Figlio di un giudice distrettuale e di un’insegnante di pianoforte, Stefan Grabiński nasce il 26 febbraio del 1887 a Kaminonka Strumiłowa (oggi Kamianka-Buzka) nella provincia di Leopoli, allora nella Galizia Polacca sotto il dominio degli Asburgo e attualmente parte dell’Ucraina. La sua salute è precaria, affetto sin da giovane età da una forma di tubercolosi ossea.

Iniziate le scuole a Sambor (ora Sambir), alla morte del padre si trasferisce con la famiglia a Leopoli dove studia Filologia Classica e Letteratura Polacca sino alla laurea, nel 1910, per darsi quindi all’insegnamento presso le scuole secondarie pubbliche e private della città, attività che continuerà a esercitare per il resto della propria vita. Si trova a insegnare anche a Vienna fra il 1914 e il ’15, quindi di nuovo in Polonia, a Przemyśl, tra il 1917 e il 1921: gli anni del suo sfortunato matrimonio. Nel ’17 sposa infatti Kazimiera, un’insegnante di musica dalla quale ha due figlie, ma da cui verrà abbandonato quattro anni più tardi. Grabiński non si risposerà, né avrà altre stabili relazioni, senza mai nulla confidare a nessuno a proposito della separazione.

Più tardi, inizia viaggiare: viene in Italia nel 1927 e visita brevemente la Romania nel ’29. Ma la tubercolosi peggiora e prende adesso a devastargli i polmoni. Un premio letterario, finalmente conferitogli nel 1931, gli offre qualche fugace sollievo finanziario e lo scrittore si ritira definitivamente nelle più salubri campagne del vicino villaggio di Brzuchowice. Saranno anni d’isolamento e ristrettezze, i suoi ultimi, in un costante declino sino alla morte a Leopoli il 12 novembre del 1936.

Il debutto letterario di Stefan Grabiński avviene nel 1909 con Z wyjątków. W pomrokach wiary (letteralmente: Dall’insolito. Nelle ombre della fede), una raccolta autopubblicata con lo pseudonimo di Stefan Zalny e destinata a non lasciare traccia. Miglior esito e accoglienza trova il suo secondo libro di racconti, Na wzgórzu róż (Sulla collina delle rose) pubblicato nel 1918, mentre il solo vero successo della sua carriera arriverà un anno più tardi con Demon ruchu (Il demone del movimento), che pone la ferrovia moderna al centro del proprio universo fantastico e preternaturale, e l’ossessione per la velocità e il movimento alla base delle psicologie aberranti di alcuni personaggi.

Favorevolmente colpito dalla resa su sfondo realistico di un genere così poco comune nella letteratura nazionale, sarà il critico Karol Irzykowski a definire l’autore come “il Poe Polacco”, etichetta forse un poco riduttiva ma abbastanza efficace da perdurare sino al giorno d’oggi.

Seguono tre altre raccolte rappresentative, insieme alle due precedenti, del suo periodo migliore e di maggior fortuna: Szalony pątnik (Pellegrino folle) nel 1920, Niesamowita opowieść (Storia incredibile) e Księga ognia (Il libro del fuoco) nel 1922. Un ultimo volume di racconti dal titolo parzialmente in italiano, Namiętność (L’appassionata) (Passione), è invece del 1930.

Senza tornare ai vertici toccati con le sue storie brevi, Grabiński scrive anche diversi romanzi, ancora incentrati sui temi fantastici che gli sono propri e tuttavia privi, al più, della medesima tensione, appesantiti alquanto da concezioni esoteriche e speculazioni nei campi tradizionali dell’occulto. Salamandra, del 1924, rispecchia una moderna lotta tra il bene e il male; Cień Bafometa (L’ombra di Bafometto) nel 1926 è una visione sull’emancipazione dal male stesso. Nel 1928 viene pubblicato Klasztor i morze (Il monastero e il mare) e nel 1936, infine, Wyspa Itongo (L’isola di Itongo), nel quale gli abitanti di un’isola imparano a convivere con gli spettri dei morti, in una sorta di società utopica sino al finale cataclisma che torna a separare i due mondi. Un ultimo romanzo, Motywy docenta Ponowy (I motivi del professor Ponowy), resta incompiuto alla morte dell’autore.

Alcuni versi e poemi in prosa trovano pubblicazione su rivista, ma il fantasista polacco firma anche diversi lavori teatrali: a Willa nad morzem (Ciemne siły) (Villa sul mare. Forze oscure) del 1916, portato in scena a Varsavia, a Cracovia e a Leopoli, fanno seguito Zaduszki (Il giorno dei Defunti) nel 1921 e Larwy (Larve) nel ’28. Pure, scrive la sceneggiatura per il film Kochanka Szamoty (1927) di Leon Trystan, tratto dal suo stesso omonimo racconto (“L’amante di Szamota”).

Proprio nel nostro paese trovarono pubblicazione le prime traduzioni in assoluto di Grabiński. I racconti Treno Fantasma (Błędny pociąg) e Segnali (Sygnały), entrambi da Demon ruchu, compaiono infatti già nel 1928 a Torino sulle pagine de La Stampa, nella versione dello slavista Enrico Damiani, che nello stesso anno ne include estratti nel volumetto da lui curato I narratori della Polonia d’oggi. Alle due storie, proposte in tale saggio solo in brano, si accompagna un sintetico apparato critico entro un contesto dedicato alla letteratura polacca del momento.

“Diversissimo da tutti i precedenti e in generale da ogni altro scrittore polacco è Stefan Grabiński, la cui arte trova piuttosto una qualche parentela con quella di Edgardo Poë.” Questo scrive Damiani nell’incipit del suo intervento sull’autore, che tornerà a citare nelle “Conclusioni” a proposito del realismo nella vena fantastica polacca: “Non si può in sostanza negare che anche nei casi in cui la pura fantasia sembra prendere il sopravvento (come, per esempio, in taluni scritti di Berent e Grabiński), anche là la fantasia stessa è posta al servizio del realismo fondamentale di determinate situazioni psicologiche speciali, le quali l’autore riveste precisamente di forme fantastiche per raggiungere dati effetti artistici”.

Lo scrittore di Leopoli giunse in Italia nel giugno del 1927 con l’intenzione di visitare Venezia, Roma, Napoli, Capri e la Sicilia in un lungo giro turistico, interrotto tuttavia nella città lagunare in cui fece inattesa conoscenza, e subito amicizia, con la connazionale Stefania Kalinowska, attiva nel mondo culturale italiano come traduttrice dal polacco. Dopo una breve escursione a Roma, Grabiński ritornò quindi a Venezia per trascorrevi il resto dell’estate. Proprio la Kalinowska avrebbe poi tradotto un altro suo racconto, Wezwanie (letteralmente, La chiamata), pubblicato nel 1929 su La Gazzetta di Venezia e, nello stesso anno, sul numero di ottobre della rivista Tutto.

Solamente nel 2011 la pubblicazione specializzata Hypnos tornerà a riproporre Stefan Grabiński in italiano con i racconti L’area (Dziedzina) e Nello scompartimento (W przedziale), nelle versioni di chi ha tradotto e curato questo stesso volume (*).

(*) Articolo pubblicato in origine nel volume Il villaggio Nero. Racconti Fantastici (Edizioni Hypnos). Per gentile concessione dell'editore.