Ospite dello scorso Trieste Science + Fiction Festival è stato Richard K. Morgan, autore di Altered Carbon, della trilogia fantasy A Land Fit For Heroes e di altri romanzi di genere fantascientifico. Altered Carbon ha avuto due seguiti, Broken Angels e Woken Furies e una trasposizione televisiva per Netflix. Morgan era presente come membro della giuria per il Premio Asteroide.

Se il suo Altered Carbon mi aveva entusiasmato, mi ero innamorato del meno noto (e meno fortunato) Market Forces. Ho quindi colto al volo l’occasione di prenotare un’intervista faccia a faccia con Morgan. Purtroppo per motivi organizzativi l’incontro è saltato ma ho comunque potuto partecipare all’incontro con la stampa. E ho rotto io il ghiaccio iniziando proprio con una domanda su Market Forces. Doveva inizialmente essere un film, ma non mai è stato realizzato.

Il forte contenuto anticapitalista e antifinanziario di quella storia è stato un ostacolo alla sua realizzazione?

In realtà il libro è nato prima come racconto breve, poi è diventato una sceneggiatura e alla fine un romanzo. Il motivo per cui è stato per tanto tempo nel limbo è che l’idea mi è venuta in un periodo in cui i racconti non li pubblicava più nessuno. Decisi di lavorarci per trasformarlo in una sceneggiatura e in questa forma avevo firmato un accordo con la Warner Bros. per farne un film. Ma era a termine e dopo due anni non se ne fece nulla. Però non escludo che prima o poi il film si possa fare. In verità non credo che il messaggio anticapitalista abbia avuto un peso in questa vicenda. Magari non ha aiutato, perché c’è chi ancora considera la critica al capitalismo una bestemmia. Il problema vero, probabilmente, è che non ero molto a bravo a scrivere. O almeno non ero bravo a scrivere per il cinema. Forse me la sono cavata con la struttura narrativa, ma di sicuro il punto debole erano i personaggi. Per questo alla fine ho deciso di farne un romanzo. E comunque non è stata una gestazione facile. Ho ricevuto molte lettere di rifiuto, che però mi sono state molto utili per capire come venisse recepito. La critica che mi veniva mossa più spesso era che i miei personaggi fossero degli stronzi egocentrici con i quali era impossibile simpatizzare. Il fatto è che, sì, l’idea del romanzo era proprio quella, che i personaggi fossero degli stronzi senza morale. Quindi potrei dire che l’ostacolo maggiore è stata la natura ambigua dei personaggi. Erano gli anni '90, quando tutto era molto manicheo e anche gli attori del momento, Van Damme, Schwarzenegger, Stallone, hanno rifiutato perché non se la sentivano di interpretare dei personaggi così discutibili. Oggi, probabilmente ci sarebbe più spazio di azione.

Si è parlato (inevitabile) della serie Altered Carbon e specialmente di quale fosse il punto di vista di Morgan sul tema dell'identità. Non dimentichiamo che nel suo romanzo le persone cambiano corpi come noi abiti.

Le politiche identitarie sono un boomerang e finiscono per creare un sistema di frazionamento e identità che favorisce i movimenti di destra. Sono allergico ai discorsi sull’identità. Ognuno di noi ha vissuto che è indipendente. Chi è Takeshi Kovacs (NdA: il protagonista di Altered Carbon)? Ha una derivazione mista, un genitore asiatico e un altro dall'est europa. Ma uha un grande shock quando si trova in un corpo caucasico. Va al di là di quella che è l'identità etnica. I corpi sono corpi che si possono sostituite, buttare via, io mi sono focalizzato su questo. L’idea di trovarsi in un corpo caucasico crea un'alienazione ma non rientra in una politica di rivendicazione di diritti identitari, ma diventa parte della narrazione. Sono molto critico di come la politica dovrebbe combattere certe battaglie. C’è isterismo di massa, una call out culture, a qualcuno capita di essere denunciato dalla maggioranza per aver commesso un crimine come la culture appropriation. Uno degli isterismi dei giorni d’oggi. Ketty Perry si veste da Geisha e subito viene criticata. Odio questa frammentazione della politica dove si toglie completamente la sfumatura e il dialogare con gli esseri umani.

E del corto circuito tra distopia e osservazione della realtà?

“Il nostro presente può essere descritto come distopico o catastrofico. Io non credo di aver mai scritto con l’intenzione di creare un universo narrativo catastrofico o distopico. Anche perché i miei capisaldi, Gibson, Sterling e in generale lo cyberpunk, non erano dei distopisti, erano dei narratori che cercavano di estrapolare da quello che vedevano attorno, parliamo degli anni 80, le idee e gli spunti per creare i loro universi. Più che distopia era una manipolazione di quello vedevano attorno a loro. Se tu rileggi la storia, per esempio l’antica Grecia, Roma… vedi che ci sono stati tanti corsi e ricorsi anche molto simili al nostro presente, e civiltà che ritornano ciclicamente. Sono sistemi connaturati in noi che si evolvono e ritornano con una coazione a ripetersi.  Cambia il progresso ma noi abbiamo la tendenza a ripetere sempre gli stessi errori. La mia convinzione è che l’essere umano non cambia. Il nostro tempo possiamo chiamarlo distopico, ma anche utopico: certe tecnologie dei nostri tempi in passato erano assoluta utopia. Ma la vera utopia dove tutti si vogliono bene non accadrà mai perché violenza e aggressività sono in noi. L’unico romanzo distopico che ho scritto penso sia stato Market Forces, è quello in cui ho spinto di più sul mio livelli di astrazione. Ma più che distopico è assolutista.”

Su cosa sta lavorando ora?

Ho in uscita in Inghilterra un nuovo libro, Thin Air, ambientato nello stesso universo di 13, ma su Marte. Sto lavorando all’adattamento del secondo romanzo di Takeshi Kovacs e farò lo showrunner per delle graphic novel ambientate nel medesimo universo. Più un paio di altre cose sulle quali devo tenere il segreto. Insomma mi tengo abbastanza occupato.

Finito l’incontro con la stampa ho bloccato Morgan, mi sono fatto autografare la mia copia di sopravvissuti (The Steel Remains) e gli ho fatto una domanda in più sullo cyberpunk.

Perché vediamo un ritorno di questo genere? È un fatto puramente estetico? Una nostalgia? Ha senso il contenuto punk del cyberpunk o è qualcosa di nuovo adatto alla nostra epoca?

Morgan mi ha risposto che ormai il cyberpunk è presente nelle nostre vite, è nell’aria che respiriamo, e quindi è normale che i produttori di film e serie tv vadano a ripescare quanto già creato in passato.

Sarei rimasto volentieri ad approfondire l’argomento con l’autore, ma le organizzatrici del festival me lo hanno sequestrato. È comprensibile: come membro della giuria del festival aveva un programma molto serrato di attività.