Nella notte in cui i pirati, capitanati dall'indomita vedova Dola, attaccano l'aereonave del colonnello Muska, la piccola Sheeta, ostaggio del crudele incaricato del governo che vorrebbe condurla alla base militare di Tedis, nel disperato tentativo di fuggire cade nel vuoto. Nel buio della notte, svenuta, finisce fluttuando nella miniera in cui lavora il giovanissimo Pazu, che presala tra le braccia la porta al sicuro in casa propria.

Al mattino tra i due nascono subito un legame e un'intesa perfetti, sostenuti da una sincera fiducia, tanto che Pazu aiuterà coraggiosamente Sheeta a sfuggire dai pirati e da Muska e i suoi scagnozzi, che continuano a starle alle calcagna per via di quel misterioso medaglione di aeropietra che, oltre a controllare la gravità è il solo mezzo per ritrovare tra i cieli l'isola di Laputa, un mondo misterioso della cui esistenza si dibatte da secoli e che tutti stanno cercando perché raccoglie inestimabili tesori. Anche Pazu è convinto che esista, perché possiede una foto scattata dal padre quando era ancora vivo, ma quando Sheeta gli confesserà di essere l'ultima discendente del popolo di Laputa, farà di tutto per difendere e proteggere la ragazzina e il suo ciondolo, e di conseguenza, anche il mondo di Laputa, dalla sete di potere e di controllo di Muska.

Ventisei anni e non sentirli. Il castello nel cielo, primo film d'animazione dopo la fondazione dello Studio Ghibli, è pura magia, ma quella che non nasconde il proprio lato oscuro, per dare al pubblico tutto, senza riserve.

Pur essendo uscito per la prima volta nel 1986 Laputa, come lo chiamano in tanti, è un capolavoro senza tempo, che in 116 minuti racchiude uno scrigno di tesori per gli occhi e la mente di ogni appassionato di animazione.

Completamente realizzato a mano (migliaia i disegni prodotti), evidentemente distante dalle attuali tecniche di grafica digitale e dall'ormai debordante uso del 3D, e pur presentando personaggi somiglianti ai protagonisti di precedenti creazioni del maestro giapponese, il mondo di Laputa ha il potere di emozionare, coinvolgere e tenere costantemente viva l'attenzione per una trama originale e una grande genialità nella rappresentazione, con forti suggestioni steampunk, e con una esplosiva abilità di Miyazaki nell'accostare mondi e tecnologie estremamente distanti tra loro, creando un mondo senza tempo, dal retrogusto vintage ma più che mai originale, nuovo.

Al suo ottavo lavoro, Hayao Miyazaki non ha smesso e per chi lo scopre con Il castello nel cielo non potrà non sorprendere per quella rara capacità di proporre senza retorica alcuni temi forti a lui molto cari (il volo, il rispetto per la natura, il distruttivo egoismo umano, l'antimilitarismo, la paura del degenerare della tecnologia a discapito dello stesso mondo e degli uomini, la svolta per la crescita del bambino-ragazzo, la componente romantica) permettendo allo spettatore di riflettere e porsi interrogativi; costruisce una storia perfetta in cui gli scenari, i paesaggi naturali e ad alto tasso tecnologico (talvolta richiamando alla mente le incisioni del Piranesi, formato technicolor), i personaggi e la musica (sempre del maestro Joe Hisaishi) sono perennemente protagonisti, ogni cosa occupa con estrema eleganza il proprio spazio catturando l'attenzione dello spettatore e lo accompagna anche al termine della proiezione.

I personaggi sono vibranti, credibili anche nella loro componente immaginaria. Miyazaki non ha paura di mettere a confronto donne coraggiose e profonde con uomini bamboccioni o vigliacchi, ragazzi risoluti e uomini di potere senza scrupoli e uomini potenti nella propria semplicità e saggezza. Ma non dimentica di inserire scambi leggeri e spiritosi, ironici e commoventi. Colpiscono per la profondità o la durezza dei pensieri che esprimono o per la capacità di emozionare con i loro movimenti e i loro silenzi, per la minuzia dei dettagli con cui sono stati realizzati e che contribuiscono a renderli protagonisti della scena, nonostante il loro essere “Miyazakicamente stereotipati”.

Un tema fondamentale è il viaggio inteso come passaggio, crescita, ma anche come come percorso d'amore tra i protagonisti. Il sentimento tra Pazu e Sheeta matura i due ragazzi. Tale maturazione è puntellata da almeno  due passaggi: quando Dola si compiace che Pazu sia diventato "uomo" e quando Muska taglia le bambinesche trecce a Sheeta, come se volesse segnarne la crescita, facendole accettare con la forza il suo ruolo nel mondo.

Anche la natura parla, e lo fa talvolta col proprio silenzio assordante, come quando Pazu e Sheeta arrivano su Laputa, in cui si sente il cinguettio degli uccelli e poi solo il rumore dei passi, o il frusciare degli abiti. Tutto intorno solo silenzio, un po' come a sottolineare che gli esseri umani sono prima di tutto ospiti, temporanei, non sempre graditi, soprattutto se arrivano a depredare. E Miyazaki mette l'accento sull'atteggiamento dei due ragazzi, pieni di rispetto e attenzioni, e la violenza distruttrice di Muska e del suo seguito. Lo spettatore vedrà scene forti, di impatto, non potrà non avere dei dejavu con la vita di oggi, con fatti di vita reale. E non potrà rimanere indifferente.

Il Castello nel cielo rappresenta un'opera d'arte per tutte le età, un genere artistico a parte, tipico di Miyazaki: un'arte completa che concilia più mondi e li fonde insieme, per divertire ed emozionare, coinvolgere e turbare, per regalare in un'epoca come quella che lui stesso critica e condanna, la speranza che l'amore per la natura e il rifiuto dell'egoismo possano permettere all'uomo di riscattarsi prima che sia troppo tardi.