Nel Medioevo, il poema epico prende la forma della chanson de geste e l’eroe classico si trasforma in cavaliere. In Bretagna, i racconti hanno per protagonisti i paladini di Carlo Magno; in Britannia, quelli della Tavola Rotonda, Lancillotto, Ivano, Parsifal e compagni. Da qui i nomi: “Ciclo carolingio” e “Ciclo arturiano”. Al secondo filone appartiene Sir Gawain e il Cavaliere Verde, un poemetto in Middle English sopravvissuto in un solo manoscritto, anonimo, della fine del Trecento. Vi si narra un’avventura di Galvano, cavaliere di Re Artù, che raccoglie la sfida d’un misterioso campione armato di ascia, verde nei vestiti e nella pelle, che lo invita a infliggergli un fendente senza potersi difendere, a patto che egli stesso possa restituire il colpo dopo un anno e un giorno. Galvano accetta e decapita lo sfidante; ma questi non muore e, raccolta la propria testa, riparte ricordando la promessa fattagli. Segue il lungo viaggio del cavaliere incontro al proprio destino, dimostrazione dei suoi valori cortesi.

Altro importante filone della letteratura fantastica è quello fiabesco. A lungo tramandate oralmente, le fiabe popolari sono state trascritte e raccolte solo in tempi relativamente recenti. A inizio Ottocento, proseguendo lungo la strada aperta da Charles Perrault con i Racconti di mia madre l’Oca (1697), i tedeschi Jakob e Wilhelm Grimm pubblicano le loro Kinder- und Hausmärchen (Fiabe per bambini e famiglie). Tra esse, quelle di Biancaneve, Cenerentola, Hänsel e Gretel, Cappuccetto Rosso, Rosaspina (altrimenti nota come “la bella addormentata nel bosco”), Raperonzolo, il gatto con gli stivali, Pollicino e centinaia d’altri – e altre. Fanno da pendant I racconti delle fate di Carlo Collodi – pubblicati nel 1875, sei anni prima di Pinocchio – anch’essi presi da Perrault.

L’Ottocento è il secolo in cui si afferma anche un altro sottogenere del fantastico, il romanzo gotico, che nel catalogo Adelphi trova come unico riscontro le Sette storie gotiche (1934) della danese Karen Blixen. Per il carattere più metaforico, che orrorifico, nonostante la presenza di fantasmi e possessioni demoniache – nonché l’aggettivo nel titolo – la raccolta non è però abitualmente citata tra i classici del filone. Dice Mario Praz nell’introduzione: “In lei il fiabesco nasce spontaneo, e altrettanto spontaneamente si ambienta contro lo sfondo del suo paese, la Danimarca. I fantasmi entrano in scena come la cosa più naturale del mondo, nei suoi racconti, e le metamorfosi dei personaggi (…) si accettano quasi senza sorpresa”.

Con Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni (1884) di Edwin Abbott Abbott, che Adelphi ha pubblicato per prima in Italia nel 1966, ci lasciamo alle spalle – per il momento – dèi, eroi, fatine e cavalieri per entrare in un mondo immaginario abitato da figure geometriche: Flatlandia, per l’appunto, o “Paese del Piano”. Fa da guida al lettore un eccellente Quadrato, che prima ne descrive il sistema sociopolitico, quindi sogna d’un mondo unidimensionale – Linelandia, o “Paese della Linea” – e infine ha una conversazione con una Sfera proveniente da un universo tridimensionale. Difficilmente attribuibile a un genere letterario, Flatlandia è molto popolare tra matematici e scienziati, in quanto affronta il concetto di un mondo multidimensionale. Infatti, durante l’incontro con la Sfera, il Quadrato arriva a ipotizzare la presenza di un mondo descritto da più di tre coordinate. Il racconto è anche un’originale satira della società vittoriana, nella quale le figure rappresentano le classi sociali: i Triangoli, soldati e operai; i Quadrati e i Pentagoni, i professionisti; i Poligoni, l’aristocrazia; i Circoli, i sacerdoti; le Linee Rette, le donne.

La nube purpurea (1901) di Matthew Phipps Shiel è il primo testo di fantascienza che incontriamo nel catalogo Adelphi – anche se qualcuno include Flatlandia in questa categoria – e fra i primi annoverabili nel sottogenere apocalittico, incentrato su un qualche tipo di disastro naturale o artificiale che pone fine all’umanità. Nel nostro caso, trattasi della nuvola vermiglia del titolo, sprigionata nell’atmosfera terrestre durante una spedizione scientifica al Polo Nord, che rapidamente si diffonde per il globo sterminando ogni forma di vita. Si salva il dottor Adam Jefferson, che comincia una disperata peregrinazione in una Terra ormai disabitata, fino ad un inaspettato incontro finale.