Dal film alla serie televisiva

Per parlare della serie televisiva Highlander è necessario iniziare dal film omonimo con Sean Connery e Christopher Lambert, coproduzione anglo americana prodotto da Peter S. Davis e William Panzer nel 1986. All'epoca ebbe poco successo, guadagnando solo sei milioni di dollari negli Stati Uniti, ma rifiutò di essere dimenticato diventando ben noto a tutti gli appassionati di storie fantastiche e fantasy. Destinato a lasciare una traccia importante dietro di sé, Highlander è tuttora un punto fermo della storia del cinema di genere fantastico. Una produzione poco costosa per gli standard di oggi ma visivamente affascinante, ambientata tra New York e la Scozia, e basato su un'idea semplice quanto straordinaria: nel mondo vivono degli Immortali, uomini e donne come noi ma incapaci di morire a meno che non venga tagliata loro la testa. L'assunto di partenza, infatti, non è altro che l'ennesima rivisitazione di una domanda antica: come sarebbe poter vivere per sempre? Bello come sembra? O forse è una di quelle cose che è bene non desiderare alla leggera?

Nessuno degli immortali conosce la ragione della loro esistenza, e neppure se ce ne sia una. Nessuno conosce l'origine della loro storia, ma tutti imparano che c'è un unico modo in cui possono vivere e morire, ed è partecipando a quello che è conosciuto come 'il Gioco"', in cui due immortali si sfidano a duello e al vincitore spetta la testa e l'energia del perdente. Da questo esile canovaccio ha avuto origine un franchise composto da ben cinque film, di cui due attualmente in fase di realizzazione, due serie televisive e una serie a cartoni animati, a cui vanno aggiunti una cospicua serie di romanzi. Di tutte queste produzioni diremo in dettaglio in un futuro speciale, basti per ora sapere che la realizzazione del telefilm del 1992 si deve in gran parte alla testardaggine dei produttori Panzer e Davis, convinti della bontà dell'idea originale anche contro la perplessità di network e finanziatori, soprattutto dopo l'insuccesso commerciale del secondo film della serie, nel 1991. Panzer e Davis scommisero sull'esistenza di un pubblico adulto affamato di storie fantastiche cupe e dure, e vinsero.

Endgame riunisce i due MacLeod
Endgame riunisce i due MacLeod

Dopo il primo film ne vennero realizzati altri due dedicati al protagonista Connor MacLeod, (Christopher Lambert), ma furono uno meno riuscito dell'altro. Highlander II: The Quickening (1991), cercò di dare una spiegazione fantascientifica all'esistenza degli immortali ma si risolse in un tentativo piuttosto infelice; gli appassionati rifiutarono di vedere stravolto l'assunto di partenza della storia, e gli stessi autori sembrarono riconoscere l'errore di tentare di appiccicare una motivazione razionale ad una storia assolutamente magica. Non a caso tutte le produzioni successive ignorano completamente The Quickening. Il terzo film, Highlander III: The Sorcerer, (1994), fu ancora meno significativo. Meritano invece un discorso a parte Highlander: Endgame (2000), e Highlander: The Source, appena completato, entrambi basati sulla serie televisiva. Il primo ottenne una buona risposta dai fan, mentre del secondo, non ancora giunto sugli schermi, abbiamo parlato in un articolo recente, www.fantasymagazine.it/notizie/6213/.

Come già accennato, nel 1992 gli stessi Panzer e Davis, già produttori dei primi due film, diedero vita alla serie televisiva Highlander (nota in America come Highlander: The Series). La serie fu una coproduzione franco canadese, (nessun network americano fu interessato al progetto), il telefilm fu girato in parte a Vancouver e in parte in Francia, spesso nella stessa Parigi, tra il 1992 e il 1998. È tuttora una delle produzioni televisive canadesi di maggior successo internazionale, e fu la prima di genere fantastico a raccogliere ampi riscontri di pubblico e critica negli Stati Uniti. Nonostante il calo di ascolti delle ultime stagioni il telefilm è considerato un vero cult da molti appassionati.

Attraverso i secoli, vivendo vite segrete

Duncan MacLeod, del clan MacLeod
Duncan MacLeod, del clan MacLeod

Highlander: The Series racconta la vita e le lotte di Duncan MacLeod (Adrian Paul), parente del già citato Connor MacLeod. Nel pilot della serie incontriamo MacLeod e Tessa: lui è un immortale ritiratosi da anni a vivere una vita serena accanto alla donna che ama, lei è una mortale che condivide il suo segreto. I due incontrano Richie Ryan (Stan Kirsch), un ragazzo di strada che dopo essere capitato in maniera un po' rocambolesca nelle loro vite diventerà per i due quasi un figlio. Intanto, MacLeod si ritroverà di nuovo immerso nell'infinta battaglia che è la vita di un immortale, e questo porterà a continui incontri con altri immortali, sia amici che nemici.

Nel corso degli anni la serie subirà cambiamenti radicali, acquistando nuovi protagonisti e perdendo qualcuno dei vecchi: nella seconda stagione viene introdotto il personaggio di Joe Dawson (Jim Byrnes), membro degli Osservatori, una società segreta che da millenni si dedica a osservare le vite e le morti degli immortali per la convinzione che la loro esistenza debba essere ricordata. Sempre lo stesso anno esce di scena il personaggio di Tessa, lasciando campo a una serie di coprotagoniste femminili su cui svetta Amanda Darieux (Elizabeth Gracen), che pur apparendo solo in alcuni episodi ha lasciato un'impressione tale da conquistarsi una serie tutta sua, lo spin-off Highlander: The Raven (1998).

Methos
Methos

Alla fine del terzo anno si unisce al gruppo Methos (Peter Wingfield), su cui bisognerebbe aprire un capitolo a parte: personaggio geniale, è sicuramente la creazione più originale della serie. Arguto, attraente e misterioso, è da subito una creazione atipica perché fuori dai cliché che vorrebbero i comprimari facilmente etichettabili in comode categorie, a maggior ragione nel genere fantasy. Non Methos: amorale e sorprendente, con ombre piuttosto lunghe nel proprio passato, Methos mette in discussione tutto ciò che MacLeod considera certo, conquistando velocemente un proprio nutrito pubblico e rubando spesso la scena al tanto più nobile – e un po' rigido – protagonista, tanto che a più riprese si è parlato di una serie tutta sua.

Merita di essere menzionato anche un altro coprotagonista: l'ambientazione, in particolare Parigi, che in alcuni episodi diventa quasi un personaggio autonomo, aggiungendo un elemento raffinato e di impatto al prodotto finale. A partire dalla seconda stagione la produzione ha cominciato a girare sempre più nella capitale francese, che per la quinta stagione diventa di fatto la location principale delle riprese, da Notre Dame alla Tour Eiffel.

Parlare in dettaglio di tutte le idee valide della serie sarebbe troppo lungo: si veda il concetto stesso degli Osservatori, o il personaggio di Amanda, una ventata di ironia e vitalità quanto mai necessaria ad un protagonista come MacLeod. In effetti i personaggi di Joe, Methos e Amanda sono più che sufficienti per concentrare l'attenzione e la simpatia dello spettatore, tanto da "rubare" lo show al protagonista a più riprese, cosa che può aver involontariamente facilitato il calo di successo del telefilm nelle ultime stagioni.

Le ragioni principali dietro la chiusura del telefilm sono evidenti: sceneggiature non sempre all'altezza e la mancanza di un polso abbastanza forte dietro al timone hanno fatto sì che si alternassero episodi molto validi ad altri piuttosto inconcludenti, in un'oscillazione che è diventata un tratto caratteristico del telefilm. Infine, sebbene la quinta e penultima stagione, più cupa e drammatica, sia considerata da alcuni la più valida, è quella che ha registrato il maggior calo di ascolti, in parte a per via di un improvviso cambio di collocazione oraria del telefilm.

Spinti dal desiderio di rinnovare lo show in calo di ascolti, alla fine di quel quinto anno gli autori rivoluzionarono letteralmente la mitologia della serie inserendo l'idea di demoni e un substrato mitologico tendente all'horroh non bene approfondito. Un errore fatale, che non solo non è servito a conquistare nuovo pubblico, ma che ha alienato parte di quello vecchio, che nella sesta stagione ha letteralmente disertato il telefilm. I cambiamenti furono troppi, e poco giustificati. Così, sebbene nell'ultimo episodio si riuniscano quasi tutti i protagonisti principali, la conclusione lasciò l'amaro in bocca a molti. Una chiusura un po' infelice per un prodotto con qualità indubbie, che nonostante tutto mantiene un certo fascino. Ancora oggi l'aspettativa con cui gli appassionati attendono le prossime incarnazioni – su grande o piccolo schermo – di Highlander è alta.

I protagonisti della serie vi aspettano a questo indirizzo:

http://www.fantasymagazine.it/rubriche/6402