Com’è noto, i tecnici degli effetti speciali hanno sudato le proverbiali sette camicie per ottenere un risultato soddisfacente sul drago co-protagonista del best seller Eragon. Per questo motivo la data di uscita del trailer cinematografico è stata più volte posposta. Eppure la produzione del film si è affidata a una delle migliori squadre in circolazione, la Industrial Light & Magic, che ha al suo attivo, fra l’altro, gli spettacolari draghi di Harry Potter e il calice di Fuoco e quelli del documentario realizzato nel 2004 per Animal Planet (Dragons: A Fantasy Made Real).

Alla ILM una cosa è stata subito chiara: per Eragon bisogna va realizzare qualcosa di credibile, evitando gli eccessi da pupazzo visti in Dragonheart e le scontatezze da vecchio dinosauro in Il Regno del Fuoco. Il capo animazione Glen McIntosh (già capo animazione di Jurassic Park III) è stato raggiunto telefonicamente dall’Herald Tribune per un’intervista in cui ha evidenziato i criteri a cui ci si è ispirati per dare vita, nella maniera più naturale possibile, al drago di Christopher Paolini. Il primo concetto base è stato quello di ispirarsi alla realtà e di tener presente gli aspetti di regalità insiti in alcuni animali esistenti, come per esempio il leone.

Un altro inevitabile riferimento, sotto questo profilo, è stato l’aquila, notoriamente definita come il re degli uccelli. Quando Saphira si libra nell’aria, è infatti a questo volatile che ispira le proprie movenze. I tecnici hanno studiato non solo gli esemplari adulti ma anche i piccoli, dal momento che la draghessa ha dovuto essere ritratta sul grande schermo sin dal momento della nascita e che il suo ruolo non è quello del classico antagonista, bensì quello, più ingentilito, di familiare compagna di avventura.

La sfida più grossa non è stata quella relativa allo sputare fiamme, quanto quella di far parlare l’animale: la meta verso cui i tecnici hanno lavorato è stata quella di abbinare la voce della bestia con appropriate espressioni degli occhi e dei muscoli facciali, in modo dar conto allo spettatore del suo legame affettivo nei confronti di Eragon e renderlo così un personaggio completo.

La conformazione delle ali di Saphira ha rappresentato un altro impegnativo quesito: nell’iconografia classica, questo attributo è basato alla fisiologia dei pipistrelli, o, al limite, degli pterodattili. I tecnici della ILM hanno optato, di nuovo, per la via di mezzo, ricoprendo le ali di Saphira con delle piume, ma non in quantità tali da renderla ‘pacioccosa’ quanto il drago Fucur della Storia Infinita. Perché Saphira è sì un’amica fedele, con cui Eragon instaura un rapporto molto speciale, ma non va dimenticata comunque la sua natura fiera e selvaggia che va ben al di là di un drago stile Muppet Show.

La morale che ha ispirato ILM è stata dunque quella di rendere credibile il mito dragonesco, come se si trattasse di animali del passato ormai estinti, e non solo di una semplice tradizione chimerica giuntaci attraverso le favole. In breve, di tradurre visivamente queste affascinanti creature esattamente nel modo in cui titola il documentario di Animal Planet citato in apertura di articolo: una fantasia resa realtà.