Barney Pudowski è un ragazzo impacciato senza amici. Il suo problema non è quello di non piacere ai compagni di classe ma tutti possiedono un B*bot, una sorta di robottino che segue ovunque il proprietario, anche a scuola, tranne lui. Il dispositivo infatti permette ai ragazzi di stringere amicizia, mandarsi inviti e giocare, per questo Barney è tagliato fuori dalla vita sociale. Il padre e l’anziana nonna non sembrano rendersi conto della situazione fino a quando non vedono il ragazzo venir preso in giro dai compagni di scuola e allora decidono di regalargli per il compleanno un’unità B*bot. Quando però Barney cerca di attivarlo qualcosa va storto e Ron, questo il nome del dispositivo, è molto diverso da tutti gli altri. Incapace di collegarsi alla rete e quindi di scaricare informazioni deve imparare ogni cosa e, soprattutto, comprendere come diventare un vero amico per Barney.

Il tema di Ron – Un amico fuori programma e il suo messaggio pedagogico sono immediatamente ben chiari. Il film si rivolge a quella generazione di giovanissimi cresciuti con smartphone e continuamente collegati ai social, che passano le ora ad interagire con amici virtuali piuttosto che con quelli reali. I B*bot non sono che l’evoluzione portata all’estremo di un sistema già ben noto, dietro al quale come nelle più classiche storie c’è il genio visionario che si rende conto dei propri errori e vuole dare una mano all’eroe, e il cattivo a cui interessano solo i soldi. Il protagonista è ancora il ragazzino solo che trova un amico, questa volta non in un bizzarro essere alieno ma in un robot, anche se poi le dinamiche non cambiano di molto. Poiché il robot è ritenuto anormale e pericoloso scatta la caccia all’uomo e il resto è storia.

Per un pubblico adulto Ron – Un amico fuori programma affronta dei temi ampiamente già sentiti da ET in poi, e anche l’animazione è quella di un buon prodotto Disney ma niente di eccezionale, così come il character design di Ron non è nulla di ché. Forse l’unica traccia di originalità sta nel messaggio, infatti se fino a pochi anni fa un film del genere sarebbe andato a parare nella moralina; buttate via la tecnologia e intrecciate amicizie vere, oggi almeno in parte non è più così. Forse gli sceneggiatori Peter Baynham, Sarah Smith e Jean-Philippe Vine, hanno compreso che la battaglia è persa ed è inutile illudersi che i ragazzi di oggi non ambiscano a diventare degli influencer. Cerchiamo allora, per quanto possibile, di rendere meno alienante la tecnologia e, che per lo meno, non sia usata per sottrarre ogni tipo di privacy ai più giovani.

Piccola nota: nel doppiaggio italiano la voce di Ron è stata affidata a Lillo con un risultato purtroppo poco felice.