Philip Reeve, autore di Macchine Mortali e Capolinea Per Le Stelle, è uno dei maggiori scrittori distopici inglesi, ma anche un illustratore. Dopo averlo incontrato a Lucca Comics & Games 2016, scambiamo di nuovo quattro chiacchiere con lui, che ci ha raccontatola sua esperienza non solo nel modno della scrittura ma anche nell'illustrazione.

Hai cominciato la tua carriera lavorando come un illustratore e solo in seguito ti sei dedicato alla letteratura per ragazzi e young-adult. Parlaci della tua passione primaria.

La mia passione primaria è sempre stata "visiva". Quando era un adolesdcente, ero molto ispirato da illustratori fantasy come Brian Froud e Alan Lee, e frequentai un college artistico sperando di finire per dedicarmi a questo genere di lavoro. Purtroppo ho imparato che non ero abbastanza bravo a disegnare, così tutti questi elementi fantasy che amavo sono finiti nella mia scrittura, invece, e come illustratore mi sono concentrato su cartoons e illustrazioni umoristiche.

Raccontaci qualcosa riguardo le tue illustrazioni e i tuoi art books. Qual è la tua tecnica di disegno preferita? Quali sono i temi che affronti? Come è nata la tua collaborazione con Sarah MacIntyre?

C'è una serie molto popolare in Inghilterra, chiamata Horrible Histories – libri di storie irriverenti per bambini – e ho cominciato su questi. Il principale illustratore della serie è Martin Brown, che ha stabilito lo stile della collana – disegno a penna in bianco e nero, semplice ma divertente: Martin è fenomenale. Il mio lavoro era abbastanza simile e l'editore mi ingaggiò per illustrare un paio di storie perché Martin era troppo impegnato per farle, e così è cominciata la mia carriera di illustratore. Ho lavorato a titoli simili con lo stesso editore (Scholastic) per molti anni, e dopo un po' presentai in casa editrice un romanzo che stavo scrivendo nel mio tempo libero, romanzo che era Macchine Mortali (Mortal Engines)…

La maggior parte delle mie illustrazioni pubblicate sono disegni a penna in bianco e nero. Non sono molto bravo a lavorare con i colori, e il lapis/matita è difficile da riprodurre. Purtroppo negli ultimi tempi non disegno molto, ma qualche anno fa ho incontrato l'illustratrice Sarah McIntyre, che mi disse che stava cercando di produrre un disegno al giorno per il suo blog. Suonava come una buona idea, così cominciai a fare lo stesso, e per circa un anno andammo avanti con questa sorta di fare schizzi online: postavo un'illustrazione su Tumblr ogni giorno e poi correvo a vedere quello che aveva postato Sarah. Alla fine diventanno ottimi amici e decidemmo di scrivere e illustrare dei libri insieme.

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Questo è divenuto un importante filone della mia carriera di scrittore – pensiamo insieme a una storia, poi io la scrivo e Sarah la illustra. Si tratta di storie d'avventura divertenti, e completamente diverse da ciò che scrivo per conto mio. Uno dei nostri ultimi lavoro è stato La grande corsa a Polo Nord, pubblicato in Italia da Il Castoro.

Le novità di narrativa per bambini e ragazzi di Editrice Il Castoro

Le novità di narrativa per bambini e ragazzi di Editrice Il Castoro

Articolo di Irene Grazzini Martedì, 23 gennaio 2018

Una grafic novel firmata dall'autore di Macchine Mortali e il romanzo in cui si cerca di ideare un'app salva-studenti.

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Illustrazione e scrittura: quali sono le similitudini e quali le differenze?

Illustrazione e scrittura sono discipline molto diverse. Illustrare per me è più come un lavoro, ed è anche un lavoro fisicamente impegnativo – dopo un lungo giorno di disegno la tua mano e i tuoi occhi e la tua schiena fanno tutti male! E tu devi lavorare per molti giorni… quando scrivi un sacco di lavoro avviene nella tua testa, così puoi uscire per fare due passi e comunque ancora lavorare con la mente alla tua storia. Invece non puoi illustrare nella tua testa: devi per forza sederti e disegnare.

Nelle tue storie hai creato mondi post-apocalittici e steam-punk… qual è la tua fonte di ispirazione?

Come molti romanzi d'esordio, Macchine Mortali è stato ispirato da tutte le cose che amavo quando ero bambino. Sono sicuro che potete cogliere echi di Il Signore degli AnelliStar Wars e Mad Max. Penso che l'elemento steampunk provenga dai film per bambini e dalle serie TV deglli anni Settanta.  Non so se è solo una cosa "inglese", ma queste serie erano piene di storie riguardo eccentrici inventori e avventurieri, e tendevano a contenere sottili strambi elementi vittoriani – le loro invenzioni erano di solito vecchi orologici, bollitori a vapore e ruote di bicicli, piuttosto che apparecchi elettronici. Anche il Doctor Who vestiva come qualcuno che viene dal passato. Da bambino trovavo questi elementi molto più interessanti della fantascienza "futuristica", che un po' mi spaventava. Successivamente, film come Brazil di Terry Gilliam hanno costruito strani mondi "retro-futuristici" pieni di gadgets del passato.

Tutto questo ha trovato spazio in Macchine Mortali, ma in realtà io non ho mai pensato a questo romanzo come una storia steampunk. Non amo la fiction steampunk, a volte la giudico un po' limitata. È meglio usata per dare sapore ad altri generi, piuttosto che come genere autonomo, e negli ultimi tempi è stata  molto abusata, così ora cerco di tenermici alla larga.

Penso che lo steampunk trovi la sua migliore espressione nel cosplay! Quando ero a Lucca Comics & Games l'anno scorso ho incontrato il gruppo  Steampunk Italia e molti altri cosplayers italiani, i loro costumi e i personaggi che avevano creato erano spettacolari; meravigliosa abilità di artigianato, e un gran senso di stile e divertimento.

Macchine Mortali diventerà presto un film… secondo te, essere un illustratore può aver reso i tuoi romazi più adatti per la trasposizione cinematografica?

Beh, credo che se hai una grande idea "visiva" come cuore della storia, certo questo la rende più accattivante per i produttori cinematografici. Sono stato molto ispirato dal cinema quando ero più giovane, e per qualche anno mi sono divertito  a creare miei personali film low-budget, cosa che mi ha insegnato molto riguardo il narrare una storia. Così adesso, quando scrivo, vedo le storie come un film nella mia testa, e forse questo rende facile ai lettori immaginarle come film.