La regione sconosciuta (Lavondyss, part second) 1988

Il libro in questione è stato concepito dall’autore come la seconda parte di Lavondyss, non c’è quindi di che stupirsi se vi si ritrovano gli stessi personaggi.

Sono anni che Tallis viaggia insieme a Scathach dentro Ryhope Wood, alla ricerca del fratello, ma si è persa, e il nucleo della foresta pare sempre più lontano. L’unica sua speranza è trovare consiglio presso il padre del ragazzo, un ex collaboratore di Huxley rimasto intrappolato anche lui nel bosco. Sarà lui a rivelarle che la causa del suo girovagare è la perdita di una delle sue maschere; per avere una speranza di raggiungere il Lavondyss Tallis dovrà ricostruirla, ma questo certo non basterà: diversa è per ognuno la strada che porta al nucleo, alla prima foresta. Una strada che attraversa sia la vita sia la morte.

Questa storia in due volumi si definisce certo come la più grande della saga: molto inquietante, i contorni della realtà si fanno sfumati, rendendo impossibile distinguere tra ciò che è vero e ciò che è sogno. L’influenza della foresta di Ryhope si amplifica fino a racchiudere in sé anche la ‘normalità’, che appare quasi ottusa di fronte a quello che è invisibile a tutti tranne che a Tallis che, attraverso maschere particolari, si stacca dall’ignoranza degli altri. I manufatti da lei usati altro non sono che il mezzo per raggiungere talune aree del suo inconscio, inconscio che si manifesta nelle creature che abitano Ryhope Wood.

Particolare è inoltre il legame con le storie che Tallis racconta: in La foresta dei Mitago i protagonisti sono coinvolti in storie già esistenti, qui esse vengono da un passato remoto, dal fulcro stesso del nostro inconscio collettivo, eppure la protagonista non si limita a raccontarle.

Indirettamente le crea.

Qui naturalmente risiede un paradosso enorme: com’è possibile che crei qualcosa che risale agli albori dell’umanità? Che sia la causa di qualcosa che le viene donato da altri?

Dal punto di vista del racconto, questo accade perché il Lavondyss è al contempo centro dell’inconscio e della storia dell’individuo, e punto in cui si raggiunge l’inizio stesso della coscienza e della storia umana. Quindi Tallis, raggiungendo il nucleo di Ryhope Wood fonde se stessa alla storia, andando oltre il comune concetto di tempo e mischiando definitivamente il proprio inconscio a quello collettivo.

Insomma, non solo nessun individuo può esistere senza il passato – il che è abbastanza ovvio – ma non può nemmeno sperare di conoscere se stesso – raggiungere il Lavondyss, nella storia di Holdstock – senza conoscere il passato dell’umanità e soprattutto ciò che esso ha desiderato e sognato. Tallis quindi, quando influenza le storie che le verranno insegnate, non va vista come Tallis individuo, ma semplicemente come coscienza, coscienza che non appartiene ad un singolo né a un tempo, ma che è ovunque, sempre, in tutti ed è tutti. Ne consegue perciò che in realtà non è la ragazzina in sé a fare tutto ciò, ma la matrice che è in lei.

Allo stesso modo quello che siamo, sappiamo e sogniamo, le nostre storie sono frutto di altri uomini vissuti secoli, se non millenni fa, di cui però conserviamo ancora un frammento fondamentale che è parte integrante di noi.

Il tempio verde (The Hollowing)  

In seguito alla sparizione di Tallis, anche il padre l’aveva seguita dentro Ryhope Wood, tornando solo dopo un anno, per poi morire sei mesi più tardi apparentemente in preda alla follia.

Ma un amico di Tallis, Alex Bradley, credeva a ciò che diceva, ed era convinto che il signor Keeton fosse realmente in grado di vedere la figlia attraverso la maschera che le cadde il giorno in cui se ne andò di casa. Per questo il giorno della morte dell’uomo aveva deciso di provare anche lui, cadendo subito dopo in uno stato di completa catalessi, in seguito alla quale pochi furono i mesi che lo separavano da una fuga precipitosa e dal ritrovamento delle sue ossa.

Ma le cose sono andate veramente così?

Passano otto anni, è il 1968, e il padre di Alex, Richard, viene contattato da un gruppo di scienziati che vive e studia Ryhope Wood, che gli comunicano un’importante notizia: Alex è vivo.

Lo schema della vicenda non è essenzialmente diverso da quello delle altre due storie, il che forse lo rende leggermente monotono; bisogna dire che, però, la particolarità del contesto rende fondamentale non gli avvenimenti, ma la loro finalità e le immagini che scaturiscono dalla foresta.

In questo caso le immagini sono frutto della mente di un ragazzino, il che conferisce una certa originalità all’ambientazione. Altro tratto particolare è la visione di un mondo soprannaturale attraverso la scienza: gli individui che contattano Richard sono scienziati e storici che cercano di dare un senso agli avvenimenti di Ryhope Wood, e vorrebbero farlo utilizzando la razionalità, cosa che non riesce completamente. Ne consegue quindi che si trovano prima ad affidarsi anche a un lato più irrazionale – ma neanche questo sortisce pienamente effetto – poi a essere risucchiati dalla foresta, senza via di fuga.

Forse la razionalità non è l’unica – né la più efficace – fra le strade che portano alla comprensione della mente umana.