Small Gods (questo il titolo originale del romanzo), racconta la storia dell'apprendista Brutha, il classico uomo sbagliato che si trova nel posto sbagliato, al momento sbagliato, e diventa Il Prescelto del dio Om, che gli si palesa nella forma di una tartaruga.

Brutha non è noto per il suo acume, ma è un ragazzo volentoroso, gran lavoratore, e ha una memoria sorprendente. Potrebbe ripercorrere la sua intera vita a ritroso basandosi solo sulla memoria.

Come tutti i prescelti si trova invischiato in un gioco più grande di lui, che vedrà la Quisizione della città monoteista di Omnia in conflitto con l'intero Mondodisco, dove si professano vari culti politeisti, e in particolar modo con Efebe, città dove non si professa altro culto che quello della ragione e del pensiero, modellata sulla base delle città greche.

Suo principale avversario è l'Esquisitore Vorbis, suo casuale alleato sarà il filosofo Dydactyclos.

Se il romanzo troverà una sua risoluzione nella crescita dei personaggi di Brutha e Om, si fatica però a entrarci.

La costruzione narrativa impiega parecchio a delinearsi e almeno per metà romanzo vive di pur gustosi episodi, ma non di una trama che sembra andare verso una direzione precisa.

Battute e siparietti sono più che divertenti, come quello in cui Dydactylos è costretto ad abiurare le sue scoperte astronomiche, ossia che Mondodisco è appunto piatto e posa su una tartaruga, anziché essere tondo come professano gli Omniani, però in questo caso si gode più delle singole parti che della struttura narrativa complessiva.

Terry Pratchett è come al solito caustico e irriverente e ne ha per tutti, per gli dei vanitosi ed egoisti, per i loro seguaci bigotti che professano una fede più di circostanza che reale, ma anche per chi persegue il culto della ragione pura, che perde comunque il contatto con il mondo reale.

Non si può non sorridere e talvolta ridere di gusto di questa messa in scena di tante umane e divine miserie.

Quello che potrebbe risultare eccessivamente didattico e un po' moraleggiante è sicuramente il finale, inno alla libertà del pensiero e al libero arbitrio che potrebbe sembrare banale. Pur tuttavia viene sempre da chiedersi come mai ciò che sembra ovvio e scontato debba essere ribadito da chi racconta storie. Forse perché a pochi piace che gli vengano mostrati e rinfacciati platealmente i propri difetti, sia pure mostrati attraverso il filtro di un mondo secondario?

Se siete persone di spirito, che ritenete che ironia e autoironia non vi danneggino, ma che possano essere spunto di riflessioni, Tartarughe divine è un romanzo che fa per voi.