Con una madre che gli ha insegnato ad amare i libri fantasy fin da piccolo e una innata passione per il gioco di ruolo, Patrick Rothfuss forse era predestinato a diventare uno scrittore, e infatti c'è riuscito, sebbene fosse inizialmente stato rifiutato da diversi editori. Il suo The Name of the Wind è uno dei debutti che hanno fatto notizia negli USA l'anno scorso. Da noi arriva quest'anno edito da Fanucci, con il titolo appropriatamente tradotto in Il Nome del Vento.

Rothfuss si narra come un ragazzo perso nelle storie fantastiche di cui si era nutrito fin dalla primissima infanzia. Forse fin troppo perso: ecco come scherzosamente si racconta:

"Scoprii Dungeons & Dragons (nota: il più diffuso gioco di ruolo) alla fine delle scuole elementari. D&D è sempre stato il rifugio dei ragazzi secchioni e poco popolari. Ma io ero addirittura al di sotto di quel basso strato sociale. Ero quel tipo ragazzino che non veniva accettato nemmeno da quelli che giocavano a D&D."

Ma evidentemente prima o poi è riuscito a giocare, visto che il " align="right">protagonista del suo libro, Kvothe, porta lo stesso nome del suo personaggio nel gioco di ruolo.

Nel libro, Kvothe gestisce sotto falso nome una locanda, la Pietra Miliare, e nasconde sotto l'aspetto di tranquillo locandiere un passato di eroe leggendario. Uno storico lo cerca puntigliosamente per raccogliere il racconto delle sue avventure e lo convincerà a narrarsi. Abbiamo così uno schema poco comune, dove la narrazione delle passate avventure di Kvothe si alterna agli avvenimenti che si svolgono nella locanda tra lui stesso, il suo assistente (e allievo) Bast, il cronista Devan che trascrive le parole del protagonista, e altri visitatori. La storia di Kvothe parte da

Patrick Rothfuss
Patrick Rothfuss
un'infanzia trascorsa con la famiglia, al seguito di una carovana di artisti girovaghi, prosegue con un periodo di drammatica povertà e lotta per la vita nella miseria assoluta, e approda nell'Accademia, la culla del sapere e della magia.

Qui il poverissimo Kvothe riesce a farsi accogliere e dimostra un talento superiore, ma non avrà vita facile per via dell'inimicizia di alcuni maestri ostili e dell'odio che lo contrappone a un altro allievo: il ricco, prepotente e viziato Ambrose. Tra questi avvenimenti Kvothe scoprirà l'interesse per il gentil sesso e vivrà altre avventure incredibili.

Gli elementi di questa storia non sono quindi estremamente originali ma il modo in cui sono raccontati è molto vivo e personale. La prosa di Rothfuss è ricchissima e particolareggiata, il passo della narrazione abbastanza lento ma non noioso, con mille dettagli che catturano la fantasia. Nonostante la lunghezza il libro non stanca, e di questo dobbiamo sicuramente rendere merito anche alla traduzione di Gabriele Giorgi. L'ambientazione svolge un ruolo piuttosto marginale: dalle narrazioni di Kvothe sappiamo che esiste un mondo con la propria geografia e storia, ma lo vediamo in sottofondo, filtrato attraverso la sua esperienza personale: la soggettività è protagonista in questa storia che suona bizzarramente vera e vissuta.

Un po' libro d'avventura e un po' romanzo di formazione, Il Nome del Vento è in effetti solo la prima parte di una storia più lunga, inizialmente concepita come un tutt'uno e poi suddivisa intorno ad avvenimenti focali, diventando una trilogia. In attesa dei successivi libri, possiamo già dire che il fantasy ha trovato un nuovo protagonista.