Nicolas Eymerich è tornato. Una nuova minaccia rischia di travolgere la chiesa cattolica e c'è bisogno del vecchio cacciatore di eretici e della sua magia.

Il nemico si chiama Francesc Roma (si proprio senza la "o", il personaggio come Eymerich è realmente esistito, e l'autore in appendice dà alcuni riferimenti bibliografici) e probabilmente sta attingendo a forze oscure per i suoi scopi. Nella sua missione Eymerich ritroverà vecchi amici e ne incontrerà di nuovi, se un uomo come lui può avere amici, visto che non mancherà ovviamente di farsi anche tanti nuovi nemici.

Alla trama storica come sempre s'intrecceranno altri piani temporali. Un futuro prossimo e un futuro remoto. Come è ricetta dei romanzi di Eymerich questi piani s'intrecceranno perché il tempo non è lineare come il nostro intuito vuole suggerirci. Passato, presente e futuro sono definizioni del tutto relative e un'azione compiuta in un tempo può avere conseguenze prima ancora che venga effettuata. È solo questione di punti di vista.

Ritroveremo quindi il professor Frullifer, uno scienziato tanto atipico quanto eretico agli occhi dei suo contemporanei e identificheremo nel futuro remotissimo una figura misteriosa chiamata Magister che non potremo non pensare collegata al protagonista.

Tra spiegazioni del contesto storico, eventi prodigiosi e visioni terrificanti, Eymerich Risorge è un romanzo che soddisfa ampiamente chi è affamato di una lettura solida e coerente. Gli Eymerich sono quasi un genere a sé stante, per le loro peculiarità. Questo romanzo non fa eccezione.

Appare evidente sin da subito che siamo davanti a un personaggio che, nel suo fittizio arco personale, ha subito un momento di stanchezza. Una fisiologica stanchezza che forse ha avuto anche il suo autore Valerio Evangelisti.

Il tema che sembra più evidente è quello del ritrovato vigore. Eymerich ritrova se stesso e le energie che sembravano averlo abbandonato, più spietato e amorale che mai. E in questo ritroviamo anche l'acutezza di visione dell'autore, che non manca di usare il passato come lente deformante sul nostro presente.

In tal senso sono da leggere i brani sul passaggio dell'Inquisitore nella Valle di Susa, con chiari riferimenti a cosi pensi l'autore delle vicende legate alla TAV, quando fa dire a un personaggio Se si presenta qualche idiota che cerca di scavare nella roccia, la popolazione insorge. Ci tiene alle sue valli, e alla sua vita.

Il pensiero di come affrontare le grandi questioni è ancora più chiaro nel dialogo tra Eymerich e un cagot, esponente di una popolazione vissuta a cavallo tra i Pirenei nel medioevo e vittima di una ingiustificata discriminazione.

Eymerich non è un "buono", ha un animo oscuro ed è pronto a compiere nefandezze per rispondere al suo codice morale, pertanto non è un malvagio e allo stesso tempo è una persona che agisce per la giustizia e contro i veri malvagi. In sintesi è totalmente amorale. Inoltre non è un paladino acritico degli oppressi, bensì disprezza chi non è capace di ribellarsi davanti a un torto. 

Il fatto è che detesto la docilità. Voi cagots siete una massa e non lo capite. Fareste paura a chiunque, come i touchins dell’Alvernia. Eppure rimanete imbelli. Subite senza reagire i peggiori oltraggi.

È una visione politica che esorta gli uomini di oggi a non subire passivamente i torti.

Pur nella cupezza complessiva di un romanzo eymerichiano, non posso non cogliere degli ironici inside joke, legati al seguito di appassionati che gravita intorno all'autore, che li coglieranno al volo. Segno che l'autore ha ritrovato, insieme al personaggio che l'ha reso celebre, anche il piacere di scriverne le storie. 

Se dal precedente romanzo sappiamo che, come tutti, Eymerich troverà il suo destino finale, d'altra parte sappiamo che ci sono ancora tanti momenti della sua vita non ancora narrati.

L'intera saga eymerichiana non è strettamente cronologica se si guarda alla vita del suo protagonista. I romanzi vanno però letti nell'ordine di pubblicazione perché il flusso narrativo ha una sua logica al di là dell'ordine cronologico.

La vicenda ha una sua autoconsistenza ma appare anche abbastanza evidente, man mano che si procede nella lettura, che ci sia qualcosa dietro l'angolo. Se Rex tremendae maiestatis sembrava chiudere un ciclo in un sublime gioco d'incastri (e nelle intenzioni iniziali dell'autore avrebbe dovuto chiudere la saga dell'Inquisitore per sempre), questo nuovo romanzo sembra preludere a nuovi orizzonti narrativi.

Quindi Nicolas Eymerich risorge nel pieno del suo oscuro splendore, con un nuovo inizio che contiene la promessa di ritornare al più presto in libreria.