Smettila!, pensò rivolta a sé stessa. Smettila di pensare come una studiosa per un folgorato giorno!

«Ci assumiamo la responsabilità per la sua morte» disse la Parshendi più avanti. Gangnah era una femmina, anche se con i Parshendi le differenze di sesso sembravano minime. Gli abiti nascondevano seni e fianchi, anche se ambedue non erano mai molto pronunciati. Per fortuna, la mancanza di barba era un'indicazione precisa. Tutti i Parshendi uomini che lei aveva visto portavano la barba, nella quale legavano pezzetti di gemme, e...

Smettila!

«Cosa avete detto?» domandò Jasnah, costringendosi ad alzarsi in piedi. «Perché sarebbe colpa vostra, Gangnah?»

«Perché abbiamo assoldato noi l'assassino» disse la donna parshendi nella sua voce cantilenante dall'accento marcato. «Noi abbiamo ucciso vostro padre, Jasnah Kholin.»

«Voi...»

Le sue emozioni divennero improvvisamente fredde, come un fiume che congelava tra le alture. Jasnah spostò lo sguardo da Gangnah a Klade e Varnali. Anziani, tutti e tre. Membri del consiglio di governo dei Parshendi.

«Perché?» sussurrò Jasnah.

«Perché doveva essere fatto» disse Gangnah.

«Perché?» insistette Jasnah, venendo avanti. «Ha combattuto per voi! Ha tenuto a bada i predatori! Mio padre voleva la pace, brutti mostri! Perché ci avete tradito, proprio ora?»

Gangnah tirò le labbra in una linea. La cantilena della sua voce cambiò. Sembrò quasi una madre che spiegava qualcosa di molto difficile a un figlio piccolo. «Perché vostro padre stava per fare qualcosa di molto pericoloso.»

«Mandate a chiamare il luminobile Dalinar!» gridò una voce fuori in corridoio. «Tempeste! I miei ordini sono arrivati a Elhokar? Il principe ereditario deve essere portato al sicuro!» L'altoprincipe Sadeas entrò barcollando nella stanza con una squadra di soldati. Il suo volto bulboso e rubicondo era umido di sudore e indossava i vestiti di Gavilar, le vesti regali della sua carica. «Cosa ci fanno qui i selvaggi? Tempeste! Proteggete la principessa Jasnah. Colui che ha fatto questo... era nel loro seguito!»

I soldati andarono a circondare i Parshendi. Jasnah li ignorò, voltandosi e indietreggiando fino alla porta rotta, la mano sulla parete, poi guardò giù verso suo padre steso sulle rocce sottostanti, la Lama accanto al corpo.

«Ci sarà guerra» mormorò. «E io non mi metterò in mezzo.» «Questo è compreso» disse Gangnah da dietro.

«L'assassino» disse Jasnah. «Ha camminato sul muro.» Gangnah non disse nulla.

Il suo mondo era andato in pezzi, ma Jasnah si aggrappò a quel frammento. Aveva visto qualcosa stanotte. Qualcosa di teoricamente impossibile. Era collegato agli strani spren? Alla sua esperienza in quel luogo di perline di vetro e con un cielo scuro?

Quelle domande divennero la sua ancora di salvezza per non perdere il senno. Sadeas pretese risposte dai capi dei Parshendi. Non ne ricevette nessuna. Quando le si accostò e vide il macello lì sotto, si precipitò via chiamando a gran voce le sue guardie e correndo da basso per raggiungere il re caduto.

Ore dopo si scoprì che l'assassino — così come i tre capi dei Parshendi consegnatisi spontaneamente — aveva coperto la fuga di buona parte della delegazione. Erano scappati in tutta fretta dalla città e la cavalleria che Dalinar mandò al loro inseguimento fu distrutta. Cento cavalli, ognuno quasi inestimabile, persi assieme ai loro cavalieri.

I capi dei Parshendi non dissero altro e non fornirono altri indizi, perfino quando furono appesi e impiccati per i loro crimini.

Jasnah ignorò tutto ciò. Invece interrogò le guardie sopravvissute per sapere cosa avevano visto. Seguì piste sulla natura dell'assassino ora famoso, estorcendo informazioni a Liss. Non ottenne quasi nulla. Liss lo aveva posseduto solo per breve tempo e affermava di non aver saputo nulla dei suoi strani poteri. Jasnah non riuscì a trovare il suo padrone precedente.

Poi passò ai libri. Uno sforzo zelante e frenetico per distrarla da quello che aveva perso.

Quella notte, Jasnah aveva visto l'impossibile.

Avrebbe appreso cosa voleva dire.