In un mondo che è andato avanti…Roland Deschain è l’ultimo discendente della stirpe di Arthur Eld.

Queste sono le due semplici frasi che riassumono lo stato in cui si trova il protagonista della serie La Torre Nera e che fanno il punto della situazione nel settimo capitolo della graphic novel realizzata per mostrare la nascita del famoso pistolero generato dalla penna di Stephen King. Una nascita già mostrata in La Sfera del Buio, il quarto romanzo del famoso ciclo ambientato tra il nostro pianeta e il Medio-Mondo, ma che nella serie a fumetti riprende e sviluppa quegli eventi e quelle esperienze che lungo il cammino dei sette volumi di cui il ciclo della Torre Nera è finora composto erano state solamente accennate. Se in La Nascita del Pistolero, primo capitolo della graphic novel dedicata al passato di Roland, praticamente si metteva in immagini La Sfera del Buio, percorrendo un sentiero già battuto, con il secondo volume, La Lunga via del Ritorno, si comincia a far luce su quegli eventi a cui Roland fa semplicemente cenno al suo ka-tet durante il lungo cammino per raggiungere la Torre Nera, fulcro e ossessione della propria esistenza. Dopo la tragica fine in cui è incorsa l’amata Susan Delgado, Roland, nel ritornare insieme ad Alain e Chutbert dalla missione affidata dai loro padri, cade vittima del potere del Pompelmo di Maerlyn, costretto a vivere nelle illusioni che la sfera gli fa credere come realtà ingannandolo e condizionandolo, a vedere stralci di futuro di quello che diverrà, a confrontarsi con il Re Rosso; solo l’intervento di Sheemie, ora non più il semplice ragazzo ritardato salvato da Roland e compagni dai Grandi Cacciatori della Bara, riesce a riportarlo nella dimensione temporale conosciuta.

Il ritorno a Gilead non è però sinonimo di pace e riposo: nonostante tutto sia silente, il nemico si è insinuato tra le fila dei pistoleri e sta lavorando per la caduta di chi gli si oppone. Eventi resi ancora più gravi dal fatto che in parte sono operati da persone legate profondamente negli affetti ai protagonisti, che non si rendono conto che le loro debolezze sono semplicemente sfruttate per raggiungere il fine del nemico, che quanto promesso è solo menzogna. Una menzogna nella menzogna che con Tradimento vede l’inizio della rovina di quel baluardo che per anni è stato simbolo di giustizia ed equilibrio e che trova il suo compimento in La Caduta di Gilead, dove del regno così a lungo difeso non restano che Roland, i suoi compagni e giovani pistoleri che ancora non conoscono battaglie, dato tutti gli altri sono caduti sotto i colpi dei piani di Farson. L’apice della tragedia arriva con uno dei più cruenti e famosi scontri del Medio–Mondo, La Battaglia di Jericho Hill, il momento che vedrà sorgere il pistolero che i lettori della Torre Nera hanno avuto ben modo di conoscere e in cui si scoprirà il motivo della sua ricerca che continua senza fine, un protrarsi che si perpetua come una spirale di cui non si conosce il termine: Roland perde i compagni che l’hanno fin qui accompagnato, cominciando il cammino solitario e maledetto che si è arrivato a conoscere perché, come non faceva che ricordargli Vannay, coloro che non imparano dal passato sono condannati a ripeterlo; perché Roland è quello che non cambia mai, è quello che va avanti perché nel suo cuore, ben nascosto vive l’agrodolce fascino romantico della ricerca (1). E’ questo lo spirito che permea Il Viaggio comincia, dove il pistolero, ossessionato dal dover trovare la Torre Nera, perde Aileen, l’ultima compagna sopravvissuta a Jericho Hill, nonché donna innamorata di lui: ogni legame con il passato è spezzato, Roland, dinh di un potente ka-tet, diviene Roland il viaggiatore.

È così che dopo sei volumi che riprendono brandelli di racconti della vita del pistolero e li hanno fatti divenire storie che vanno a riempire lacune di un passato a tratti ignoto, in Le Piccole Sorelle di Eluria viene mostrato un capitolo di Roland di cui non si era sentito parlare prima. Un capitolo che come rivela King viene ispirato dal romanzo fantasy Il Talismano scritto assieme all’amico Peter Straub, in special modo dalla visione familiare evocata dalla splendida dimora della Regina Laura nei Territori; come scrive Robin Furth nell’introduzione al primo volume di Dark Tower: a Concordance, la storia di Roland non è un semplice racconto d’avventura, ma un pellegrinaggio attraverso le rovine del Medio-Mondo che riecheggiano costantemente di miti e narrazioni della nostra comune eredità culturale, dove, in questo caso, il pistolero incarna il mortale costretto a varcare le porte dell’Oltretomba (2).

Un capitolo che mostra come perdita e solitudine saranno le assidue compagne di un uomo costantemente in cerca, che può conoscere pace e riposo solo per brevi istanti nella propria vita. Una vita vissuta all’ombra di un sogno che gli farà perdere le cose importanti, non lo farà accorgere che quanto veramente conta è già nel presente e non in un futuro ancora da realizzare.

Un capitolo amaro e arido come il deserto in cui si vede Roland cavalcare nella prima scena, avanzando attraverso la feroce calura che secca ogni cosa; un luogo dove ogni cosa è morta, come se si trattasse di una regione dell’aldilà. Così appare Eluria, il villaggio in cui il pistolero entra: senza nessun segno vita, eccetto le macchie di sangue sul legno dei pavimenti, il corpo di un ragazzo in un abbeveratoio per cavalli e un cane inselvatichito che si ciba delle sue carni. E naturalmente i lenti mutanti usciti dall’ombra delle miniere venuti a prenderlo. Per quanto abile e veloce possa essere un figlio di Gilead addestrato all’uso delle pistole, poco può fare contro la brutale e semplice preponderanza numerica, se non andare incontro a un triste destino. Ma il ka ha in serbo un altro fato per l’unico sopravvissuto di Jericho Hill e un aiuto giunge inatteso; un aiuto che ha un suo fine e non è per nulla disinteressato e altruista, non importa se sulle sue vesti c’è il simbolo della Torre Nera: le illusioni alle volte possono essere più forti della realtà. O più semplicemente alle volte occorre tempo alla realtà per essere rivelata perché non sempre un candido manto è segno di bontà e benevolenza e non sempre una progenie oscura è sinonimo di malvagità e assenza di sentimenti.

Un’esperienza che il pistolero già segnato da tante vicende, ma pur sempre giovane, dovrà apprendere sacrificando gli ultimi rimasugli d’idealismo di un io che ormai non esiste più: sarà ancora una volta perdita, l’ennesimo pezzo di sé lasciato alle spalle sul sentiero che porta alla Torre Nera. Sarà l’inizio di una lunga lezione.

Con questo settimo capitolo s’arricchisce la graphic novel dedicata all’opera omnia di Stephen King, continuando a tenersi sul livello finora dimostrato in questa realizzazione: ci sono stati dei cambiamenti nello staff che ha seguito il progetto (Luke Ross in questo volume prende il posto di Sean Phillips, che a sua volta aveva preso quello di Jae Lee, affiancando Richard Isanove come disegnatore), ma lo standard qualitativo non ha conosciuto flessioni. I colori vengono ben usati per dipingere l’ambiente in cui Roland si muove: se nella parte riguardante gli esterni di Eluria le tonalità di giallo sono predominanti per mostrare l’aridità e il clima secco del deserto sabbioso, ma anche per rivelare attraverso il colorito della pelle la malattia che logora i lenti mutanti, in quella riguardante la degenza di Roland presso le Piccole Sorelle il nero diventa il colore dominante, assumendo colorazioni più cupe con sfumature calde e accese (arancione e rosso) per far percepire il senso di pericolo e minaccia o più fredde e rilassanti (blu e grigi) per rappresentare momenti di relativa calma e intimità; molto evocative le tavole in notturna, dando al paesaggio accarezzato dai raggi argentei della luna un’atmosfera soffusa e irreale, quasi da sogno, che sfumano nei lievi colori dell’alba che vede la ripresa del cammino del pistolero, accompagnandolo con toni violacei, presagio di ciò che è in attesa per l’uomo di Gilead. 

Il tratto ha mantenuto lo stile caratterizzato e dettagliato che ha accompagnato la serie fin dal primo numero, riuscendo ben a mostrare con tratti morbidi il rammarico e la perdita trapelanti dall’espressione del viso di un Roland ancora giovane, non indurito dal lungo cammino di anni e anni di scontri e privazioni, divenendo più spigoloso e tagliente quando definisce i lineamenti delle sue soccorritrici, facendosi quasi ispido e gibboso nel delineare i lenti mutanti. Una cura dei dettagli evidente nelle diverse splash page presenti nel volume e nei primi piani, specie quelli che si soffermano sugli occhi, ma che non viene meno anche nelle strisce più piccole.

Le Piccole sorelle di Eluria è altro tassello per scoprire il lungo cammino di una ricerca che è diventata leggenda, il quale aggiunge nelle sue ultime pagine l’anticipazione del primo capitolo di La Leggenda del Vento, nuovo romanzo in uscita il 13 novembre 2012 che cronologicamente è situato tra il quarto volume (La sfera del Buio) e il quinto (I Lupi del Calla) della serie, dove Roland narra al suo ka-tet (Jake, Susannah, Eddie e Oy) un’avventura avuta subito dopo la morte della madre, quando il padre l’aveva mandato a caccia di un assassino mutaforma.

(1) La Torre Nera, Stephen King – Sperling & Kupfer 2004, pag. 1103

(2) Le Piccole Sorelle di Eluria – Sperling & Kupfer 2012, Introduzione