– Allora è questo che puzza così tanto – replicai, nel lasciarmi scivolare seduta per terra, accanto a lui. Avevamo la schiena appoggiata alla base del bancone, in quanto gli sgabelli erano stati sparpagliati dalla folla nel suo precipitarsi verso la porta posteriore.

Avevo i capelli bruciati. Sentii le lacrime corrermi lungo le guance: sapevo che era stupido, ma non riuscivo a trattenermi. Sam mi prese la mano, stringendola, ed eravamo ancora seduti lì in quel modo quando i pompieri fecero irruzione.

Anche se Merlotte’s era fuori dei confini cittadini, quelli accorsi erano i pompieri ufficiali della città, non i volontari.

– Non credo abbiate bisogno di quella pompa. Penso che il fuoco sia spento – disse Sam, ansioso di evitare ulteriori danni al locale.

– Avete bisogno di cure? – domandò Truman La Salle, il capo dei pompieri, ma lo disse in un tono quasi distratto, perché il suo sguardo era intento a esaminare ogni cosa.

– Io sto bene – risposi, dopo aver lanciato un’occhiata a Sam, – però Jane, che è sul retro, è stata ferita alla testa da una scheggia di vetro. E tu, Sam?

– Ho delle ustioni alla mano destra – rispose Sam, serrando le labbra come se cominciasse ad avvertire il dolore. Poi mi lasciò andare la mano per sfregarsi la destra con la sinistra, e questa volta sussultò visibilmente.

– Meglio medicarla – consigliai. – Le ustioni fanno un male terribile.

– Sì, lo sto scoprendo – ribatté, serrando gli occhi.

Lo sceriffo Bud Dearborn entrò non appena Truman gli diede il via libera. Doveva essere stato a letto, perché aveva l’aria di essersi vestito in fretta e mancava del cappello, una parte fondamentale della divisa. Lo sceriffo era ormai vicino alla sessantina, e dimostrava tutti i suoi anni. Il suo aspetto era sempre stato simile a quello di un pechinese, e adesso sembrava un pechinese ingrigito. Per alcuni minuti si aggirò per il locale, badando a dove metteva i piedi e dando quasi l’impressione di fiutare il disordine. Infine, soddisfatto, si fermò davanti a me.

– Cos’hai combinato? – domandò.

– Qualcuno ha lanciato una bomba incendiaria attraverso la finestra – dissi. – Io non c’entro niente. – Ero troppo sconvolta per infuriarmi.

– Sam, ce l’avevano con te? – chiese lo sceriffo, poi si allontanò senza attendere una risposta.

Sam si alzò lentamente, e si girò per porgermi la mano sinistra. Quando l’afferrai, tirò, e dal momento che era molto più forte di quanto sembrasse, mi ritrovai in piedi in un istante.

Per alcuni minuti, il tempo parve fermarsi e la mia testa girare, cosa che attribuii, senza darne troppo peso, a un leggero stato di shock dovuto all’avvenimento.

Ultimato il suo lento e attento giro per il locale, lo Sceriffo Dearborn tornò da Sam e da me.

Nel frattempo, era arrivato un altro sceriffo con cui fare i conti.

Eric Northman, il mio ragazzo e lo sceriffo dei vampiri dell’Area Cinque, che includeva Bon Temps, attraversò la soglia tanto in fretta che quando si resero conto della sua presenza Bud e Truman sobbalzarono, e Bud parve quasi sul punto di estrarre la pistola. Eric mi afferrò per le spalle e si chinò a scrutarmi in volto.

– Sei ferita? – domandò.

Fu come se la sua preoccupazione mi desse il permesso di abbandonare il mio atteggiamento coraggioso. Sentii una lacrima, soltanto una, colarmi lungo la guancia.

– Il grembiule ha preso fuoco, ma credo che le mie gambe siano a posto – dissi, facendo uno sforzo enorme per apparire calma. – Ho perso solo un po’ di capelli, quindi non ne sono uscita poi tanto male. – Quindi mi girai verso Bud e Truman, e dissi: – Signori, non ricordo se avete già conosciuto il mio compagno, Eric Northman, di Shreveport. – Quella frase conteneva parecchi elementi di dubbio.

– Signor Northman, come faceva a sapere che qui c’erano stati problemi? – chiese Truman.

– Sookie mi ha chiamato con il cellulare – spiegò Eric. Era una bugia, ma non mi andava di spiegare la natura del nostro legame di sangue al capo dei vigili del fuoco e allo sceriffo, ed Eric non avrebbe mai fornito informazioni del genere a due umani.

Una delle cose più meravigliose, e più sgomentanti, dell’essere amata da Eric consisteva nel fatto che non gli importava un accidente di nessun altro. Lui ignorò i danni riportati dal locale, le ustioni di Sam, i poliziotti e i vigili del fuoco che stavano ancora esaminando l’edificio (e che lo tenevano d’occhio senza darlo a vedere).

Invece, mi girò intorno per valutare lo stato dei miei capelli.

– Voglio dare un’occhiata alle tue gambe – dichiarò, dopo un lungo momento. – Poi troveremo un dottore e un parrucchiere. – La sua voce era assolutamente fredda e calma, ma sapevo che stava fremendo di rabbia, perché potevo sentirla ribollire, proprio come la mia paura e il mio stato di shock avevano avvertito lui del fatto che ero in pericolo.