale di Trent Reznor & Atticus Ross (sodalizio che si rinnova dopo Bones and All) per aver fatto sì che Challengers sia un’esperienza cinematografica quanto emotiva.