Letteratura

Con la svolta presa dall’immissione di elementi tipici del fantasy, in un contesto divenuto meno orrifico e più da fiaba, viene scontato vedere l’analogia che c’è tra questa nuova parte e la storia di Pinocchio di Collodi, con Shilke che fa la parte del Grillo Parlante, divenendo una sorta di coscienza quando Gatsu usa l’armatura del Berserk (ruolo già ricoperto dall’elfo Pak fin dal primo numero del manga). Una metafora del Bambino che fa ritrovare l’umanità all’Adulto che ha perso se stesso nell’affrontare le battaglie della vita.

Ma non è l’unico riferimento fiabesco del manga. Grifis in Berserk 54, rivolgendosi alla principessa Charlotte rinchiusa in una torre da Ganishuka con l’unico passatempo del ricamo, proferisce questa frase: “C’è una fiaba che racconta di una principessa che dorme in eterno perché punta da un fuso”. La fiaba a cui fa riferimento è chiaramente quella della Bella Addormentata nel Bosco di Charles Perrault, più edulcorata delle versioni precedenti Perceforest, 1340, e Sole, Luna e Talia, 1634, dove la principessa viene svegliata non da un bacio, ma dal figlio nato dallo stupro perpetrato dal principe; il tema della deflorazione, ricorrente nella fiaba, viene ripreso nel capitolo Il Cavaliere del Teschio (9). Ma Grifis, anche se sembra il principe salvatore, è qualcosa di più: è il Falco, che per il suo trascendere le leggi del mondo reale, è colui che sta al di fuori della favola, non più un suo personaggio, ma il suo creatore, capace di tirare le fila della storia secondo la sua volontà. Una storia lucente, ma che cela una profonda oscurità, che non è quella che appare, un po’ come succede con le fiabe dei fratelli Grimm. Oggi i loro racconti sono ricordati in una forma edulcorata e depurata dei particolari più cruenti, ma le loro ambientazioni oscure e tenebrose, fatte di fitte foreste, si troverebbero ben incarnate nei capitoli Lost Children (senza contare i riferimenti a Peter Pan e al film del 1987 Ragazzi Perduti). I protagonisti sono anche qui dei bambini e non sono così innocenti come spesso si crede, ma sono dei veri e propri carnefici divenuti tali per compensare l'abbandono, l'abuso da parte dei genitori, non risparmiando allusioni al sesso e allo sviluppo sessuale; un po’ come succede in Il Signore delle Mosche (1954) di William Golding. Probabilmente si è di fronte ai migliori capitoli di Berserk: i più cupi, senza speranza e toccanti realizzati nell’intera serie, capaci di far chiedere chi sia veramente il mostro della storia e se i bambini sono davvero quelle creature immacolate che si creda che siano. Di certo sono creature sole, costrette a rifugiarsi in sogni effimeri per proteggersi dalla violenza degli adulti; i genitori, come qui vengono presentati, non sono di alcun aiuto, anzi. Non solo quelli di Lucine (una bambina divenuta Apostolo), ma anche quelli della sua amica Jill, che ricorda molto da vicino la protagonista di La Piccola Fiammiferaia di H.C.Andersen: a casa non c’è nessuno che la ama ad aspettarla, il padre la picchia. L’unica fiamma che illumina la sua vita e gli fa vedere un mondo diverso da quello che conosce, così misero e meschino, è quella di Gatsu. Ma è una fiamma che brucia di rabbia e vendetta, che svela non una visione celestiale, bensì una infernale. Tuttavia, nonostante le sfumature della versione di Miura siano più fosche, l’accorata richiesta è sempre la stessa: “Portami con te!” La supplica di fuggire da una quotidianità che è solo tristezza, ricercando una visione di paradiso, proprio come fa Lucine con il suo ultimo volo.