La  tetralogia del fortunato e prolifico autore moscovita giunge alla felice conclusione, alla “Corona di tutto e fine di ogni cosa”. 

 

Luk’janenko Anton Gorodeckij, Grande Mago della Luce, è il protagonista assoluto della vicenda e si muove tra la Scozia e l’Asia centrale sulle tracce di una misteriosa “Ultima Guardia”, che vorrebbe mettere sottosopra l’equilibrio del mondo intero tramite un misterioso oggetto magico, la Corona di Tutto, creata dal mitico mago Merlino. dà l’addio alle Guardie del Giorno e della Notte, con questo volume, il meno russo della saga.

 

Anton è ormai libero dalla sua passata insicurezza, i lati enigmatici del carattere sono stati spazzati dall'involontaria trasformazione in Grande. L'alcoolismo è diventato una moderata passione per il bere (un bicchierino in compagnia della moglie ogni tanto è l'ideale) e non gli servono altri vizi. Il nostro eroe è un mago combattente, un soldato. Esegue con puntualità gli ordini e non si tira indietro quando deve combattere da solo in nome della Causa. Conosce bene i lati oscuri della Luce e la benevolenza delle Tenebre, ma non si lascia impressionare da tale ambiguità.

 

Dimenticate il tormentato cacciatore di vampiri, l’Altro che nelle primissime, formidabili pagine della saga  viveva in maniera  conflittuale la sua natura di diverso. Al suo posto c’è un James Bond del mondo magico, pronto a usare tutte le sue armi per risolvere il complicatissimo intrigo internazionale che si addensa intorno a lui.

 

E' vero che la soluzione finale arriverà da un intervento a sorpresa, da un fattore del tutto indipendente dalla volontà del protagonista, e Anton si lascerà semplicemente  trasportare verso di essa con fiduciosa sicurezza. L'ironia e la fiducia in sé del nuovo Anton sono il filo conduttore del romanzo. L'autore s'immedesima nella maschera sorridente del protagonista e conduce la vicenda con garbo e leggerezza, ci si perde nel gioco delle citazioni, nella commistione fra generi (dalla quest alla D&D si passa al poliziesco, alla storia di spie), dalla contaminazione di tradizioni culturali lontanissime, come le leggende celtiche e quelle dell'Uzbekistan.

 

Naturalmente la maggior fonte di divertimento è per l'autore il “citarsi addosso”, in un continuo rinvio ai capitoli precedenti della saga e alle sue derivazioni cinematografiche e ludiche. Spassosissimo è il dialogo tra Anton e il giovane Egor nel quale ci si fa beffe del primo film di Bekmambetov. In questo clima di gioco e di evasione gli accenti più cupi si palesano all'improvviso, come fulmini a ciel sereno. E non sono legati alla sottotrama horror della storia, ma piuttosto ai suoi rimandi alla realtà russa e internazionale. Compaiono i fantasmi dei bambini di Beslan e degli spettatori del Musical Nord-Ost, nonché quelli delle decine di clandestini che ogni anno scompaiono a Mosca senza che nessuno se ne accorga, vittime del vampirismo del nuovo capitalismo russo.

 

Il gioco quindi non è affatto ingenuo, e soprattutto non è mai fine a sé stesso. Il mondo in cui si muovono gli eroi del romanzo è realistico, tangibile. L’impronta realistica pervade anche la descrizione dei mondi paralleli attraverso i quali i protagonisti si muovono grazie ai loro poteri magici. Gli strati più profondi del “Crepuscolo”, le fondamenta nascoste del mondo non vengono però raggiunte dagli “Altri” attraverso un automatico abracadabra, ma sono accessibili solo in seguito a una complessa crescita interiore, a una pesante trasformazione della propria persona. Una prosa limpida, senza voli pindarici, è il corrispettivo delle ambientazioni essenziali delle varie vicende.

 

In patria il romanzo è stato accusato di essere un'operazione puramente commerciale. Si è pensato che un autore di lunga e nobile carriera come Luk'janenko, attivo fin dagli anni di Breznev, abbia raggiunto uno dei punti più bassi della sua esperienza letteraria producendo con Gli ultimi guardiani un romanzo commissionato dagli editori per continuare un ciclo di enorme successo. Sono l'alta qualità della prosa e la coerenza della narrazione  a smentire tale teoria. Un'opera così ben costruita  non può essere una semplice parentesi “commerciale” nell'evoluzione di un 'autore.

 

Il romanzo ha pur sempre il difetto di un'assoluta mancanza d'indipendenza. Non lo si può apprezzare  senza aver letto le parti precedenti. E’ completamente svanita l’aura di novità che aveva attanagliato il lettore di fronte al mondo e alle vicende dei Guardiani della Notte e I Guardiani del giorno, comunque la storia è avvincente, l’atmosfera giustamente tetra, i personaggi mai banali.

L'edizione italiana ha dei difetti propri. La traduzione non sempre è precisa,  contiene anche errori madornali (la tipica danza dei cosacchi ucraini viene scambiata per un'espressione del folclore del Kazakhstan) alcune battute e molte delle note aggiunte nell'edizione originale vengono saltate a piè pari. E' deprecabile che il  titolo e gli esecutori  dei brani musicali citati, importantissimi, visto che spesso fungono da chiave interpretativa ai punti cruciali della narrazione, vengano elencati dal traduttore solo alla fine del romanzo. Il prodotto editoriale è quindi mediocre, anche se la fruibilità dell'opera viene pregiudicata solo in parte, vista la sua intrinseca ottima qualità