La classica casa sinistra, dove malvagie presenze attendono nel buio: era un film per la televisione che nel 1973 aveva riscosso un inatteso successo, torna nel 2011 con un nome molto importante alla sceneggiatura: nientemeno che Guillermo del Toro, coadiuvato da Matthew Robbins.

Parliamo di Non aver paura del Buio, che arriva in Italia il 13 gennaio 2012. Il film ha avuto una genesi travagliata: Guillermo del Toro aveva iniziato a scrivere una sceneggiatura per un remake del film originale, che aveva fatto effetto sul futuro regista messicano. La genesi è stata lunga, ben sedici anni: abbiamo fatto in tempo a vedere certi richiami da questa trama nel Labirinto del Fauno, il grande successo di Del Toro.

Non tutto è proprio identico. Mentre Sally, la protagonista, era una donna adulta nel primo film, diventa adesso una bambina (interpretata da Bailee Madison) imbronciata e sballottata tra genitori in separazione. Arriva presso il padre Alex (interpretato da Guy Pearce) in un brutto momento: lei non vuol vedere la nuova compagna di papà (Kim, ovvero Katie Holmes), d'altra parte la madre (di cui sentiremo solo la voce al telefono) sembra non aver molta voglia di avere a che fare con lei, ora che se ne è sbarazzata. Per di più, Alex è molto sotto pressione: sta restaurando un'antica villa per poterla rivendere, e il successo di quest'affare è cruciale per la sua carriera e le sue finanze.

Proprio la villa, che apparteneva al celebre pittore Blackwood, scomparso misteriosamente anni prima, contribuisce a peggiorare la situazione: nella cantina si nasconde un terribile mistero, qualcosa di cui il giardiniere Harris (interpretato da Jack Thompson) conosce la natura, ma non vuol rivelare, limitandosi ad ammonire severamente la bambina a star lontano dalle cantine. Voci dal buio sussurrano alla piccola Sally, promettendole amicizia, inizialmente, ma le intenzioni sono assai più sinistre. E il padre non vuol convincersi che sta succedendo qualcosa di serio.

Non riveliamo di più sulla trama, ma va precisato che il regista Troy Nixey ci rovina molte sorprese con un prologo in cui vediamo la fine orrenda del pittore Blackwood, antico proprietario della magione, aggredito da piccole malvagie creature che già avevano rapito il figlio. Blackwood sacrifica una cameriera per donare i suoi denti alle creature e far liberare il bambino, ma poiché queste crudeli "fatine dei denti" vogliono solo quelli dei bambini, il dono non viene apprezzato e il povero artista è trascinato in una grotta nel buio, da cui non farà ritorno.

La scena marca l'avvio di un inizio decisamente meglio riuscito del seguito, con un'atmosfera sinistra ben costruita. Tutto si perde piuttosto rapidamente però: l'orrore è troppo mostrato e poco evocato, e in alcune scene non si capisce se si cerca di spaventarci con questi piccoli mostri (in effetti abbastanza repellenti) o se si vuol farci ridere, mostrandoli a volte intenti a fare dispettucci innocui. Da una parte il film è stato penalizzato da un giudizio piuttosto severo della censura per alcune scene decisamente forti, dall'altra dà allo spettatore un insieme incoerente e sconcertante, che non riesce a mantener viva la premessa iniziale.

I cliché si sprecano: la bambina che urla terrorizzata, i genitori che non vogliono credere che esista un problema serio e chiamano lo psicologo, i sussurri nel buio, il servitore che sa ma non vuole parlare. I personaggi sono stereotipati al massimo: il padre buon uomo ma troppo impegnato dal lavoro, la bambina triste e minacciata (e senza l'appoggio degli adulti), la fidanzata di papà che cerca a tutti i costi di farsi voler bene, il servitore burbero informato dei fatti che non vuol rivelare cosa sta succedendo. In parole povere, un film congegnato male e con poca fantasia.

Se il nome dello sceneggiatore vi spingesse ad azzardare il rischio di questa pellicola, a scanso di equivoci e delusioni sappiate che il Labirinto del Fauno è molto, molto lontano da qui.