È possibile che gli studiosi abbiano cercato nelle rovine sbagliate per tutto questo tempo?, si domandò.

Delle parole riecheggiarono nel corridoio, un po' più avanti. «Sono preoccupato per Ash.»

«Tu sei preoccupato di tutto.»

Jasnah esitò nel corridoio.

«Sta peggiorando» continuò la voce. «Non avremmo dovuto peggiorare. Io sto peggiorando? Credo di sentirmi peggio.» «Chiudi il becco.»

«Non mi piace tutto questo. Ciò che abbiamo fatto era sbagliato. Quella creatura porta la Lama stessa del mio signore. Non avremmo dovuto permettergli di tenerla. Lui...»

I due superarono l'angolo davanti a Jasnah. Erano ambasciatori dall'Ovest, incluso l'uomo azish con la voglia bianca sulla guancia. O era una cicatrice? Il più basso dei due — poteva essere Alethi — si interruppe quando notò Jasnah. Cacciò uno strillo, poi si affrettò per la sua strada.

L'Azish, quello vestito in nero e argento, si fermò e la squadrò da capo a piedi.

«Il banchetto è già finito?» chiese Jasnah lungo il corridoio. Suo fratello aveva invitato quei due alle celebrazioni, così come ogni altro alto dignitario straniero a Kholinar.

«Sì» disse l'uomo.

Il suo sguardo la metteva a disagio. Jasnah avanzò comunque. Dovrei informarmi meglio su questi due, pensò. Aveva fatto indagini sul loro passato, naturalmente, e non aveva trovato nulla degno di nota. Stavano parlando di una Stratolama?

«Andiamo!» disse l'uomo più basso, tornando indietro e prendendo quello più alto per il braccio.

Lui gli permise di trascinarlo via. Jasnah arrivò all'incrocio dei corridoi e li osservò allontanarsi.

Dove prima erano risuonati i tamburi, all'improvviso si levarono delle urla.

Oh no...

Jasnah si voltò allarmata, poi raccolse la gonna e corse più veloce che poteva.

Le vennero in mente una dozzina di diversi disastri potenziali. Cos'altro poteva accadere quella notte confusa, in cui le ombre si alzavano in piedi e suo padre la guardava con sospetto? Con i nervi a fior di pelle, raggiunse le scale e iniziò a salirle.

Le occorse troppo tempo. Udì le urla mentre saliva e sbucava finalmente nel caos. Cadaveri in una direzione, una parete demolita nell'altra. Come...

La distruzione conduceva verso le stanze di suo padre.

L'intero palazzo tremò e uno scricchiolio riecheggiò da quella direzione.

No, no, no!

Superò pareti di pietra tagliate da una Stratolama mentre correva. Per favore.

Cadaveri con occhi bruciati. Corpi sparpagliati sul pavimento come ossicini scartati al tavolo della cena.

Non questo.

Una porta rotta. Gli alloggi di suo padre. Jasnah si fermò nel corridoio, annaspando.

Controllati, controlla...

Non ci riusciva. Non ora. Agitata, corse negli alloggi, anche se uno Stratoguerriero l'avrebbe potuta uccidere con facilità. Non stava pensando nel modo giusto. Sarebbe dovuta andare a prendere qualcuno che potesse aiutarla. Dalinar? Era sicuramente ubriaco. Sadeas, allora.

La stanza sembrava essere stata colpita da un'altempesta. I mobili erano a pezzetti, schegge ovunque. Le porte per il balcone erano rotte verso l'esterno. Qualcuno barcollò verso di esse, un uomo nella Stratopiastra di suo padre. Tearim, la guardia del corpo.

No. L'elmo era rotto. Non era Tearim, ma Gavilar. Qualcuno sul balcone urlò.

«Padre!» gridò Jasnah.

Gavilar esitò, poi uscì sul balcone e si voltò a guardarla. Il balcone si ruppe sotto il suo peso.

Jasnah urlò, scattando attraverso la stanza fino al balcone spezzato, cadendo in ginocchio sul bordo. 11 vento le strattonò via ciocche di capelli dalla crocchia mentre osservava i due uomini cadere.

Suo padre e lo Shin in bianco che aveva visto al banchetto.

Lo Shin brillava di una luce bianca. Cadde sulla parete. La colpì rotolando, poi si arrestò. Si alzò in piedi, restando in qualche modo sul muro esterno del palazzo senza cadere. Sfidava ogni logica.

Si voltò, poi avanzò verso suo padre.

Jasnah osservò, raggelata e impotente, mentre l'assassino scendeva da suo padre e si inginocchiava sopra di lui.

Le caddero lacrime dal mento e il vento le prese. Cosa stava facendo laggiù? Non riusciva a distinguerlo.

Quando l'assassino si allontanò, si lasciò alle spalle il cadavere di suo padre. Impalato su un pezzo di legno. Era morto... morto davvero: la sua Stratolama era apparsa al suo fianco, come facevano tutte quante quando il loro Portatore moriva.

«Ho faticato tanto...» sussurrò Jasnah, intorpidita. «Tutto ciò che ho fatto per proteggere questa famiglia...»

Come? Liss. Era stata Liss a farlo!

No. Jasnah non stava ragionando bene. Quello Shin... Lei non avrebbe ammesso di possederlo in un caso del genere. Lo aveva venduto. «Siamo spiacenti per la vostra perdita.»

Jasnah si girò, sbattendo le palpebre su occhi annebbiati. Tre Parshendi, tra cui Klade, erano sulla soglia nei loro abiti peculiari. Stole di stoffa cucite con cura per uomini e donne, fusciacche in vita, camicie ampie senza maniche. Farsetti pendenti, aperti sui lati, intessuti in colori vivaci. Non separavano gli abiti per genere. Ma lei pensava che lo facessero per casta e...