Per non essere da meno della Bloomsbury, che nel Regno Unito ha pubblicato la versione economica della saga di Hogwarts, anche la nota casa editrice italiana Salani ha deciso di cavalcare quest’onda, spacciando una banale e molto discutibile limatura della traduzione di Harry Potter e la pietra filosofale, primo dei sette libri della Saga, per un evento letterario di grande impatto nell’editoria italiana.

Si tratta di un’iniziativa di cui - appare evidente dopo averla letta, ascoltando e leggendo le opinioni di tanti appassionati lettori della saga - praticamente nessuno sentiva l’esigenza, magari non in questo momento ma, quel che è certo, soprattutto non in questo modo.

Iniziamo dal progetto grafico: per questa edizione economica la Salani sceglie di rifarsi totalmente alla grafica Bloomsbury, una scelta che può essere comprensibile; considerando la diffusa scarsa qualità di certe edizioni economiche che circolano in Italia, questa pubblicazione di Salani, rispetto al prezzo, è decisamente accettabile.

Leggendo la nota alla nuova edizione, che porta la firma prestigiosa di Stefano Bartezzaghi, docente di Semiotica dell'enigma presso lo IULM di Milano, curatore dell’iniziativa e munito di un albero genealogico non proprio trascurabile (è il figlio di Piero Bartezzaghi, famoso enigmista, e fratello di Alessandro Bartezzaghi, redattore della Settimana Enigmistica) le aspettative si impennano, ma arrivando alla sesta pagina di suddetta nota si ha l’impressione che sia soltanto un sapiente mix tra una captatio benevolentiae e il tentativo affannoso e quasi accorato di convincere prima se stesso, il suo gruppetto di collaboratori (con cui ha giocato col dizionario dei sinonimi) e poi i fiduciosi lettori, che siamo di fronte a una rivoluzione letteraria nell’ambito delle traduzioni di importanti saghe internazionali.

Harry Potter e la pietra filosofale è forse il libro che richiedeva meno fatica per essere ritradotto, e ciò deve aver turbato i sonni di Bartezzaghi & co.: la sua nuova traduzione si sarebbe ridotta infatti a poche operazioni, tutte legate a scelte che, sottolinea Bartezzaghi stesso nella prefatio, nel corso degli anni si sono rese necessarie perché a saga conclusa c’erano dei puntini sulle "i" da mettere. 

Il nostro discutere è sulla effettiva onestà intellettuale con cui questa ritraduzione sia stata realizzata e non sul suo bisogno, anche se riteniamo, per l’appunto, che i veri problemi di traduzione non appartengano ai primi libri (o quantomeno li consideriamo, a oggi, perdonabili), quanto a quelli dopo il passaggio di testimone dalla Astrologo alla Masini. 

Come discreti conoscitori di Harry Potter e della lingua inglese, amanti della saga di Hogwarts della prima ora proprio come Bartezzaghi, abbiamo delle perplessità da esprimere.

La traduzione del team capitanato da Bartezzaghi si sviluppa in alcuni punti fondamentali:

- restyling e correzioni

- traduzione parti mancanti

- traduzione nomi, suddivisa in tre parti:

i) ritorno agli originali,

ii) mantenimento dei nomi tradotti,

iii) traduzione ex novo.

Dal confronto della vecchia con la nuova, alcuni interventi sono risultati banali e ovvi, una semplice ”limatura lessicale”, una scelta di termini più appropriati che dopo 14 anni risulta decisamente scontata, che non prevede chissà quali miglioramenti sostanziali di una traduzione, quella di Marina Astrologo, che a fronte di questa non sembra poi così male, considerando che all’epoca non c’era ancora un vero “fenomeno Harry Potter” e punti di riferimento a cui rifarsi.

Pertanto il ghiacciolo che Dumbledore offre alla prof. MacGonagall nel primo capitolo torna a essere una caramella, i folletti della Gringott sono tornati goblin, il mostro nei bagni della scuola che sconvolge la festa di Halloween è finalmente un troll, le castagne che Ron e Harry mangiano a Natale ritornano dei marshmallows e The Mirror of Erised è stato reso lo Specchio delle Emarb, giocando sulla specularità usata nella versione originale.

La frase nonsense “Pigna! pizzicotto! manicotto! tigre!” con cui il Preside di Hogwarts dà inizio al banchetto diventa “imbecille! medusa! scampolo! pizzicotto!”, forse più coerente con l’originale “Nitwit! Blubber! Oddment! Tweak!”, anche se forse perde la magia strampalata della prima traduzione, e Petunia sostiene che Lily, la mamma di Harry, fosse una balorda anziché una anormale (e ci chiediamo perché ad abnormal sia stato scelto di dare questa connotazione); e questi sono solo alcuni tra gli esempi.

Per quanto riguarda i nomi c’è stato un doppio binario di intervento: alcuni sono stati riportati all’originale (la MacGranitt torna McGonagall, Tiger ritorna Crabble, come Oscar, il rospo di Neville Longbottom (non più Paciock) è di nuovo Trevor), e questo ha, da parte di una buona fetta di lettori che non amano le italianizzazioni o i cambiamenti di nomi, un certo plauso.

La scelta di mantenere alcuni nomi tradotti e per altri tornare alla versione originale non convince, non seguendo le considerazioni ben più logiche, maturate dal semplice e comune buonsenso nel corso degli anni e dalle correzioni man mano apportate alle successive ristampe dei libri.

Considerando l’intera storia di Harry Potter, le scelte della prima ora sembrano andare un po’ strette alla saga e oggettivamente andavano riconsiderate, ma questo discorso può valere per la traduzione, o meglio italianizzazione, dei nomi dei personaggi e al fatto che nel nostro paese, inizialmente, il libro fu erroneamente considerato letteratura solo per l’infanzia.

Pertanto, nello specifico la decisione di mantenere Piton al posto di Snape non trova una coerente spiegazione, come non convincono assolutamente le motivazioni addotte a conservare la traduzione di Silente, visto e considerato quanto la stessa Rowling aveva dichiarato merito, giudicandola una “totale contraddizione” con il senso di movimento e borbottio perpetuo che la scrittrice aveva pensato di dare con Dumbledore: "nella traduzione italiana, il prof. Dumbledore è diventato prof. Silente. La traduttrice si è basata sulla parola dumb, nel cognome, che significa muto. In realtà dumbledore è l'antico nome del calabrone, bumblebee. L'ho scelto perché avevo un'immagine di questo mago benevolo, sempre in movimento, intento a mormorare fra sé, e poi mi piaceva il suono della parola. Per me Silente è una totale contraddizione", da L.Fraser, Conversazione con J.K. Rowling, pg 33.

Ma la più assurda e fuori da ogni logica fra tutte le scelte è quella di aver deciso di stravolgere l’ormai consolidato nome di una delle 4 Case, che è passata da Tassorosso a un inconcepibile Tassofrasso.

Anche in questo caso ci sembra doveroso sottolineare che sarebbe stato meglio considerare il principio “o tutti o nessuno”, dopo 14 anni di una diffusione così ampia del mondo di Hogwarts, considerando, anche se in modo secondario, anche il franchising, i fanclub o le creazioni dei fans. 

E’ stato spontaneo chiedersi con quale serafica presunzione Bartezzaghi & co. abbiano pensato di poter imporre un’assurdità simile, viste anche le dichiarazioni di Bartezzaghi stesso nonché della Cagninelli (interviste/14630), curatrice redazionale della Salani, che non convincono sotto nessun punto di vista.

In conclusione, poiché di una recensione si tratta, ancora una volta bisogna rendere onore al merito di J.K.Rowling: in 285 pagine riuscì a creare un mondo dal grande potenziale, tratteggiandolo con grande abilità. Harry Potter e la pietra filosofale è forse il libro più complesso nella sua semplicità. Tutto di questo mondo magicamente complesso è spiegato in modo estremamente chiaro e il lettore lo scopre pagina dopo pagina, insieme a Harry. Dalla posta via gufo passando per il conio magico, la storia di Hogwarts, il gioco del Quidditch passando per l’alchimia e Nicholas Flamel, le arti e gli animali magici.

Ci inizia all’ormai tanto caro mondo di Hogwarts con estrema naturalezza, ci incuriosisce man mano come se tutti, in un giorno d’estate qualunque avremmo potuto scoprire di poter iniziare una fantastica avventura, con tutte le scoperte anche dolorose che la vita ci presenta, guidandoci attraverso persone più o meno care a sconfiggere il nostro personale Voldemort.  Questo è uno dei comuni denominatori che lega i lettori della saga di Harry Potter.

Le premesse di questa iniziativa non trovano grande entusiasmo perché essa, almeno nel primo libro, non risolve tutti i problemi di traduzione che sono stati riscontrati, e dopo 14 anni sarebbe stato auspicabile, per non dire che si sarebbe potuto pretendere, specialmente con il fantomatico team di maxi esperti che è stato presentato al pubblico. Auspichiamo, con il beneficio del dubbio, che Bartezzaghi & co. sapranno usare maggiore logica e accortezza quando si presenteranno gravi problemi nati da una traduzione sommaria e poco accurata con cui la Masini approcciò la seppur consistente eredità della Astrologo, ma quel che a oggi sembra è che, dopo 14 anni, è possibile fare peggio di quanto le due traduttrici, da sole, non abbiano saputo fare.

E’ evidente che la magia esista, e che il confundus sia un incantesimo potente quasi quanto una maledizione senza perdono.