– Ma qualcosa avrà percepito, altrimenti neanche si sarebbe addormentato.

– Questo è vero. – Nuvola parve riflettere alcuni istanti. – Ma allora non dovremmo cercare un incantesimo per tirar giù i draghi buoni e lasciare su quelli cattivi. Dovremmo cercarne uno per risvegliare i draghi addormentati.

Tramonto fu folgorato da un ricordo e si batté una mano sulla fronte. – Per tutti gi incantesimi! C’è. L’ho letto qualche giorno fa. – Poi si prese la testa fra le mani. – E ora come facciamo a ritrovarlo? Chi rammenta dove e quando l’ho scovato?

Così, lui e Nuvola, ripartirono da capo, sfogliando in modo sempre più veloce le pagine del libri.

– Sai, in fondo, io poche volte mi sono svegliato e per diversi secoli ho dormito. Non sono un Gran Mago così esperto.

– Non crucciarti, Tramonto. Tu hai fatto il possibile. Vedrai che stavolta ci riusciremo.

E fu al ventunesimo giorno che la formula cadde di nuovo sotto gli occhi di Tramonto.

Nuvola scese dal monte per mano al Gran Mago, felice e speranzosa. Felice perché Tramonto le piaceva proprio tanto, speranzosa perché confidava nell’ascolto di Brace.

Gli abitanti del villaggio li osservarono in silenzio attraversare le strade, fino ad arrivare di fronte alla stalla in cui ogni giorno lei si soffermava sin da quando era bambina.

Brace dormiva serafico, accoccolato sulle grosse zampe anteriori. Le squame erano qua e là rialzate, quasi a ricordarne la vecchiaia, gli arti un po’ rattrappiti, per la forzata immobilità.

La stalla in cui dormiva non era mai stata popolata come quel giorno.

Tramonto si avvicinò all’orecchio appuntito e, facendo strani gesti con le dita, cominciò a sussurrare:

Svegliati drago dal sogno funesto!

Alza le palpebre! Sbrigati! Presto!

Tutti rimasero appesi al mormorio del Mago e si fissarono sulle palpebre di Brace.

Nuvola parve scorgere un guizzo, ma Brace non smise di russare e i due giovani si guardarono negli occhi, afflitti.

D’un tratto, un bambino gridò: – Perché non gli fate parlare da Nuvola? Lei dice che lo ascolta!

La ragazza guardò Tramonto, smarrita e, a una a una, tutte le facce rivolte verso di lei. – Ma io non sono una maga!

Tramonto scrollò le spalle, una punta di disperazione negli occhi. – Possiamo sempre provare.

Così, piano piano, Nuvola si avvicinò al drago e, dopo essersi fatta ripetere i versi da Tramonto per imprimerseli nella memoria, si accostò al cuore della bestia, bisbigliando: – Caro Brace, io so che mi senti e che mi hai sempre sentito. Vedi di sforzarti un pochino e di ascoltare bene quel che ho da dirti.

E ripeté l’incantesimo.

All’inizio fu impercettibile, poi il tremolio della palpebra del drago divenne più evidente. Infine il russare affogò in un ultimo rantolo di sonno, e qualcosa, sulla pelle e fra i nervi, si contrasse.

– Ripetilo, Nuvola! – la incitò il Mago. – Ripetilo ancora due volte!

Nuvola eseguì le istruzioni di Tramonto e, già mentre ripeteva l’incantesimo per la prima volta, un sottile nastro di fumo fuoriuscì dalle narici del drago, insieme agli “Oooh!” degli abitanti del villaggio.

All’ultima ripetizione, un occhio d’ambra si affacciò sul mondo.

– Bracino mio! – esultava Nuvola. – Ve l’avevo detto che mi ascoltava col cuore.

Tutti presero ad abbracciarsi. Chi saltava al collo dell’uno, chi dell’altro, chi spintonava per raggiungere la mano di Tramonto. Solo Nuvola restava abbracciata al drago, nell’attesa che si risvegliasse del tutto. La bestia mostrava gli occhioni gialli e si guardava attorno ciondolando il testone un po’ verde e un po’ grigio. Ora, Nuvola avrebbe dovuto spiegargli tutto quello che era successo nel frattempo, e sarebbe stato più lungo dell’incantesimo.

C’era di buono che adesso non russava più.

L’idea di Tramonto di trovare un incantesimo per tirare giù un drago buono alla volta non piacque affatto agli abitanti del villaggio.

Innanzitutto per farlo avrebbero dovuto affidarsi a un drago sordo e, secondo, non era detto che il drago sarebbe riuscito a riconoscere davvero tutti i vecchi compagni. Già non era il più sveglio fra i draghi prima dell’incantesimo, figurarsi con addosso cinquant’anni di inattività.

Terzo, e non ultimo, tutto sarebbe avvenuto per tramite di Nuvola che, nonostante avesse ormai perso l’appellativo d’invasata per il fatto di chiacchierare con nuvole e draghi sordi, agli occhi dell’intero villaggio restava comunque una ragazzina un po’ sprovveduta.

Tutti avevano paura che venissero tirati giù i draghi sbagliati e si dovesse ripartire da capo.

In meno di sette giorni.

Nuvola sfogliava le pagine alla ricerca del famigerato incantesimo, sentendosi addosso lo sguardo preoccupato di Tramonto.

– Non sai quanto mi senta in colpa per quello che è successo – osservò lui, mettendosi in grembo un libro a sua volta. – Ma, anche ripensandoci, non vedo cosa avrei potuto fare di più