Oh, tempeste. Doveva fare qualcosa. Ma cosa? Cosa mai poteva fare?

La figura di fronte a lei lanciò un'occhiata alla parete. La lampada a muro più vicina a Jasnah si spense. E poi...

Poi il palazzo si disintegrò.

L'intero edificio andò in pezzi, migliaia e migliaia di piccole sfere di ghiaccio, come perline. Jasnah urlò mentre cadeva all'indietro attraverso un cielo scuro. Non era più nel palazzo. Era da qualche altra parte: un'altra terra, un altro tempo, un altro... qualcosa.

L'unica cosa che riusciva a vedere era la figura scura e lucida che aleggiava nell'aria sopra di lei, all'apparenza soddisfatta mentre rinfoderava la spada.

Jasnah si schiantò contro qualcosa: un oceano di quelle perline di vetro. Attorno a lei ne piovvero innumerevoli altre, schioccando come grandine in quello strano mare. Non aveva mai visto quel posto: non riusciva a spiegare cosa fosse accaduto o cosa significasse. Si dibatté mentre affondava in quello che sembrava qualcosa di impossibile. Perline di vetro da tutti i lati. Non poteva vedere nient'altro; poteva solo percepire sé stessa inabissarsi in quella massa schioccante, soffocante, semovente.

Stava per morire. Avrebbe lasciato il suo lavoro incompiuto, la sua famiglia senza protezione!

Non avrebbe mai conosciuto le risposte.

No.

Jasnah si sbracciò in quell'oscurità; le perline le rotolavano sulla pelle, penetrando tra i suoi vestiti e infilandosi nel naso mentre cercava di nuotare. Era inutile. Non poteva galleggiare in quel caos. Sollevò una mano davanti alla bocca e cercò di creare una sacca d'aria per respirare, e riuscì a prendere un po' di fiato. Ma le perline rotolarono attorno alla sua mano, costringendo le dita a divaricarsi. Affondò, ora più lentamente, come attraverso un liquido viscoso.

Ogni perlina che toccava le dava una vaga sensazione di qualcosa. Una porta. Un tavolo. Una scarpa.

Le perline si introdussero nella sua bocca. Sembravano muoversi di volontà propria. L'avrebbero soffocata, distrutta. No... no, era solo perché sembravano attratte da lei. Le venne in mente un'impressione: non un pensiero definito, ma una sensazione. Volevano qualcosa da lei.

Afferrò una perlina nella mano; le dava l'impressione di una coppa. Jasnah le diede... qualcosa? Le altre perline vicino a lei si avvicinarono tra loro, unendosi, attaccandosi come pietre sigillate da malta. Un attimo dopo lei non stava cadendo tra perline individuali, ma tra grandi masse appiccicate assieme con la forma di...

Una coppa.

Ogni perlina era uno schema, una guida per le altre.

Lasciò andare quella che teneva in mano e le perline attorno a lei si staccarono. Annaspò, cercando frenetica mentre la sua aria si esauriva. Le serviva qualcosa da poter usare, qualcosa che la aiutasse, un qualche modo per sopravvivere! Disperata, allargò le braccia per toccare più perline possibile.

Un vassoio d'argento.

Uno stemma.

Una statua.

Una lanterna.

E poi, qualcosa di antico.

Qualcosa di pesante e lento nei pensieri, eppure qualcosa diforte.11 palazzo stesso. Agitata, Jasnah afferrò quella sfera e vi infuse il suo potere. Con la mente offuscata, diede a quella perlina tutto ciò che aveva e le ordinò di sorgere.

Le perline si mossero.

Risuonò uno schianto fragoroso quando le perline si incontrarono, schioccando, crepandosi, sbatacchiando. Fu quasi come il suono di un'onda che si infrange sulle rocce. Jasnah emerse dagli abissi con qualcosa di solido che si muoveva sotto di lei, obbedendo al suo comando. Le perline le percossero testa, spalle e braccia fin quando, finalmente, lei non esplose dalla superficie del mare di vetro, scagliando nel cielo scuro uno zampillo di perline.

Si inginocchiò su una piattaforma di vetro formata da perline serrate assieme. Tenne la mano di lato, il palmo all'insù, afferrando la sfera che era la guida. Altre rotolarono attorno a lei, assumendo la forma di un corridoio con lanterne alle pareti e un incrocio più avanti. Non sembrava giusto, naturalmente: tutto sembrava fatto da perline. Ma era un'approssimazione accettabile.

Non era abbastanza forte da formare l'intero palazzo. Creò solo quel corridoio, senza nemmeno il soffitto, ma il pavimento la sosteneva e le impediva di affondare. Aprì la bocca con un gemito e ne

uscirono delle perline che caddero schioccando sul pavimento. Poi tossì, prendendo dolci respiri, con il sudore che le colava lungo i lati della faccia e si raccoglieva sul mento.

Davanti a lei, la sagoma scura salì sulla piattaforma e sguainò di nuovo la spada.

Jasnah sollevò una seconda perlina, la statua che aveva percepito prima. Le diede potere e altre perline si radunarono di fronte a lei, assumendo la forma di una delle statue allineate sul davanti della sala dei banchetti: la statua di Talenelat'Elin, Araldo della Guerra. Un uomo alto e muscoloso con una grande Stratolama.