Sono passati due anni da quando Gemma ha dovuto combattere contre M3gan, la bambola che aveva creato per aiutare sua nipote Cady dopo la tragica morte dei genitori, ma che si era rivelata un’assassina spietata. La programmazione di M3gan era andata ben oltre il garantire il bene della piccola, prendendo come minaccia praticamente tutto ciò che la circondava compresa Gemma e il suo team, e per questo ora la programmatrice è diventata una figura di spicco nella battaglia per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Ma il passato torna a bussare alla sua porta quando l’FBI accusa la donna di aver venduto segreti riguardanti M3gan a nazioni ostili. Amelia, un’androide creata dagli Stati Uniti, viene infatti hackerata diventando un’arma letale che minaccia l’intero pianeta. Chi potrà difendere il mondo, ma soprattutto Cady, dalla minaccia globale se non la rediviva M3gan, certa di riconquistare la fiducia di Gemma e di avere un nuovo corpo a disposizione?

Dopo il buon successo di M3gan era abbastanza prevedibile che sia il regista e sceneggiatore Gerard Johnstone sia la Blumhouse, sarebbero tornati a riprendere in mano il progetto allungando la vita della bambola omicida. Impresa per nulla difficile se si pensa alle saghe horror dove il killer ha sempre poteri paranormali che gli impediscono di morire, cosa ancora più semplice se si parla di un programma che può vivere senza un corpo. A differenza però di tanti sequel che si limitano a riproporre in maniera pedissequa il capostipite, Johnstone decide che vale la pena rischiare scrivendo una storia che ha così poco in comune con il capitolo uno, da cambiare persino genere. Se M3gan era un horror decisamente blando ma pur sempre un horror, M3gan 2.0 è un film d’azione dove sono i combattimenti e non i jumpscare a dare il tono alla pellicola.

Tale cambiamento aiuta decisamente un sequel che poteva contare su pochissime cose interessanti prese dal capostipite, la cui forza stava tutta nel suo tono leggero, che non pretendeva di far paura ma di divertire, cosa in cui riusciva abbastanza bene. Johnstone deve aver capito che il segreto del successo stava tutto qui, e con coraggio abbandona la via sicura del già visto, trasformando la protagonista da bambola a cyborg pronto a menare, e da cattiva della storia a eroina buona, come già fatto da James Cameron in Terminator 2. Va dato anche merito di un restiling di immagine che fa crescere M3gan al pari di Cady che, da bambina è ormai diventata un’adolescente.

Non si può dire che Johnstone riesca sempre a tenere il timone dritto e il film che, come al solito di questi tempi è drammaticamente lungo per ciò che vuol essere, sbanda qua e là, mischiando momenti indimenticabili come quando parte un musical alla Walt Disney con M3gan canterina, ad altri noiosetti, come il finale tirato troppo per le lunghe. Detto questo M3gan 2.0 nonostante il calderone bislacco da cui prende spunto è un esperimento riuscito nella pratica dei sequel mainstream, nati troppo spesso solo per spremere il franchise senza un briciolo di idea originale. Certamente non si tratta di un cambiamento di strada radicale come quello di Smile 2, che a un primo capitolo brutto fa seguire un secondo notevole, ma per chi si vuole solo divertire vale sicuramente il prezzo del biglietto al cinema.
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