«Lo so» lo interruppe il Taguran. «So bene che non puoi. Ho avanzato alcuni suggerimenti quando mi hanno comunicato le loro intenzioni.»

«Davvero?»

Bytsan annuì. «Difficile considerarlo un dono, se venissi... accidentalmente ucciso sulla via che conduce a est e i cavalli venissero dispersi, o rivendicati da qualcun altro.»

«Come darti torto? Davvero difficile considerarlo un dono!» Tai sentì la sua stessa voce inasprirsi. Fino a pochi istanti prima la sua vita scorreva così semplice e tranquilla... «E il Ta-Ming era un vespaio di fazioni, quando ho lasciato la città. Di sicuro ora sarà anche peggio!»

«Sono certo che tu abbia ragione.»

«Ah, ma davvero? E cosa ne sai, tu, del Ta-Ming?» Bytsan gli sembrava ora irritantemente a suo agio.

Bytsan gli lanciò un’occhiata. «Abbastanza poco, dal piccolo forte che ho l’onore di comandare per conto del mio re. Mi limitavo a concordare con te.» Fece una pausa. «Vuoi sentire cosa ho suggerito a palazzo, o no?»

Tai si guardò i piedi. Si sentì in imbarazzo. Fece segno di sì con la testa. Senza un motivo particolare, decise di togliersi il cappello di paglia, rimanendo dritto nella luce del sole, ormai alto nel cielo. Lontano, l’ascia continuava il suo lavoro.

Bytsan gli disse che aveva scritto alla sua corte, e quello che era stato decretato in risposta alla sua missiva. Sembrava che l’aver formulato quella proposta fosse costata a Bytsan la sua

posizione all’interno della fortezza tra le montagne. Tai non sapeva se la cosa rappresentasse una promozione o meno.

Ma almeno, comprese Tai, avrebbe potuto tenerlo in vita. Per un po’ di tempo, quantomeno. Si schiarì la gola, cercando di pensare a qualcosa di appropriato da dire.

«Certamente avrai capito» disse Bytsan con malcelato orgoglio «che questo dono è da parte di Sangrama. Questa è la generosità del re. Potrà anche essere stata la nostra principessa Kitan ad averglielo chiesto, ed esserci il suo nome su quella lettera, ma è il Leone che ti manda questo dono.»

Tai lo guardò. Poi disse, calmo: «Capisco. Sarebbe già un onore che il Leone di Rygyal conoscesse anche soltanto il mio nome.»

Bytsan arrossì. Dopo una breve esitazione, si inchinò.

Duecentocinquanta cavalli sardiani, pensò Tai; come una tempesta di sabbia nella sua vita, ormai irreversibilmente cambiata. Portatigli in dono da una corte, un impero che si era gloriato di ogni singolo destriero dragone che aveva fatto arrivare dall’ovest. Che sognava di quei cavalli con un tale desiderio da modellare sulla loro immagine porcellane, giade e avori, da paragonare il tuono sordo dei loro leggendari zoccoli all’armonia di un poema.

Il mondo può offrire veleno in un calice ingioiellato, ma anche doni sorprendenti, e a volte non è facile capire di cosa si tratti.