— Commercianti in conchiglie e spezie. 

Timbrò un foglio e lo consegnò a Decanor. 

— Siete liberi di sostare a Guarto per tre giorni, signori. Il vostro permesso di soggiorno. Il mercato si terrà domani nella piazza principale.

— Più che il mercato — sbuffò Decanor con un plateale gesto di stanchezza — io e il mio aiutante gradiremmo pranzare. Sapreste indicarci una locanda degna di tal nome?

L’altro ci pensò su. 

— La Colata d’Argento. Imboccate quella stradina per un centinaio di metri e proseguite fino al porto. Fanno la migliore zuppa di pesce dell’isola. E… — esitò un attimo — dite che vi manda Sanello il portuale. Sapete, per la commissione.

Si avviarono di buon passo. Smirer, spalle larghe e testa tozza, detestava la luce del sole, e aveva passato gran parte del viaggio chiuso sottocoperta, emergendone pallido come la morte. Era infilato in un lungo saio nero con un cappuccio calato sul viso. Solo le mani tozze spuntavano dalle larghe maniche. Muoveva la testa a scatti, come un serpente, osservando e registrando l’aspetto degli edifici, la forma e il modo in cui erano stati realizzati. L’aspetto goffo e impacciato cozzava con il lampo di intelligenza degli occhi arrossati.

Decanor capì che già all’imbocco della strada, inerpicata in mille curve su per il costone roccioso e stretta tra case e botteghe, Smirer aveva scoperto qualcosa.

— Guardate le colonne di quella Chiesa — biascicò il minatore — Prive di giunzioni fra blocchi. Osservate quel tetto. Sembra ghiaccio fuso e poi congelato di nuovo. Questa non è una pietra normale. Non ha venature. Non presenta segni di scalpello.

Decanor si fermò davanti a un’insegna in ferro. Raffigurava un secchio da cui sgorgava un liquido argentato e dondolava mossa dalla brezza del mare con un invitante cigolio. — Qui troveremo delle risposte — disse, spingendo la porta a vetri.

L’interno era luminoso e pulito, le pareti decorate con reti da pesca e stelle marine. L’aria salmastra filtrava dalle finestre aperte, mitigando la puzza di sudore e tabacco. Un corpulento oste, con la pannella sporca di sugo, li fece accomodare. Portò una brocca di vino bianco e consigliò il piatto del giorno.

— Granchi con sugo rosso e pesce bollito — esclamò soddisfatto lisciandosi i folti baffi — Se siete stufi di mangiare pescato, non posso farci nulla. Qui sull’Isola non abbiamo animali, a parte qualche capra selvatica e un po’ di galline anemiche.

Accettarono il consiglio di buon grado. Nell’attesa attaccarono bottone con uno dei clienti, un un uomo anziano ben vestito che sorseggiava una zuppa di frutti di mare. Quando il discorso scivolò sulle attività economiche dell’isola, rimasero stupiti nel sentirlo affrontare proprio l’oggetto delle loro ricerche.

— La maggior parte dei mercanti viene a Guarto per la Giada — borbottò il vecchio compiaciuto, versandosi del vino. — Anche se fanno finta di non saperne nulla. E’ l’unica cosa che ci rende famosi nell’arcipelago e, dicono, anche sul lontano Continente.

— A pensar bene — disse Decanor in tono distratto, — potrebbe essere una occasione di commercio. Dove si compra? Direttamente nelle cave?

— Cave? — l’altro scoppiò un una sonora risata, incapace di trattenersi. Dopo essersi quasi strozzato si asciugò una lacrima e proseguì  — cave! Ma da dove arrivate voi due? Non ci sono cave sull’isola. La Giada non si estrae dal terreno.

Vedendo le espressione stupefatte assunse un tono serio. 

— Quella che voi chiamate pietra in realtà è una mistura. Un composto! — sgranocchiò un dolcetto allo zenzero e continuò con la bocca piena — Una formula segreta, tramandata da generazioni. Io so solo che la base è la pietra pomice del vulcano, per il resto… 

— Una mistura?

— Certo! Una volta confezionata si allunga con acqua dolce, non salata mi raccomando, e si impasta sino a farla divenire fluida. Solo i maestri muratori conoscono gli ingredienti e le proporzioni esatte. Non appena pronta si getta in apposti casseri e si lascia asciugare per due settimane. E il gioco è fatto.

Decanor si illuminò, fissando il compare. — Ecco perché gli edifici hanno un aspetto vetroso. Non sono pietre tagliate e assemblate. Sono getti di roccia solidificata. — s’interruppe per assimilare la scoperta — Affascinante. Si possono modellare forme geometriche di ogni tipo. E di ogni resistenza.

— Esatto — suggerì l’anziano cliente, alzandosi e buttando una moneta sulla tavola. — Nelle botteghe la mistura si vende a peso. Pochi chili costano una cifra considerevole, ma solo per i forestieri. Gli abitanti dell’isola la ottengono a molto meno — strizzò l’occhio con un gesto di complicità — Non datevi troppo da fare. Nessuno vi venderà mai la formula.