Arriva al cinema, dopo un iter abbastanza lungo e tormentato, Bohemian Rhapsody, il film che racconta la vita di Freddie Mercury (Rami Malek), cantante e front-man del gruppo pop rock dei Queen.

Il film diretto da Bryan Singer è concepito come un lungo flashback, a partire da un incipit che ci mostra Mercury, intento a raggiungere lo stadio di Wembley per partecipare con i Queen al Live Aid, concerto tenutosi il 13 luglio 1985 allo scopo di reperire fondi per combattere la fame in Africa, organizzato da Bob Geldof (Dermot Murphy).

Rami Malek e <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Lucy_Boynton">Lucy Boynton</a>
Rami Malek e Lucy Boynton

C'è quindi un lungo percorso prima di arrivare a mostrare una ricostruzione fedele di una esibizione ricordata non solo come una delle migliori di quel concerto al quale parteciparono quasi tutti i più famosi e apprezzati artisti dell'epoca, ma anche di tutti i tempi, per i Queen superato solo dal "concerto perfetto" di Wembley del 1986, immortalato nel disco Live at Wembley.

Prima di arrivare a quel momento il film ricostruisce la vicenda umana e musicale di Mercury, ancora Farrokh Bulsara, a partire dall’incontro con Bryan May (Gwilym Lee)  e con Roger Taylor (Ben Hardy), i quali lo accolgono come cantante e autore  perché rimasti senza cantante del loro gruppo, gli Smile.

Le vicende umane e musicali scorrono parallele: l’inserimento di John Deacon (Joseph Mazzello),  l’ascesa trionfale del gruppo, i primi successi e i momenti di crisi artistica s’intrecciano anche alla evoluzione umana di Mercury, il quale, prende pian pian consapevolezza della sua omossessualità, e non sembra riuscire a mediare tra successo e vita privata, arrivando a trascurare sia il gruppo, descritto unito da un legame quasi familiare, nonché gli amici di sempre, come la fedele Mary Austin (Lucy Boynton). 

Bohemian Rhapsody
Bohemian Rhapsody

Il racconto imbastito dalla sceneggiatura di Anthony McCarten è pertanto di un uomo destinato alla grandezza, che si monta la testa, si perde e si mette in una situazione irreversibile, l’AIDS, che gli consente di fare luce, forse tardi sulle priorità della vita, su chi è amico e chi no, e gli dà lo slancio per ricostruire i legami più veri, consentendogli allo stesso tempo di realizzare la migliore esibizione della sua vita. Tutto questo senza inoltre fare sconti, mostrando anche, quando è il caso, anche le estreme conseguenze dell'egocentrismo di Mercury, che quindi non è certo santificato dal film.

La musica è parte integrante del film, una componente del cast, sin dalla Fanfara della Fox suonata da Brian May e Roger Taylor, che sono anche i produttori musicali del film.

Rami Malek
Rami Malek

Se Rami Malek si è immerso nelle posture e nelle espressioni di Mercury in modo totalmente mimetico, come hanno fatto in realtà in egual misura anche gli altri componenti del cast.

Malek e gli altri cantano e suonano realmente, anche se poi voci e suoni sono per la maggior parte quelli originali, sovrapposti digitalmente, a parte una singolare versione parte studio e parte live di We Will Rock You (comunque con voce di Mercury) e la canzone degli Smile Doing All Right, ricostruita per l’occasione.

La mimesi riesce, persino nelle pause e nei respiri presi durante le esibizioni, dando il massimo della credibilità.

Bohemian Rhapsody
Bohemian Rhapsody

Per poco meno di due ore il film è la trasformazione di una vita reale in una sorta di parabola eroica di ascesa, caduta e risalita, con il ruolo del "cattivo" assegnato a Paul Prenter (Allen Leech), ma anche con figure grigie come il primo manager John Reid (Aidan Gillen). Difficile sapere cosa è verità e cosa è riadattamento a fini cinematografici. Chi era coinvolto sicuramente ha una sua versione degli eventi, e nessuno è mai il cattivo della propria narrazione.

Ma in quella storia c'ero anche io, insieme a milioni di persone, e posso quindi parlare per la parte che mi compete.

La parte finale è quella che coinvolge noi che all’epoca ascoltavamo i dischi oppure i concerti, come quei mitici venti minuti al Live Aid. La ricostruzione di quella esibizione non è solo perfetta, ma è costruita anche da tutti i punti di vista: palco, retropalco, pubblico televisivo e allo stadio. Avvolgente e omnicomprensiva, questa sequenza diventa documentaristica. Di colpo è il 1985, con tutte le emozioni che chi c’era ha provato che diventano quasi tangibili.

Bohemian Rhapsody
Bohemian Rhapsody

Quella parte se non è vera, è comunque aderente alla memoria di ciò che ricordiamo per vero. Diventa il migliore film documentario mai realizzato su un momento che è storia della musica e della cultura popolare.

Singer  ha il buon gusto di fermarsi a quel momento, evocando e non narrando il finale della vita di Mercury, lasciato giustamente alla sfera totalmente privata. Una scelta intelligente in un'epoca nella quale si spettacolarizza troppo spesso il dolore.

Un film da vedere.