Qual è la ricetta per trasformare un ammasso di pixel verdi carichi di testosterone ai Raggi Gamma in un personaggio vero, vibrante, che cattura il pubblico con le manone e lo trascina nei meandri della sua psiche malata?

Nel nuovo Incredibile Hulk il cuoco Louis Leterrier ci propone un buon piatto, con qualche piccola caduta di tono e purtroppo, qualche ingrediente non molto fresco.

Solletica il palato, e non poco, l'essenza dai muscoli flaccidi (neanche poi tanto) del film, un Edward Norton che non smentisce la lunga lista di nomination e vittorie a questo o a quel premio. Disperato, deciso, con un piglio profondamente egoista che non disdegna più di un guizzo maligno negli occhi.

Il suo Bruce Banner, scienziato che nasconde nei più profondi recessi dell'Io il bestio verde, è un uomo braccato, pronto a tutto, e non poco sgamato. Com’era già successo ai tempi di Fight Club, Norton riesce a comunicare forza e fragilità nello stesso tempo a un altro personaggio che nasconde un mostro nell’anima. A pensarci bene, specializzato com’è in doppie personalità, il bravo Edward sembra ora la scelta più ovvia per interpretare l’anima dissociata più famosa dei fumetti.

E se dentro il professore c’è la bestia, la bella fa la professoressa. Con le fattezze sempre mozzafiato di una Liv Tyler che, se non altro, ricalca l’interpretazione fumettistica del personaggio: follemente innamorata di Banner al di là di ogni logica, fragile all’apparenza ma dotata di qualche guizzo di personalità tutto pepe, ormai libera da un dispotico padre-padrone.

Lo snaturato genitore è William Hurt, e fa il suo sporco lavoro sotto il baffetto cicatrizzato del generale Thaddeus 'Thunderbolt' Ross, bidimensionale e ottuso come il più stereotipato dei militari americani. Eppure carico di magnetismo, capace di farti credere che un tipo così scemo da sacrificare miliardi di dollari in elicotteri e mezzi militari vari solo per orgoglio, a capo dell’esercito possa esserci arrivato davvero.

Discorso simile dicasi per Tim Roth, che da solo, con quella faccia un po' così riesce sempre a bucare lo schermo, questa volta presta qualche ruga in più e il ghigno sghembo a Emil Blonsky, militare superaddestrato che nel temibile Hulk vuole vedere un nuovo scopo nella vita, un avversario che costituisce una vera sfida per chi, come Blonsky, è essenzialmente “un combattente”. E se il fisico non regge più come una volta, arriva la scienza con qualche provettina piena del classico, vecchio siero che fa tanto science fiction anni cinquanta. E questo ci porta a ribadire, com’era stato annunciato, che i legami con la prima versione digitale del mostro Marvel, l'Hulk verde smeraldo diretto da Ang Lee, non ci sono affatto.

Niente più nanomacchine o camere iperbariche per la creazione di culturisti color pisello, solo i classici Raggi Gamma e qualche globulo che diventa verde e grosso pure lui, come in una versione supereroistica di Siamo Fatti Così (Esplorando il corpo umano, che dir si voglia). A leggerlo ora fa ridere, ma nel film non dà nessun fastidio. 

Il fatto che la prima volta abbiamo lasciato Bruce Banner (allora Eric Bana), perso nella foresta Amazzonica, e ora lo a inizio pellicola lo ritroviamo operaio in una fabbrica brasiliana, pare solo una specie di coincidenza.

Si parla tanto di personaggi perché la storia dell’uomo in fuga braccato dalle autorità ottuse, che invece di scappare torna là dove stanno tutti quelli che lo cercano perché deve dimostrarsi innocente (o, in questo caso, curarsi), non ha in sé nulla di originale. Ok, Harrison Ford non diventata grande quanto un pulmino per il trasporto dell’insalata nel Fuggitivo, ma il meccanismo non è poi così diverso.

Luis Leterrier e lo sceneggiatore non rischiano più di tanto con intrecci complicati, e le cose gli vanno bene.

Un po’ come accade nei film di questo genere, dove l’effettone digitale ci mette un po’ ad arrivare (da Jurassic Park, alla Mummia, Hulk a parte), abbiamo aspettato a parlare del mostrone verde in computer grafica, introdotto da bravi attori dei quali non è all’altezza. È proprio Hulk l’ingrediente avariato della nouvelle (mica tanto) cuisine di Leterrier. Intendiamoci, in linea di massima il design del personaggio non è male, specie per quello che riguarda la scelta del colore della pelle e l’aspetto nervoso, teso, della muscolatura. Ma l’animazione e gli effetti di luce, lasciano davvero a desiderare. Troppo spesso sembra quasi di esser di fronte a uno di quei film misti cartone animato/live movie. La pelle di Hulk, specie sul viso, dà l’impressione di trovarsi davanti un gigante di pongo o di gelatina, a seconda della scena. Un appunto alla scelta stilistica di dare un visino da modello da passerella alla nostra creatura ai Raggi Gamma; se è stato fatto per una di quelle strane fissazioni da produttori americani del tipo “se non lo facciamo somigliare a Norton poi il pubblico pensa che a trasformarsi sia stato il pizzicagnolo della scena prima”, ci pare fatica sprecata. L’unico risultato è che Hulk somiglia tanto a un vitellone da spiaggia, che ha curato la scottatura col rimedio della nonna sbagliato, la mistura di spinaci e piselli tritati. Viene il dubbio che sia sempre arrabbiato solo per quello.

Un po’ meno d’infamia, ma nemmeno una lode, per il cattivone del film, l’Abomonio in versione spellata, seconda creatura tutta in digitale relegata alla lunga scena di combattimento finale. Anche qui movimenti poco realistici del modello e stacco netto con le cose vere su pellicole in troppe inquadrature. Dopo anni di dinosauri, insettoni, alieni di ogni sorta, non-morti e robottoni trasformabili, in una pellicola come questa il pubblico si aspetta di meglio.

Detto ciò, il Marvel fan medio non può non sfregarsi le mani, perché le citazioni da appassionato non mancano, il solito cameo di Stan Lee, accompagnato dall’Hulk televisivo Lou Ferrigno, pure, e c’è carne al fuoco da far palpitare il cuore di chi in casa ha più in scaffali dove sistemare i fumetti che altro. Tim Blake Nelson, alias Samuel Sterns, si candida già come arcicattivo per un seguito del film, il superintelligente Capo; forse con un testone stile anguria andata a male funzionerà meglio, perché ora il suo ruolo semicomico ci è parso l’abbia svolto davvero malino. Hulk è un personaggio tragico e tentare di far ridere al suo fianco è difficile: la macchietta di è solo fastidiosa.

E sappiate che paiono esserci davvero tutte le carte in tavole per una sorta di super franchise al cinema, dove la continuity Marvel approderà nei prossimi anni.

Una vecchia domanda da fan: “È più forte Iron Man o Hulk?” Forse al botteghino vince il secondo (film/8900/), ma vi diciamo solo che potremmo trovare risposta alla questione direttamente sul grande schermo.