Scrivere

Quando hai scoperto, e come, che avevi qualcosa da dire, che sentivi la necessità di scrivere? E quando hai iniziato e su quali argomenti? Quale è stato il percorso che hai affrontato prima di veder pubblicato un tuo romanzo? Hai ricevuto molti rifiuti?

Da bambina mi divertivo a inventare storielle del terrore per spaventare mio fratello e i cuginetti, e ho sempre tenuto un diario. La voglia di scrivere un romanzo fantasy mi è venuta al liceo, dopo aver letto, e qui sarò banale, Il signore degli anelli. Rimasi folgorata e ansiosa di creare a mia volta qualcosa, così scrissi parecchie pagine ingenue e pastrocchiate di un romanzo che per fortuna non ho mai finito. Di quelle pagine sono sopravvissuti solo i pusk, che inventai lì, e che poi ho trasportato ne La leggenda dei cinque ardenti.

Con il mio primo romanzo ho avuto fortuna. L’ho fatto leggere a parenti e amici, per capire se era noioso o divertente, perché tanto giudicare le proprie cose è impossibile. Incoraggiata dai responsi favorevoli l’ho inviato a tre case editrici e, dopo alcuni mesi, l’Armenia mi ha chiamata proponendomi la pubblicazione.

Come e quando nascono le idee per i tuoi romanzi e da quali esigenze sono mossi? Da dove “nascono” le tue storie? Da dove i tuoi personaggi?

Le idee vengono lavorando. Posso avere in mente un personaggio con delle caratteristiche che mi stuzzicano e, mentre lo definisco con la scrittura, attorno a lui nascono gli ambienti, le situazioni, gli altri personaggi. È un processo che s’innesca con un’idea e poi s’espande e si ramifica, attraendo altre idee e generando i dettagli della storia. La struttura della storia invece, a grandi linee, ce l’ho già in testa quando comincio, so dove voglio arrivare ma il come è spesso una sorpresa ed è forse una delle scoperte più belle del processo di scrittura.

Antico e sempre attuale dilemma: pensi che scrivere sia dote innata o che si possa imparare, anche con le "nuove tecniche di scrittura"?

Credo che ciascuno di noi possa fare quasi qualunque cosa. I limiti innati sono pochi così come le doti che invece si sviluppano con gli stimoli, l’esercizio, la passione. Per lo scrivere, più di ogni altro impulso, è fondamentale leggere. Non ho mai seguito un corso di scrittura, che sicuramente mi aiuterebbe, ma si può impratichirsi a scrivere anche da soli. Tutti i più grandi scrittori si sono formati leggendo chi li aveva preceduti, i corsi di scrittura sono un’invenzione recente.

Sei una scrittrice lenta o veloce, meditativa o istintiva? Tecnica a macchia di leopardo o disciplinata, con ruolino di marcia? Imbrigli i personaggi o lasci che siano loro a decidere quale percorso deve seguire la vicenda?
Il luogo in cui nascono le storie di Shanna O'Manley
Il luogo in cui nascono le storie di Shanna O'Manley

Dipende dalla giornata. Certe volte la penna vola, altre arranca faticosamente. Solitamente se ho riflettuto su quello che intendo scrivere, e mi sono immaginata la scena, procedo veloce e sicura. Nella stesura della storia sono piuttosto disciplinata, però seguendo più personaggi separatamente capita di scrivere prima scene o capitoli che s’incastrano dopo nella trama o, viceversa, di tornare indietro ad aggiungere.

Diciamo che con i personaggi tengo il guinzaglio allentato. Certe volte li costringo a fare determinate cose, altre invece li lascio liberi ed è affascinante quando diventano autonomi e fanno e dicono cose che m’indignano o mi sorprendono…

Come è nato il tuo romanzo d’esordio, La Leggenda dei cinque Ardenti? Cosa stai scrivendo attualmente?

La leggenda dei cinque ardenti è nato dal desiderio di creare un pezzetto di quell’universo fantastico che tanto amo. Il nucleo originale del romanzo era una storiella breve che cominciava con due dei personaggi, Elsinor e Rory, che s’incontrano nel bosco; attorno a questo ho costruito la storia e aggiunto tutti gli altri personaggi.

Adesso sono alle prese con il terzo volume della Saga degli Ardenti. Inoltre ho cominciato un nuovo romanzo completamente slegato dai precedenti e che intendo concludere in un unico volume.

Pensi che in Italia si possa vivere “solo” scrivendo fantascienza o fantasy?

Purtroppo no. I tempi non sono maturi, almeno per la stragrande maggioranza degli scrittori. Il pubblico ha bisogno di tempo per abituarsi a leggere titoli proposti da italiani. In Italia, in molti settori artistici, siamo abituati a dare maggior valore a ciò che viene da fuori, affascinati forse dalla diversità e da ciò che sembra ignoto, finendo con lo snobbare la nostra produzione.

Quale consiglio ti sentiresti di dare agli scrittori esordienti? Partecipare ai concorsi? Affidarsi a un agente investendo una somma di denaro? Inviare a qualche editore? Cosa fare?

Provarle tutte! Per me ha funzionato l’invio del manoscritto. A chi volesse tentare questa via consiglio di contattare prima telefonicamente le case editrici per sapere se sono interessate a leggere inediti e, se sì, a chiedere all’attenzione di chi indirizzarlo.

Fantasy

Cosa ti affascina del fantasy e cosa non ti piace?

Questo genere narrativo non pone limiti all’immaginazione, all’invenzione sfrenata di personaggi, creature e situazioni assurde, strampalate e folli. Il difficile, poi, è renderle credibili e prive di contraddizioni che farebbero crollare il castello della finzione. Ci si può incontrare di tutto. E’ sempre un viaggio nell’ignoto, è pieno di sorprese. Inoltre trovo che i romanzi fantasy abbiano colori molti vividi, cangianti e che vadano a stimolare desideri e paure profonde, usando simboli antichi, archetipici.  Leggendo e scrivendo questo genere si provano sensazioni molto forti. Ci si ritrova avviluppati da qualcosa che ora luccica, ora ti prende per la caviglia  e ti trascina nel buio.

Non mi piace per niente il fantasy fine a se stesso che descrive noiosamente le creature, gli eventi senza alcun approfondimento e sviluppo psicologico.

Ultimamente il genere fantasy sta conoscendo una nuova stagione di enorme successo, sia in libreria, sia al cinema. Secondo te per quale motivo? Cosa riflette questa popolarità?

Le favole, secondo le teorie di V.J. Propp, rivestono una funzione d’iniziazione che in passato avevano i rituali di passaggio, spesso cruenti, dall’infanzia all’adolescenza, diffusi nelle tribù primitive. Quando per motivi culturali questi riti sono venuti a cadere l’ascolto delle favole, dove il giovane protagonista viene sottoposto a prove crudeli, ne ha preso il posto ed è diventato un modo per superare gli scogli e le paure che il crescere comporta. Dalle fiabe della nonna, ai film, ai romanzi il valore resta sempre quello e lo si apprezza ad ogni età. Il fantasy soddisfa un bisogno profondo.

È un genere, per te, che si avvia verso un periodo ancora più fiorente o si tratta solo di un fuoco di paglia?

All’estero è un genere che non ha fatto che crescere come autori, pubblico e iniziative, dunque credo che anche in Italia, ora che finalmente ha preso piede, possa conquistare spazi nuovi.

Riguardo al fantasy, sappiamo che esso viene spesso visto come un genere piuttosto leggero e, sottostimato dall'elite culturale. Perché secondo te? Dipende dai lettori, dagli editori, dal retaggio culturale? Quali sono le potenzialità del fantasy?

Abbiamo illustri italiani che si sono cimentati con il fantastico, Palazzeschi, Landolfi, Savinio, Buzzati e Calvino, limitandoci al Novecento. Certo il fantasy come lo si intende oggi da noi è un genere nuovo, che ancora deve svilupparsi. È stato sicuramente scritto con superficialità, ma questo è accaduto in ogni genere narrativo, o artistico.

Penso che possa inviare messaggi importanti come qualunque altro tipo di letteratura, non sono gli orecchi a punta dei protagonisti o la capacità di fare magie ad impedirlo. Il genere è come un vestito, una questione di gusto, ma ciò che conta, la sostanza, non può essere resa più scarna dalla presenza di un drago o di un troll! C’è una frase di Italo Calvino, del 1960, che voglio citare. Dice: “ Se scrivo racconti fantastici è perché mi piace mettere nelle storie una carica di energia, di ottimismo di cui la realtà contemporanea non mi dà ispirazione.” Lui cercava un mondo alternativo che potesse regalare qualcosa di più.

Un fantasy che ti piacerebbe aver scritto è…

Le nebbie di Avalon, di Marion Zimmer Bradley.

Leggi fantasy italiano? Che ne pensi? 

Comincio ora, e con grande curiosità, a scoprire gli autori italiani. Ho finito da poco Il segreto dell’alchimista, di Antonia Romagnoli, l’ho trovato una lettura assai piacevole e piena di spunti e trovate interessanti che potrebbero indicare una strada nuova da percorrere agli scrittori italiani.

Dimmi la prima cosa che ti passa per la mente, meglio un aggettivo, per…

J.R.R. Tolkien:  monumentale

J.K. Rowling:  noiosa

Marion Zimmer Bradley:  maestra

George R.R. Martin: un genio folle   

Morgan Llyweling: profondamente celtica

David Eddings: piacevole

Ursula K. Le Guin: da riscoprire

Antonia Romagnoli: simpaticissima!