In quella notte senza luna le stelle rischiaravano a stento il sentiero, quasi volessero impedirci di fare ciò che finalmente avevamo deciso. Col senno di poi, considerando gli eventi, forse non sarebbe stata una cattiva idea tornare indietro, rintanarsi in qualche taverna e ubriacarsi fino all'alba.

Quando io e il mio compare Aivorn arrivammo alla galleria principale delle catacombe, sul fianco della Montagna dei Re, fui in qualche modo sollevato nel notare che gli unici guardiani erano due gigantesche statue di guerrieri con enormi asce. Di soldati in carne e ossa non se ne vedeva neanche l'ombra.

Diversamente da me, Aivorn non era affatto tranquillo. 

– Sennak, non sono sicuro che sia una buona idea.

– Di che hai paura? Non ci sono guardie, qui.

Nell'oscurità della notte, un lupo salutò la luna con un intenso ululato.  

Aivorn si trattenne il ventre prominente, tremante di paura. – Questo posto mi mette i brividi.

– Se vuoi tornare indietro fallo pure, ma scordati che dividerò il bottino con te.

– E se incontriamo un fantasma?

– Gli offriamo da bere – lo schernii – Non ci sono fantasmi, in questa montagna. Solo favole messe in giro per tenere lontani i ladri fifoni come te.

Con l'acciarino accesi una torcia che avevo spalmato per bene di resina nuova.

– Io sto per entrare. Se ti va seguimi, altrimenti fai come ti pare. 

Aivorn si guardò intorno e si grattò la barba scura, agitato.

– E va bene, ma facciamo in fretta.

Il mio grasso compagno di ruberie aveva ragione a non essere entusiasta di entrare nella Montagna dei Re. Scavate nella dura roccia, quelle caverne erano state scelte dagli antichi come residenza dei loro sovrani nell'Altra Vita. Le tombe erano state riempite con gioielli preziosi, armi, brocche di vini pregiati e carne essiccata, cosicché i defunti potessero godere le gioie dei vivi anche dopo la morte. Si diceva perfino che a volte, alla morte di un re, venissero uccise anche tutte le donne del suo harem e i corpi posti nella tomba insieme a lui, così il sovrano avrebbe potuto avere la loro compagnia in eterno.

Le catacombe solleticavano l'appetito dei ladri di tutta la regione, ma nessuno osava entrarvi. Si diceva che nelle caverne si aggirassero spettri inquieti e l'ultima cosa che qualcuno desiderava vedere, in un posto freddo e oscuro come quello, era il fantasma di un re morto che ti coglie in flagrante mentre gli rubi i gioielli.

Ma io non avevo mai creduto a queste favole. Erano solo leggende raccontate dai vecchi per spaventare i giovani e tenerli lontani dagli antichi tesori. Perché era un dato di fatto che in quella montagna fossero custoditi oggetti di inestimabile valore, ricchezze tali da garantire una comoda sistemazione per tutta la vita.

Purtroppo, superata l'ampia apertura sul fianco della montagna, la galleria diventò stretta e bassa. Per un ciccione come Aivorn e uno spilungone come me non era facile muoversi lì dentro.

Nonostante io avanzassi abbastanza spedito, Aivorn mi stava incollato alle spalle come un'iguana. A volte bastava lo squittio di un topo per farlo sobbalzare peggio di una donnicciola.

– Ti vuoi dare una calmata? – lo sgridavo guardando nel cuore dell'oscurità.

Lui smetteva di ansimare per qualche istante, ma poi riprendeva a tremare.

La galleria era lunghissima e le voci circa la sua profondità senz'altro vere. Passò parecchio tempo, forse ore, poi il cunicolo finì all'improvviso e il pavimento divenne una scala di pietra che scendeva in uno spiazzo immerso nell'ombra. I gradini erano ben lavorati e tutti delle stesse dimensioni. 

L'umidità in quel posto era tremenda, così scendemmo le scale lentamente, per non scivolare. 

Quando la torcia riuscì a gettare un po' di chiarore, restammo a bocca aperta. La caverna dinanzi a noi era immensa e sul pavimento di roccia si trovavano almeno venti sarcofagi di pietra, tutti allineati e delle stesse dimensioni. Accanto a ognuno di essi c'erano statue raffiguranti il defunto.

Aivorn si lasciò sfuggire un'imprecazione stupefatta. 

Io annuii soddisfatto.

 – Coraggio, vecchio mio. Guarda quante tombe. Sono sicuro che ognuna è piena di tesori incredibili.

Quel luogo era una finestra sul passato più antico. Vi erano sepolti i resti dei sovrani della Prima Era, vestiti di pelli di animali e armati di lance, poi i re ribelli della Seconda Era, guerrieri indomiti protetti da armature impenetrabili, con lo sguardo di ghiaccio e la mano salda sull'elsa della spada.

Questi ultimi erano i più numerosi, poiché avevano partecipato alla terribile guerra contro i giganti e in molti erano periti in battaglia. A quel tempo, i re erano anche i massimi conoscitori delle arti magiche: contro quei mostri sanguinari la forza bruta non era sufficiente e uno stesso uomo doveva padroneggiare alla perfezione sia il corpo che lo spirito per avere la meglio.

Quando i giganti furono cacciati dalle nostre terre ed ebbe così inizio la Terza Era, la nostra, i re non ebbero più bisogno della magia. Approfondirono l’arte del combattimento e dello scontro fisico, costruirono armi sempre più sofisticate, e delegarono a una cerchia ristretta di stregoni la pratica delle arti magiche di un tempo.