È stata presentata all’interno della fiera di Cartoomics, svoltasi a Milano dal 3 al 5 Marzo, Il bianco spara!, una corposa biografia su Enzo G. Castellari, maestro del cinema italiano di genere, edita da Bloodbuster. Dimenticato per molto tempo dalla critica ufficiale, oggi il regista romano è tornato alla ribalta internazionale grazie anche all’omaggio che Quentin Tarantino ha voluto rendergli con Bastardi senza gloria, film liberamente tratto da Quel maledetto treno blindato.

In sala a presentare l’evento il direttore artistico di Cartoomics Filippo Mazzarella, che ha lasciato la parola a Davide Pulici (Nocturno) e a un divertito Castellari.

Quest'ultimo ha da subito dichiarato come in questa autobiografia ci sia tutto il proprio amore per il cinema, nato da bambino. Suo padre, infatti, era il regista Marino Girolami, per questo cominciò fin da piccolissimo ad amare questo mondo. Il titolo del libro, inoltre, deriva proprio da una frase sentita spesso, quando sul set, da ragazzino, aveva domandato perché gli oggetti di scena non fossero bianchi ma gialli, e la risposta era stata, appunto, perché il bianco spara. Ma la magia della settima arte in quel periodo di guerra (il padre scrive il soggetto di Campo de’ fiori nel ’43) rendeva tutto incredibile, come i finti prosciutti appesi in scena mentre tutti avevano fame!

Pulici: Qual è il film che ti sei divertito di più a girare?
Enzo G. Castellari
Enzo G. Castellari

Castellari: Sicuramente Ettore lo fusto. Avevo un cast incredibile tra cui Vittorio De Sica che quell’anno vinse l’Oscar ma non lo andò a ritirare perché stava girando con me. Inoltre sul set ci si divertiva tantissimo, c’era un clima davvero gioviale. Gira la voce che io fossi brutale con gli attori ma non è così. Secondo me non esistono attori difficili ma scemi o intelligenti. Se uno è intelligente si affida al regista perché sa che è lui a fare il meglio per il film e, di conseguenza, farà anche il suo bene.

Pulici: La prefazione del libro è stata scritta da Franco Nero, com’è nato il vostro sodalizio?

Castellari: Pensa che io e Franco ci conoscemmo grazie a una parrucchiera che avevamo in comune. Lui ai tempi, si parla degli anni ’70, era la star italiana più internazionale, e quindi era difficilissimo avere un colloquio con lui. Così chiesi a questa persona di fissarmi un incontro per fargli avere un copione e lui all’inizio fu davvero molto snob. Poi una volta letto dimostrò tutto il suo entusiasmo e da lì partì la nostra lunga e proficua collaborazione.

Pulici: La critica in passato è stata molto dura con te accusandoti di fascismo, eppure in tutti i tuoi film c’è un sottofondo amaro.

Castellari: Già, perché dopo tutta quella violenza i miei personaggi non è che proprio siano felici. Sono storie di vendetta e a mio parere non si possono dire fasciste per questo. Mio nonno a casa aveva un poster di Matteotti e quando uno squadrone lo scoprì lo uccise letteralmente di botte. Mio padre che era anche pugile, andò a scovarli uno per uno e si vendicò lasciando qualche ricordino tipo la perdita permanente dell’udito. Io da piccolo sentivo queste storie e ci fantasticavo su, vivendo la figura del vendicatore come un vero eroe.

Pulici: Sono tanti i film che hai fatto ma tantissimi quelli che non hai girato, quale ti dispiace di più non aver potuto fare?

Castellari: Mi sarebbe piaciuto fare un film sul pugilato e il jazz, con un pugile che impara a combattere al ritmo della musica. Avevo anche già deciso il protagonista: Paul Newman! Alla fine non se ne fece nulla ma lui era talmente entusiasta che mi invitò nella sua villa a Hollywood per discuterne.