– Lui è stato il primo? – domandai.

– Sì, è stato il primo. – Il volto di Rockwell si contrasse. – A quel tempo ero vice-sceriffo. Abbiamo cercato lungo tutta quella pista per ore e ore. Si snoda su un terreno erto, quindi abbiamo cercato segni di una caduta o dell’aggressione da parte di un animale, ma non abbiamo trovato niente. È scomparso dopo gli allenamenti di football, alla metà di settembre. A quel tempo Abe Madden era lo sceriffo. – Scosse il capo. – Il ragazzo veniva da una famiglia disastrata, con la madre che beveva troppo e che era divorziata, e il padre che se n’ era andato e non era più tornato.

Trasse un profondo respiro.

– Il secondo a scomparire è stato Tyler Webb, che aveva sedici anni. È sparito un sabato, dopo essere andato a nuotare con gli amici al Grunyan’s Pond, un pomeriggio d’estate. Abbiamo trovato la sua macchina qui, sulla piazzola di sosta accanto all’interstatale. – Indicò sulla carta un punto che, a volo d’ape, non era lontano dal lato settentrionale di Doraville. – La roba di Tyler era tutta nella vettura: la patente, l’asciugamano e la T-shirt. Ma nessuno lo ha più rivisto.

– Non c’erano impronte di altri?

– No. Qualcuna di Tyler, qualcuna dei suoi amici, e niente altro. Nessuna sul volante o sulla maniglia della portiera. Entrambi erano puliti.

– A quel punto non avete cominciato a porvi qualche interrogativo?

– Io l’ho fatto – affermò Rockwell, – lo Sceriffo Madden no. – Scrollò le spalle. – Era davvero tanto facile credere che Chester fosse fuggito abbandonando il suo pick-up? Io non lo credevo. Però lui aveva delle difficoltà a casa, aveva rotto con la sua ragazza e non andava bene a scuola, quindi era possibile che si fosse suicidato e che non avessimo semplicemente rinvenuto il suo corpo. Abbiamo cercato, Dio sa quanto lo abbiamo fatto. Alla fine, Abe ha ritenuto che prima o poi qualcuno avrebbe scoperto i suoi resti. Tyler però era un soggetto del tutto diverso. Aveva una famiglia affiatata ed era un ragazzo devoto, uno dei più stabili. Non c’era proprio nessun motivo per cui avrebbe dovuto fuggire di casa o uccidersi, o fare qualche altra cosa del genere.

Ma Abe non ha voluto sentire una sola parola sull’argomento. Nel frattempo aveva scoperto di avere problemi di cuore, e non voleva agitarsi troppo.

Ci fu un breve istante di silenzio.

– E dopo? – domandai.

– Dopo c’è stato Dylan Lassiter. Dylan non aveva la macchina. Ha detto a sua nonna che si sarebbe recato a trovare un amico, a tre strade di distanza, ma non è mai arrivato là. Un cappello da baseball che poteva essere il suo è stato ritrovato qui. – Lo sceriffo indicò un punto sulla mappa. – Quello è lo Shade Grove Cemetery – disse.

– D’accordo, era un messaggio – commentai.

– Forse, o forse il vento lo aveva spinto là. Magari non era neppure suo, anche se i capelli all’interno sembravano quelli di Dylan. Era solo un cappello dei Tarheels. Alla fine, lo abbiamo mandato all’SBI, e il DNA è risultato corrispondere a quello di Dylan. Saperlo però non ci è servito a molto. Significava soltanto che Dylan, dovunque fosse, non aveva il cappello.

Quello era senza dubbio il resoconto di un’indagine malfatta. Non ero e non sarei mai stata un poliziotto, ma ritenevo che Abe Madden avesse qualcosa di cui dover rispondere.

– Un mese più tardi è toccato a Hunter Fenwick – riprese Rockwell. – Hunter era figlio di un mio amico, e costituisce il motivo per cui mi sono candidata come sceriffo. Rispettavo lo Sceriffo Madden… fino a un certo punto… ma sapevo che si sbagliava riguardo ai ragazzi scomparsi. Hunter… ecco, la sua macchina era parcheggiata nello stesso posto dove era stato ritrovato il pick-up di Chester, all’inizio della pista per escursionisti, e all’interno c’era un po’ di sangue… ma non abbastanza da far pensare che lui non potesse essere sopravvissuto. Il suo portafoglio è stato ritrovato mezzo chilometro al di fuori dei confini cittadini, in un fossato lungo questa strada.

Nel parlare, indicò una tortuosa strada di contea che usciva da Doraville e puntava a est per una trentina di chilometri prima di dirigersi a nord e poi a nordest, su per le montagne, verso la città vicina.

– Chi viene dopo? – domandò Tolliver, perché lo sceriffo si stava perdendo nei suoi cupi pensieri.

– Il più giovane, Aaron Robertson. Aveva quattordici anni, frequentava le medie ed era troppo giovane per guidare. Un pomeriggio è rimasto a scuola dopo l’allenamento di basket, per fare qualche altro canestro. Tornava sempre a casa a piedi, ma la notte precedente eravamo passati dall’ora legale a quella solare, ed era buio. Aaron non è mai arrivato a casa. Non abbiamo più trovato il suo zaino, o qualsiasi altra traccia di lui.

Rockwell staccò un foglio di plastica opaca da un pannello di sughero verticale posizionato accanto alla scrivania, e noi ci trovammo dinnanzi a una fila di giovani volti, sotto ciascuno dei quali era segnata la data della scomparsa.