Il Med Fantasy: una tendenza del fantastico italiano

Dalla disamina sulle fonti degli autori anglosassoni, passiamo alla situazione del fantasy in Italia – dove il genere è sostanzialmente “giovane”- e in particolare a una tendenza specifica che si è affacciata tra gli autori del nostro panorama letterario:  l’utilizzo dell’ambientazione italica accanto alle sue tradizioni di mitologia e folklore.

Nel 2004-2005, su alcuni siti di scrittura, si discuteva del perché i lettori italiani di fantasy apprezzassero gli autori stranieri mentre quelli nostrani non riscuotevano altrettanto successo, e del cosa mancasse nella produzione autoctona rispetto non solo a Tolkien, ma a tutti gli altri scrittori che nel frattempo si erano affacciati nel panorama fantasy europeo, americano etc.

Da qui è nata l’idea che l’elemento mancante fosse questa tendenza allora sostanzialmente assente e che abbiamo chiamato Med Fantasy, abbreviazione di Fantasy Mediterranea: il nome non ha connotazioni geografico politiche, ma esprime una diversità d’immaginario rispetto a quella anglosassone. In questo tipo di fantasy entrano tutti gli influssi storico-culturali, le tradizioni, le contaminazioni che si sono stratificate nel nostro paese durante millenni, creando vari tipi d’immaginari locali.

Il Med Fantasy quindi utilizza non solo l’ambientazione italica ma anche e soprattutto le sue tradizioni di storia, mitologia e folklore, elementi vicini a noi che in teoria dovremmo conoscere e aver vissuto meglio di altri.  Prendendo in esame diverse opere, abbiamo notato che questa tendenza ha portato risultati degni d’interesse. I nomi che potrei citare sono molti, perché tutto questo era già affiorato in passato con autori come Zuddas e Pederiali, tuttavia negli ultimi anni si è avuto un allargamento in questa direzione: ci sono autori italiani che hanno scritto romanzi seguendo questa tendenza, romanzi che spesso non vengono nemmeno definiti fantasy, probabilmente a causa dei preconcetti che esistono su questo genere, da noi considerato escapista, di nicchia, per adolescenti etc.

I libri che desidero prendere come esempio sono tre, particolarmente significativi perché riguardano autori, ambientazioni e spunti narrativi molto diversi tra loro: Maruzza Musumeci di Andrea Camilleri, Storia di Neve di Mauro Corona e Pan di Francesco Dimitri.

Maruzza Musmeci fa parte della Trilogia Fantastica scritta dall’autore siciliano, assieme a Il Casellante e il Sonaglio, trilogia di cui l’autore ha affermato “qui c’è il meglio di me”: tre libri che offrono un mix di favolistica, cultura popolare e mitologia classica presenti ancora oggi nelle tradizioni e nei racconti orali.

“Maruzza” è una storia di Sirene, ambientata in un angolo di Sicilia fra ‘8oo e 900, fra spiaggia e mare, dove non si parla di pin up nella vasca da bagno bensì d’inquietanti figure ancestrali che, dopo migliaia di anni, forse hanno perdonato l’oltraggio di Ulisse e hanno accettato di mescolarsi agli umani, pur mantenendo le proprie caratteristiche mitiche.

Camilleri riesce a inserire senza soluzioni di continuità il mito della bellezza, del canto, di quella alterità mescolata alla vita reale che si svela a chi sa guardare, ma anche il fascino della mitologia, il sapore della narrazione orale, di fiabe e magia raccontate nelle sere di veglia.

Ci sono citazioni a Ulisse e al poema omerico (non ha caso queste donne del mare parlano fra loro in greco classico) e l’elemento med fantasy è presente con la figura della sirena, la creatura fatata dell’acqua che si ritrova, con caratteristiche diverse, in altre culture.

Negli altri due libri, abbiamo altre pseudo – trasformazioni femminili, con un chiaro riferimento alle Metamorfosi di Ovidio: nel Casellante, la donna che tenta di trasformarsi in albero come una specie di Dafne. Nel Sonaglio, molto poetico pur trattando il tema assai delicato della donna-capra, contiene rimandi mitologici che diventano fiabe: gli dei trasformati in alberi o in animali, Giove che si muta in cigno per Leda, Pasifae che concepisce il Minotauro con un toro.

Con Storia di Neve, passiamo al capo opposto della penisola: Mauro Corona è un autore friulano che racconta storie delle sue montagne e della sua gente.

Ambientata nel paese dell’autore, Erto, zona del Vajont, il romanzo parla di una bambina speciale, chiamata Neve perché unica nata nel terribile inverno del 1919. Neve è la parte buona della terribile strega Melissa, guardiana di un terrificante inferno di ghiaccio, che è tornata sulla Terra per riparare il male commesso.  Neve è capace di risanare col tocco della mano e non ha mai freddo. Se si innamora, letteralmente si scioglie fra le braccia del suo amato.

Qui non abbiamo richiami ai classici, e nemmeno sostanzialmente di creature del folklore: Mauro Corona scrive la storia delle sue montagne e dei sentimenti brutali che le animano; i boschi, i fiumi, gli inverni di otto mesi parlano da soli, diventando essi stessi delle creature mitologiche e pagane, personificazioni delle forze della natura che trasmettono la propria violenza.

Storia di Neve è il racconto cattivo di una terra dove anche il tentativo di riscatto, di fare il bene, riesce a produrre solo male e dolore.  Una storia dark, come solo certe favole dei fratelli Grimm sanno essere, dove le streghe esistono e i loro incantesimi sono oscuri, ma più ancora lo sono i comportamenti degli uomini.

L’elemento fantasy delle streghe, capaci di costruire oltretomba danteschi e di praticare magie nere, è unito a una percezione zonale del fantastico: anche in questo caso possiamo parlare di Med Fantasy, presente ovunque ci siano tradizioni che noi abbiamo ascoltato, assimilato e poi raccontato in veste fantastica.

Con Pan facciamo un nuovo salto, fino a Roma e dintorni. Il romanzo di Francesco Dimitri, il più complicato da visualizzare in quest’ottica sebbene ci rientri senza forzature, è un Urban Fantasy che sfascia i canoni del genere, almeno quelli più in voga.

Dimitri prende un romanzo non italiano, il Peter Pan di Barrie, lo rivolta come un guanto e – pur mantenendo le principali figure narrative – ne trae qualcosa di completamente diverso: un inno al caos e alla  rivolta armata per le strade di una Roma conosciuta e sconosciuta insieme, i cui luoghi noti possiedono un cuore molto oscuro.

Tuttavia, non siamo davanti a una semplice rielaborazione: oltre al Peter anglosassone abbiamo anche il Grande Dio Pan della mitologia classica e non molto inglese, sebbene a cavallo tra ‘800 e ‘900 sia esistita una corrente in prevalenza anglosassone alla riscoperta di questa divinità. 

Pan è una rielaborazione della rielaborazione, un mix di culture, una ricerca delle radici del mito in chiave anarchica e delle sue evoluzioni nelle spiritualità più moderne, di realtà “altre” che esistono in senso ontologico. Assieme a spunti narrativi non autoctoni, abbiamo comunque riti arcani, vecchi satiri e giovani divinità (l’elemento Fantasy) calati in un contesto conosciuto e respirato dall’autore (l’elemento Med).

Come e forse più dei precedenti, questo libro dimostra che l’ambientazione da sola non è quell’atmosfera capace di catturare il lettore e di trasportarlo in un mondo parallelo: salvo poche illustri eccezioni, per un setting valido è sufficiente documentarsi, per trasmettere quel carico emozionale capace di rendere unica una storia è necessario anche e soprattutto un vissuto.

Per concludere, il Med Fantasy non deve essere inteso come una regola fissa o un paletto alla creatività, ma piuttosto una caratteristica duttile cui è possibile approcciarsi da tanti punti di vista, mediante temi ispirativi anche lontani fra loro, e che offre la possibilità – di sicuro non la certezza – di buoni risultati.