Jasnah lanciò un'occhiata alla sala del banchetto. Quando si era allontanato suo padre? Superficiale, accusò sé stessa. Avresti dovuto controllare se era ancora lì prima di uscire.

Più avanti, Gavilar posò la mano sulla spalla di Amaram e alzò un dito, rivolgendosi a lui in tono severo ma sommesso, cosa che impedì a Jasnah di decifrare le parole.

«Padre?» chiese.

Lui la guardò. «Ah, Jasnah. Ti stai ritirando così presto?»

«Non è proprio presto» disse Jasnah avanzando. Le sembrava evidente che Gavilar e Amaram erano sgattaiolati fuori per poter discutere in privato. «Questa è la parte noiosa della festa, dove le conversazioni sono più fragorose ma non più intelligenti, e la compagnia è ubriaca.»

«Molti lo considerano piacevole.»

«Molti, purtroppo, sono degli idioti.»

Suo padre sorrise. «E proprio così difficile per te?» le chiese piano. «Vivere con il resto di noi, tollerare la nostra intelligenza nella media e i nostri pensieri semplici? Il fatto di essere unica nella tua genialità non ti rende sola, Jasnah?»

Jasnah prese il rimprovero per quello che era e si ritrovò ad arrossire. Perfino sua madre, Navani, non riusciva ad avere quell'effetto su di lei.

«Forse se trovassi una compagnia piacevole,» disse Gavilar «ti godresti i festeggiamenti.» I suoi occhi si spostarono verso Amaram, che da lungo tempo aveva immaginato come un potenziale consorte per lei.

Non sarebbe mai accaduto. Amaram incontrò lo sguardo di Jasnah, poi mormorò parole di congedo a suo padre e si allontanò rapidamente lungo il corridoio.

«Che incarico gli avete affidato?» chiese Jasnah. «Qual è il vostro scopo di stanotte, padre?»

«Il trattato, naturalmente.»

Il trattato. Perché gliene importava così tanto? Altri gli avevano

consigliato di ignorare i Parshendi o di conquistarli. Gavilar aveva insistito per una soluzione diplomatica.

«Dovrei tornare alla celebrazione» disse Gavilar, facendo un cenno a Tearim. I due si allontanarono per il corridoio in direzione delle porte da cui era uscita Jasnah.

«Padre?» gli chiese. «Cosa c'è che non mi state dicendo?»

Lui tornò a guardarla e si soffermò. Occhi verde pallido, prova dei suoi nobili natali. Quando era diventato così perspicace? Tempeste... Jasnah aveva quasi l'impressione di non conoscerlo più. Una trasformazione tanto impressionante in così breve tempo.

Dal modo in cui lui la esaminò, parve quasi che non si fidasse di lei. Sapeva del suo incontro con Liss?

Gavilar si voltò senza dire altro e tornò alla festa, seguito dalla sua scorta.

Cosa sta succedendo in questo palazzo?, pensò Jasnah. Prese un respiro profondo. Avrebbe dovuto indagare ulteriormente. Sperava che suo padre non avesse scoperto del suo incontro con degli assassini, ma in caso contrario l'avrebbe rigirato a suo vantaggio. Di sicuro Gavilar avrebbe capito che c'era bisogno di qualcuno che tenesse d'occhio la famiglia ora che lui era sempre più affascinato dai Parshendi. Jasnah si voltò e continuò per la sua strada, superando un maestro-servitore che le rivolse un inchino.

Dopo aver percorso i corridoi per breve tempo, Jasnah notò che la sua ombra aveva ricominciato a comportarsi in modo strano. Sospirò dall'irritazione mentre quella si allungava verso le tre lampade a Folgoluce alle pareti. Per fortuna aveva superato la zona popolata e lì in giro non c'erano altri servitori.

«D'accordo» sbottò. «Ora basta.»

Non era sua intenzione parlare ad alta voce. Ma quando le parole scivolarono fuori, diverse ombre distanti — che avevano origine e si intersecavano più avanti — presero vita. A Jasnah si mozzò il fiato. Quelle ombre si allungarono, diventarono più profonde. Da esse presero forma delle figure che crebbero e si alzarono.

Folgopadre. Sto impazzendo.

Una assunse la forma di un uomo nero come la notte, anche se aveva una specie di patina riflettente, come se fosse fatto di olio. No... di qualche altro liquido con un rivestimento di olio che galleggiava all'esterno, dandogli una qualità scura e prismatica.

La figura avanzò verso di lei e sguainò una spada.

Jasnah fu guidata da una logica fredda e risoluta. Urlare non avrebbe fatto accorrere aiuto abbastanza in fretta, e la nera flessuosità di quella creatura lasciava intendere una velocità che sicuramente superava la sua.

Rimase dov'era e incontrò lo sguardo della cosa, facendola esitare. Dietro di essa, un piccolo capannello di altre creature si era materializzato dal buio. Jasnah aveva percepito quegli occhi su di sé nei mesi precedenti.

Ora l'intero corridoio si era offuscato, come se fosse stato sommerso e stesse sprofondando lentamente in abissi senza luce. Con il cuore che le martellava e il respiro che accelerava, Jasnah sollevò la mano sulla parete di granito accanto a lei, cercando di toccare qualcosa di solido. Le sue dita affondarono un poco nella pietra, come se il muro fosse diventato fango.