Prime aspettative dal trailer: prendete 1984 di George Orwell, una società post-apocalittica con pochissimi sopravvissuti divisa con la violenza in caste e un ecosistema chiuso come una sfera di Dyson. 

Poi stipate tutto in un treno e avrete una prima idea di cosa aspettarvi da Snowpiercer di Bong Joon-Ho.

Siamo nel 2031, 17 anni dopo un maldestro tentativo di risolvere il problema del riscaldamento globale che invece ha provocato una nuova era glaciale che ha spazzato via quasi tutta l'umanità.

Quello che resta del genere umano si trova confinato nel più incredibile dei contesti: un treno che viaggia su una rotaia che si stende senza interruzioni per l'intero pianeta ghiacciato. Al suo interno un'umanità che è la fotografia delle classi sociali e delle relative possibilità economiche di coloro che riuscirono 17 anni prima a salire sul treno, progettato dal magnate Willford. 

Nei sovraffollati vagoni di coda abitano le fasce più povere, coloro che all'epoca furono accolti pur non potendo pagare il biglietto. Più avanti le classi più abbienti fino alla locomotiva, dove si trova il rifugio solitario di Willford (Ed Harris).

I poveri vengono nutriti giornalmente con un composto proteico di sintesi in cambio di obbedienza cieca al volere dei più ricchi e di un tributo periodico di loro componenti, adulti o bambini, chiamati nei vagoni più avanzati senza fornire alcuna giustificazione.

La punizione per chi si ribella è spietata, anche se non sempre mortale: torture e amputazioni degli arti sembrano essere preferitbili alle esecuzioni. Tutto in nome di una presunta magnanimità di Willford, il cui braccio operativo è la dispotica Mason (Tilda Swinton).

Come altri in passato prima di lui, Curtis (Chris Evans) non ci sta più. Ha passato più della metà degli anni della sua vita sul treno. Ha ricordi vaghi di com'era la vita prima e dei primi concitati giorni sul treno, ma sa che non riesce più a tollerare la dittatura classista che subisce ogni giorno. Così la pensa anche il suo amico e protetto, il giovane Edgar (Jamie Bell) anche se il loro mentore, il leader della comunità Gilliam (John Hurt), consiglia prudenza.

L'occasione arriverà quando da un misterioso alleato dei vagoni avanzati cominceranno ad arrivare dei messaggi che rivelano a Curtis che nel locale prigioni si trova un uomo che conosce tutti i sistemi di sicurezza del treno, ossia il progettista Namgoong Minsu (Kang-ho Song). Curtis mette a punto un piano disperato e organizza una ribellione per risalire fino alla testa del treno, e mettere fine alla dittatura di Willford.

Alla ribellione, con diversi scopi, si aggregheranno in molti, tra i quali la più agguerrita è Tanya (Octavia Spencer) che vuole sapere cosa ne è stato del figlio, portato poco tempo prima nei vagoni avanzati.

L'avanzata del gruppo di disperati non sarà solo una lotta mortale per sopravvivere, ma anche una continua scoperta del significato stesso del mondo in cui vivono, del suo funzionamento interno e dei residui di umanità che presenta. Oltre ad avere intenzioni e aspettative diverse da questo viaggio, ciascuno dei personaggi scopre e rivela gradualmente se stesso allo spettatore.

Una delle grandi domande è: in cosa questa nuova ribellione sarà diversa dalle precedenti? Riuscirà il gruppo di rivoltosi nell'impresa nella quale hanno in passato fallito in tanti?

La storia è un crescendo di colpi di scena, di ribaltamenti e di spiazzamenti continui. Niente affatto limitato dall'angustia del luogo, Snowpiercer dispensa idee visive e narrative per almeno tre film anche se, per fortuna, sembra che il finale non consenta sequel che stemperino l'impatto della folgorante idea iniziale.

Se ho esordito dichiarando apertamente le mie aspettative pregresse, posso anche dirvi ora che nel film c'è molto, ma molto di più di quello che sembra all'inizio. La scoperta è continua.

La storia è una estrapolazione dei concetti e delle situazioni presenti in un fumetto francese, intitolato in originale Le Transperceneige (che sta per arrivare in Italia in volume, pubblicato dalle Edizioni Cosmo). Si tratta di una produzione che ha visto coinvolti tre diversi paesi, la Corea del Sud, gli Stati Uniti d'America e la Francia, ma non è un facile blockbuster, anche se con quel tipo di cinema ha una certa affinità di linguaggio cinematografico.

Bong Joon-Ho usa il suo cast all-star rifuggendo le retoriche divistiche, delineando personaggi più complessi di quanto non appaia in superficie all'inizio, compiendo durante tutto il film un lavoro di scavo interiore, quasi di scorticamento della loro pelle.

Non siamo davanti a un film che fornisca morali. Tutt'altro. Come i migliori post-apocalittici mostra individui posti davanti al conflitto continuo tra bene comune e sopravvivenza individuale e che sono alle prese con le scelte necessarie alla loro sopravvivenza, ma talvolta, anzi la maggior parte delle volte, scoprono che ambiente ed eventi sono preponderanti rispetto alle scelte.

La macchina da presa si muove vorticosamente per tutto il film. Non solo per evocare il tremolio del treno, con il rumore di rotaie sempre sullo sfondo, ma anche per seguire azioni frenetiche, spiazzanti capovolgimenti di punti di vista e cambiamenti repentini di luci e ombre, passando dai chiaroscuri ai mezzi toni, per arrivare dall'abbacinante splendore del mondo coperto di ghiaccio fino all'oscurità più totale. 

La linearità dell'ambiente è sottolineata molto spesso da carrellate avanti tutta a forte velocità, che durante i momenti più concitati immergono nell'azione.

Il treno è il co-protagonista del film, visto sia dall'esterno che sviscerato in ogni suo ambiente. Sono tanti e vari i set del film e ciascuno completa in modo compiuto la narrazione per immagini della storia.

La perfetta fusione di ambiente, recitazione convincente degli attori, un plot coerente e vibrante uniti alla validissima partitura musicale di Marco Beltrami, rendono Snowpiercer un film imperdibile, un nuovo punto di riferimento nella cinematografia fantascientifica e non.