Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco arriva nelle sale italiane con un titolo che suggerisce un primo capitolo, quasi un’origine. E invece no: in Cina questo film è uscito come Ne Zha 2. È il sequel di un film precedente mai distribuito nel nostro Paese. Ed è un sequel che si porta dietro qualcosa di più di un semplice “numero”: è il film d’animazione con il più alto incasso della storia del cinema (per quanto fatto pressoché interamente grazie al mercato interno cinese). Un record industriale che probabilmente ha pesato sulla decisione italiana di portare direttamente il secondo capitolo, saltando il primo, così come sulla scelta di non mantenere il “2” nel titolo, per evitare di scoraggiare l’accesso a un film percepito come potenzialmente “incomprensibile” senza i precedenti. Scelta comprensibile dal punto di vista commerciale, ma che rischia di creare un corto circuito semantico: l’Italia vede “l’Ascesa”, la Cina vede “il Capitolo 2”.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Quasi come fosse la nuova puntata di una serie-tv, però, il film si apre proprio con un breve riassunto degli eventi del film precedente. Ma quel riassunto ha la stessa funzione delle “spiegazioni” che, nel teatro popolare cinese (e, come vedremo più avanti, non è un caso), venivano pronunciate dal narratore per mettere a posto la cronologia prima dell’azione: non restituisce l’intimità della relazione tra i personaggi, non offre il vissuto. Questo è rilevante perché il film presuppone una memoria condivisa. È anche per questo che la questione “Ne Zha / Ne Zha 2” diventa non solo un tema di marketing, ma un tema critico: il film non si presenta come “inizio”, non fa onboarding. Ne Zha si comporta come mito in corso. Il che significa che non è progettato per spiegare, è progettato per presupporre. Per chi entra in sala senza avere visto il primo film, i primi dieci, quindici minuti producono un modesto straniamento. Non tanto perché non si capisce “cosa sta accadendo”, quanto perché si percepisce che i personaggi stanno parlando sopra una memoria di relazioni che non ci appartiene. Si riconosce l’effetto tipico delle narrazioni seriali non concepite come prodotti stand-alone: la battuta che funziona solo perché l’hai già sentita una volta, il gesto familiare che dà presupposto al sottotesto, il riferimento a qualcosa che dovresti già conoscere/aver visto. Questa distanza è reale. Non rovina il film: si dissolve da sola quando il racconto entra nella propria espansione drammaturgica autonoma, quando cioè Ne Zha 2 inizia davvero ad essere Ne Zha 2 e smette di essere il fantasma del film precedente che non abbiamo visto.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Questa dissoluzione avviene anche grazie alla dimensione spettacolare del film. Tecnicamente, siamo davanti a un lavoro di animazione che, nelle scene d’azione, raggiunge un livello qualitativo impressionante. Le coreografie hanno un dinamismo che riesce a essere tanto fluido quanto comprensibile, nonostante la densità. La gestione delle folle, soprattutto, è colossale: si percepisce che sono state animate migliaia di figure con un grado di differenziazione individuale (pose, ritmi, tempi) molto raro anche nelle produzioni di fascia alta. La cifra industriale qui è evidente, visti gli oltre 4.000 animatori coinvolti. È un numero che dice molto della scala produttiva e della maturità industriale dell’animazione cinese contemporanea.

Naturalmente non mancano alcune imperfezioni. In particolare: in taluni passaggi le texture di alcuni tessuti, del legno e della pelle risultano meno convincenti. Non al livello “totale” delle grandi produzioni a marchio occidentale. La pelliccia, viceversa, è eccellente. Le superfici morbide, sfibrate, organiche, vengono gestite con una competenza di rendering che potrebbe essere presa in esame nei contesti formativi specifici delle scuole d’animazione. In altre parole: dove l’oggetto ha densità irregolare, vive. Dove l’oggetto ha solidi uniformi e sintetici, talvolta ritorna la “plasticità da mid-tier”.

Questo non compromette l’esperienza complessiva: in un film dove la regia visiva propone in continuazione accelerazioni, salti di scala, spazio che si apre e si richiude, l’intensità del movimento è valore primario. E qui Ne Zha 2 è pienamente industriale, pienamente maturo, pienamente capace di competere.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Dal punto di vista narratologico, Ne Zha 2 non è scritto ― per semplificare ― né “alla occidentale” né “alla giapponese”. Questo è il primo elemento che, sul piano narrativo, interessa il cinefilo adulto. Noi siamo culturalmente cresciuti con due grandi sistemi d’aspettativa: il modello occidentale (causa/effetto articolato su turning point identificabili, tre atti, funzioni di conflitto misurabili) e il modello anime (melodramma+rituale, escalation emotiva, epifanie serializzate). Ne Zha 2 non si dispone su questi assi. La distribuzione dei tempi è diversa, così come sono diverse le funzioni. Le “svolte” avvengono in momenti che, per la nostra grammatica, non sono né incipit di arco né chiusura di arco. Accadono perché devono accadere all’interno di un contesto mitico, non perché devono “strutturare” l’arco.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Questo, però, produce due effetti principali: fascino e curiosità per chi ama le differenze strutturali (critici, narratologi, osservatori di forme); disorientamento per chi entra in sala cercando conferme del proprio “dizionario narrativo”.

Il film, infatti, non cerca l’adesione di superficie. Cerca la continuità della sua origine mitica. Su quest’ultimo punto, il trattamento dell’antagonismo è la parte più rivelatrice. Ne Zha 2 è un film dove i “cattivi” non sono blocchi monolitici. Sono molti. Cambiano. Si trasformano. E soprattutto: cambiano con motivazioni che non rispondono all’idea occidentale di arco morale. In Occidente, una conversione di un antagonista in personaggio positivo ha sempre un prezzo narrativo e simbolico: deve passare attraverso il conflitto e il riconoscimento e la trattazione. Qui, no. Qui, il passaggio antagonista – alleato, può avvenire in modo molto più immediato, molto più fluido, molto meno conteso.

È interessante perché ci dice qualcosa di profondo del contesto culturale cinese: la colpa e la redenzione sono funzioni secondarie rispetto alla ri-composizione dell’equilibrio cosmico. Ecco il punto chiave che differenzia questo cinema da quello a cui siamo abituati: da noi il percorso da cattivo a buono è romanzo morale, in Ne Zha, invece, è funzione cosmologica.

Il protagonista e i buoni non “accettano” il redento: lo re-inseriscono nella rete di forze. Il conflitto non è sul piano della psicologia individuale: è sul piano della posizione nel cosmo. Questa differenza ― fortissima ― è una delle chiavi interpretative più interessanti del film. Ed è una differenza che non trova equivalenti né nella sceneggiatura occidentale mainstream né nella tradizione anime giapponese.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Per comprendere l’anomalia produttiva e narrativa di Ne Zha 2 occorre ricordare che Nezha non è una “creazione originale” dell’animazione cinese contemporanea, ma un personaggio della tradizione letteraria che emerge e si consolida attraverso la stratificazione delle fonti popolari, con epicentro nel Fengshen Yanyi (Il romanzo della Investitura degli Dei), testo fondativo tardo-ming, che ha fatto da reservoir per una quantità di rielaborazioni successive. Nel Fengshen Yanyi, Nezha è soprattutto figura di tensione: metà bambino, metà entità problematica; figura liminale che, nella cultura cinese, non è solo “irregolare”, è “interlocutore col cosmo”. Nezha nasce antagonista del caos, ma non come antagonista morale. Nasce antagonista dell’insensatezza cosmica. È un personaggio di frontiera: un inquilino del confine che separa ciò che ha ordine da ciò che non ne ha ancora. L’idea che Nezha debba sempre e comunque agire “in controfase” rispetto al mondo è parte del personaggio fin dall’origine.

Quando oggi la Cina industriale prende Nezha e lo reimmette nella macchina produttiva dell’animazione mainstream, non sta “inventando” un personaggio nuovo: sta riattualizzando un mito. E lo sta facendo in un momento storico in cui il cinema cinese ha bisogno di figure archetipiche, in grado di tradurre la complessità della tradizione in icone riconoscibili per il pubblico giovane, pur mantenendo la profondità simbolica per il pubblico adulto. Può essere utile ricordare anche questo: in Cina, la funzione mitica non viene “neutralizzata” dalla modernità. La modernità ne riscrive l’applicazione.

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco
Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco

Ne Zha 2 (così come il primo Ne Zha e lo spin-off, ambientato nello stesso universo cinematografico Jiāng Zǐyá) non è semplicemente “un film d’animazione spettacolare”. È un film che tenta di mettere in scena una forma di immaginario mitico nazionale non filtrato dalle grammatiche occidentali e non modellato sugli standard nipponici. È un prodotto che parla a un pubblico giovane in modo diretto, ma che può risultare più intrigante proprio per un pubblico adulto, perché offre uno sguardo, quasi mai disponibile in sala da noi, su come oggi un cinema industriale diverso dal nostro prova a raccontare il conflitto, la relazione, e soprattutto il destino cosmico. Se in alcuni momenti il film può far “storcere il naso” al pubblico più attento a certe levigatezze visive o alla tenuta totale della progressione narrativa, questi momenti sono episodici. Il saldo complessivo è positivo. Ed è soprattutto culturalmente rilevante. La sua scala produttiva (non bisogna compiere l’errore di valutare il film con gli standard occidentali: 80 milioni di dollari sono a Hollywood il budget di una commedia di medio profilo, pensiamo, piuttosto, agli oltre 4.000 animatori di cui si parlava in precedenza) non è solo dato quantitativo, è dato qualitativo: indica una volontà industriale di investire capitale (economico e simbolico) nella costruzione di un immaginario proprio. Un immaginario che non cerca la miscela, ma la differenza. 

Ne Zha – L’Ascesa del Guerriero di Fuoco è dunque un’esperienza che vale la visione non solo per “cosa” racconta, ma per “come” lo fa. È un’occasione rara per confrontarsi con una grammatica narrativa alternativa, con un ritmo diverso, con un’altra idea del conflitto e dell’eroismo. Soprattutto, è un’occasione per ricordare che l’animazione ― al netto dei nostri luoghi comuni sull’età anagrafica del target ― può essere anche, come in questo caso, un luogo adulto del mito.