Zootropolis non è Topolinia: questo abbiamo compreso del nuovo lungometraggio dei Walt Disney Animation Studios alla presentazione condotta dal produttore Clark Spencer a Milano il 7 ottobre 2015.

Spencer è un veterano dei Walt Disney Animation Studios, dove lavora da più di vent'anni ricoprendo diversi ruoli di spicco, ha prodotto nel 2012 il film d’animazione diretto da Rich Moore e candidato all’Oscar Ralph Spaccatutto.

All'incontro della mattina ha raccontato l'esperienza del cambiamento avvenuto in Disney con l'arrivo di Lasseter e ha presentato alla platea alcune clip, i personaggi principali e spiegato alcuni dei making of del film, una commedia avventurosa ambientata nella moderna metropoli di Zootropolis, nella quale convivono in diversi ambienti, diverse specie di mammiferi, dai più grandi ai più piccoli, dalle prede ai predatori.

Una città composta da quartieri differenti tra di loro, dal Sahara Square alla gelida Tundratown e nella quale tra elefanti e topiragno, volpi e conigli etc. etc., la convivenza sembra pacifica.

L'idea principale, forse il mcguffin del film è che tutti gli animali rappresentano lo stereotipo con il quale sono noti e ciascuna delle razze si rapporta all'altra aspettandosi che si comporti secondo questa idea preconcetta. Per cui di una volpe non ci si potrà fidare, mentre di un coniglio non si potrà avere paura. Questo per esempio scopre a sue spese Judy Hopps, una coniglietta arruolatasi nella polizia, alla quale non viene dato molto credito in un corpo composto per lo più da animali di grande taglia. E che dire della volpe Nick Wilde, che sembra avvisare la coniglietta sul fatto che “si comporta secondo la sua natura”? Sarà possibile fidarsi di una volpe? 

I film Disney sono da sempre sinonimo di ricerca, sin da prima che gli Studios, fondati da Zio Walt si fondessero con la Pixar di John Lasseter. Una volta si usavano matite e pennelli, ora i computer, ma la sostanza non cambia.

Durante la presentazione Spencer ha spiegato come per risolvere molte problematiche si siano dovute sviluppare nuove tecnologie.

Come rappresentare in modo efficace animali di diversa taglia, tutti nella stessa inquadratura e con pelo diverso? E come rappresentare al meglio la diversità anche meteorologica dei diversi ambienti di Zootropolis?

La presentazione ha mostrato come siano stati necessari ben 18 mesi di studi, comprensivi di viaggi per osservare gli animali nei loro habitat naturali, perché nessun documentario può sostituire l'esperienza sul campo. Quindi non solo arte, non solo software, ma anche tanta polvere, caldo e umidità per gli animatori Disney per un prodotto che è in stile Disney, ma al quale anche John Lasseter ha dato il suo contributo interagendo con la produzione, talvolta a distanza, talvolta direttamente a tu per tu con la squadra. Una conseguenza dell'arrivo della Pixar è stata infatti la creazione dei brainstorm creativi nei quali i gruppi produttivi confrontano le loro esperienze.

Inventare Zootropolis

Zootropolis
Zootropolis

La prima questione sollevata durante la successiva roundtable con i giornalisti è stata il perché non si sono visti nelle clip altri animali, come per esempio i rettili.

Spencer ha spiegato che in realtà sono stati vagliati tutti gli animali per realizzare il film, ma poi la storia ha dettato la scelta delle specie. La scelta è stata quella di concentrarsi sulle dinamiche conflittuali generate dai rapporti tra prede e predatori del mondo dei mammiferi. Rettili e pesci in realtà vivono nel mondo ma la città è abitata solo da mammiferi. Un altro aspetto considerato è che all'inizio del film ciascun gruppo dà per scontato qualcosa dell'altro.

Nelle clip non si è vista molta “cattiveria” a parte qualche citazione da Il padrino. Rispondendo alla domanda se Zootropolis fosse un film senza cattivi, Spencer ha risposto che in realtà c'è un grande mistero che i nostri protagonisti dovranno scoprire. Quindi ci sarà dell'altro, non ancora rivelato e ha promesso che ci saranno “dei cattivi fantastici come in tutti film Disney”.

Spencer ha inoltre spiegato che questo film sicuramente raccoglie la tradizione degli animali antropomorfi Disney. Robin Hood è uno dei film preferiti dai registi, ma pur ispirandosi a questo retaggio John Lasseter ha preteso che ci fosse qualcosa in più, di mai visto negli altri film Disney: ha voluto un film contemporaneo, con una storia contemporanea, con animali che vivono in città,  con edifici che si suppongano pensati dagli animali per gli animali. Non una Paperopoli o una Topolinia insomma, città umane con infrastrutture umane popolate di animali antropomorfi. Si tratta di un film, ha spiegato Spencer, tecnologicamente irrealizzabile solo qualche anno fa.

Oltre alle già citate tecnologie implementate per la riproduzione dei peli, ha parlato anche delle problematiche relative a dovere vestire le diverse specie. Mettere abiti addosso a un elefante è ben diverso da vestire un topo.

Non banale è stato il problema della catena alimentare. Spencer ha spiegato che è stato uno dei primi problemi che si sono posti. Si tratta infatti di un mondo in cui i predatori hanno stretto un patto per non cacciare le loro prede; in cui c'è una tregua dagli istinti primordiali. La produzione si è rivolta a esperti zoologi i quali hanno consigliato che le proteine necessarie ai predatori venissero da pesci e insetti. E infatti si sono intravisti cartelli indicanti mercati del pesce nelle clip.

Una difficoltà peculiarmente cinematografica è quella di rappresentare insieme animali piccoli e grandi nella stessa inquadratura. I direttori della fotografia sono stati molto impegnati in tal senso e sono stati costretti a scelte che Spencer ha definito molto “creative” per piazzare le telecamere e le luci. Una scelta è stata quella di rendere fissi i punti di vista per marcare le differenze tra gli animali. Un esempio lo abbiamo visto in una scena di una delle clip, nella quale da una scala mobile inquadrata da una camera fissa, vediamo prima apparire una giraffa, poi un ippopotamo poi la coniglietta Judy.

Spencer ha ribadito che tutti i software a disposizione dei creativi sono stati realizzati internamente alla struttura del Walt Disney Animation Studios. Tornando all'esempio dei peli, è stato sviluppato un programma per ciascuna delle 50 specie del film, lavorando e studiandole tutte, senza usare, come in passato, il modello del pelo umano come riferimento. Anche per gli ambienti sono stati sviluppati programmi per ciascun luogo, per rendere al meglio l'aria calda e tremolante del Sahara, o l'aria umida della giungla.

Un uso creativo degli stereotipi è evidenziato in una scena ambientata nella motorizzazione di Zootropolis, che scopriremo essere gestita da bradipi. Le conseguenze sono facilmente immaginabili, la scena sarà esilarante. Spencer ha raccontato che l'idea è stata proposta da uno degli animatori, proprio cogliendo l'opportunità di sfruttamento dello stereotipo, ma facendo sì che durante le successive vicende fosse possibile ribaltarlo. Il come però non lo abbiamo visto. Dobbiamo aspettarci delle sorprese insomma.

Innovazione nel rispetto della tradizione

Secondo quanto ha spiegato Spencer, la distinzione tra progetti specifici Disney e Pixar è rimasta. Non fosse altro che per la localizzazione geografica dei due studios, il primo a Los Angeles e il secondo a San Francisco. C'è allo stesso tempo molta comunicazione tra le due realtà, ma anche molta concentrazione sui progetti specifici.

Se questo progetto sembra somigliare più a un progetto Pixar, Spencer ha spiegato che invece dal suo punto di vista è un prosecutore della specifica tradizione delle storie di animali che sono un patrimonio storico della Disney, da Dumbo e Bambi fino al Re Leone, anche se in una chiave che ritiene moderna e attualizzata. Perché si tratta, ha precisato, di un mondo moderno in cui non ci esseri umani.

Ha marcato in questo senso la differenza con una famosa storia di animali umanizzati prodotta da Disney, ossia il classico Robin Hood. L'approccio è differente perché in quel caso si tratta di una storia del passato, raccontata con gli animali ma non creata con gli animali.

Quanto a possibili sequel o sfruttamenti seriali del mondo di Zootropolis, Spencer ha detto che la produzione si è concentrata sulla storia del film e su quei personaggi, cercando di svilupparla in modo che il film si regga da solo, pur se inserito in un contesto più ampio.

Ha ricordato che John Lasseter non è in realtà propenso alla realizzazione di seguiti, a meno che i registi non propongano una storia veramente valida.

Quindi Spencer non esclude che, se il film avrà fortuna e se verranno ideate delle storie interessanti con questi personaggi o con altri personaggi di quel mondo, non venga poi trovato il modo di raccontarle

Però ha precisato che lo scopo principale della realizzazione di un film è quello di una storia autoconclusiva. Non è per la realizzazione di eventuali seguiti che si producono i film, ha ribadito.

Primo teaser trailer per Zootropolis

Primo teaser trailer per Zootropolis

Articolo di Letizia Mirabile Giovedì, 24 settembre 2015

Arriverà nelle sale italiane il 25 febbraio 2016 la nuova divertente avventura d’animazione Disney Zootropolis.

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Diretto da Byron Howard (Rapunzel – L’Intreccio della Torre, Bolt) e Rich Moore (Ralph Spaccatutto, I Simpson – Il Film) e co-diretto da Jared Bush (Penn Zero: Part-Time Hero), Zootropolis arriverà nelle sale italiane il 25 febbraio 2016.