Il detective "Zeke" Banks è la solita testa calda che non fa gioco di squadra in un dipartimento in cui tutti si guardano le spalle. Si infiltra in gang di spacciatori senza avvertire il suo capo, è odiato dai colleghi per una vecchia storia in cui non ha retto il gioco a un poliziotto corrotto, e tutti dicono che l’unico motivo per cui fa ancora il detective è suo padre, una sorta di leggenda tra i piedi piatti. Anche William Schenk il novellino che viene affibbiato a Zeke come partner ha sentito parlare di Marcus Banks che, se ha fatto scintille come capo della polizia, in quanto a padre è stato parecchio carente. L’unica cosa che sembra farlo ritornare in pista sono gli omicidi efferati da parte di un serial killer di poliziotti corrotti che si dichiara essere l’erede di Saw. Zeke pretende di essere messo sul caso e l’assassino inizia a giocare con lui una partita per ripulire dalla corruzione il dipartimento di polizia.

Arrivati al nono capitolo che cosa ha ancora da dire la serie nata nel 2004 con Saw – L'enigmista? A giudicare da questa pellicola diretta da Darren Lynn Bousman che ha già messo lo zampino in parecchi altri film della saga, davvero pochissimo. Il capostipite di James Wan non solo diede il via alla moda del torture porn, dopo di lui Hostel (2005) di Eli Roth e tantissimi altri, ma anche del finale a sorpresa: chi non ricorda il finto cadavere? Replicare quell’effetto dopo tanta acqua passata sotto i ponti è sempre più difficile e Spiral – L'eredità di Saw non ci prova neanche, shakerando una serie di cliché così ritriti che è davvero difficile cavarne fuori qualcosa di buono.

Non aiuta Chris Rock sempre sopra le righe con tanto di imbarazzante dialogo tarantiniano a inizio film quando fa l’infiltrato tra gli spacciatori, e la spalla bianca Max Minghella presa direttamente da Arma Letale, con il poliziotto veterano che battibecca con il giovane, salvo poi affezionarsi a lui insensatamente in poche sequenze. Se si eliminassero le scene di tortura da Spiral – L'eredità di Saw avremmo un film su una coppia di sbirri di cui uno costantemente isterico, e un Samuel L. Jackson messo lì non si sa bene a fare che cosa.

Ma veniamo allora a parlare di quello che dovrebbe essere il motivo per cui lo spettatore va a vedere un capitolo del ciclo di Saw, ossia le torture. Ce ne sono abbastanza? Sono sufficientemente crudeli? Tra un irritante siparietto di Chris Rock e l’altro, sì ci sono e sufficientemente gore, ma sono lontane dal salvare la baracca. Qualche scena splatter non è abbastanza per giustificare la visione di un film in cui la risoluzione del caso è così telefonata che si capisce chi è il cattivo dopo cinque minuti, e alla messa in scena non si dedica neppure quel grado minimo di accuratezza che fa indossare i guanti in lattice a un detective quando maneggia delle prove.

Spiral – L'eredità di Saw è l’ennesimo horror pensato per chi l’horror non lo ama, ma il cui obiettivo è quello di riempire i cinema estivi, fine che bisogna ammettere essere nobilissimo, specie di questi tempi.