[di Massimo Perissinotto]

Nella terra di Corona, in seguito al risveglio del millenario demone Dactyl, infuria la guerra tra gli orchi e gli umani.

Due giovani innamorati, la dolce Pony e l’intrepido Elbryan, sono gli unici sopravvissuti al massacro del loro villaggio. Separati dallo scontro che ha portato allo sterminio il loro popolo, sia Pony che Elbryan intraprendono strade opposte (che nel corso della storia risulteranno, ovviamente, convergenti).

Elbryan, accolto dagli elfi, viene addestrato per diventare un ranger e combattere i demoni.

Pony, invece, vaga senza memoria tra le terre in guerra.

Mentre altrove, il giovane monaco Avelyn combatte una battaglia personale con la fede e con alti prelati religiosi ai quali deve sottrarre delle misteriose gemme piovute dal cielo, in grado con i loro poteri di cambiare le sorti del mondo.

R.A. Salvatore è universalmente noto come il miglior scrittore dell’eterna saga di Forgotten Realms, tratta dall’omonimo gioco di ruolo. Questo suo nuovo ciclo: La trilogia del Demone, di cui Il risveglio del Demone è il primo volume, pur avulso da qualsiasi “universo” precostituito, non si discosta molto dalle avventure e dalle ambientazioni classiche dei giochi di ruolo fantasy (elfi, orchetti, giganti...).

Quello che lo rende diverso è invece l’estrema cura dei personaggi e lo spessore etico che li anima. Non mancano i combattimenti, scritti benissimo ma forse troppo insistiti e in qualche caso poco convinti e orchestrati per allungare il brodo, come anche gli addestramenti “spossanti”, narrati parallelamente alla crescita (in tutti i sensi) dei tre protagonisti, già letti e riletti altrove. Ma il rigore e la solidità dello stile partoriscono una costante tensione, tutta legata ai personaggi anziché all’esile storiella, salvando la baracca e portandoci alla conclusione della lettura di un simil tomo con la voglia di iniziare subito a leggere il secondo.

Un Terry Brooks dei tempi d’oro, verrebbe da dire, ma con in più un tocco di modernità e di ferocia tipica di quel David Gemmell di cui Salvatore si è più volte dichiarato fervente estimatore.

Non certamente un’opera indispensabile, ma avercene!

[di Andrea D'Angelo]

Il risveglio del demone si presenta come un tomo piuttosto voluminoso. Attendevo la sua uscita, perché avevo letto ottimi pareri dei lettori d’oltreoceano su questo nuovo progetto di R.A. Salvatore, scrittore che ho sempre considerato potenzialmente capace di scrivere ottimi romanzi fantasy.

A lettura finita, e paragonandolo d’istinto a Le lande di ghiaccio, la prima impressione che questo romanzo mi ha trasmesso è stata che Salvatore abbia compiuto un notevole salto di qualità rispetto al suo esordio (che, sinceramente, mi è sempre parso piuttosto scialbo, Drizzt e amica pantera a parte).

La figura del giovane monaco Avelyn è promettente, come molto promettente è l’ambientazione in cui si muove a inizio storia. Lo stesso dicasi per Elbryan, il cui addestramento mi è parso ben sviluppato e con qualche tocco di originalità, non semplice da aggiungere all'aspetto trito e ritrito dell'eroe che si addestra. Il personaggio meno azzeccato, a mio avviso, è Pony, l’unica donna... a qualche mese di distanza, ricordo poco di lei: maschilismo mio o caratterizzazione meno efficace dell’autore?

La vera, sostanziale novità di questo romanzo, è la voglia di Salvatore di approfondire il lato psicologico dei personaggi, intento che dapprincipio gli riesce: le pagine trasudano introspezione, non da urlare capolavoro!, ma buona da interessare. Purtroppo, da un certo punto in poi, la quantità di combattimenti emargina quest’aspetto dell’opera e nel contempo abbatte il valore del romanzo. A parte nel finale, in cui l’azione è godibile e scritta con un ritmo giustamente veloce, gli scontri tra i protagonisti e le avanguardie dell’esercito nemico divengono fastidiosi; non tanto per la ripetitività, che in fondo è minima, quanto per il loro esito scontato. Dov’è andato a nascondersi il pathos? Forse l'hanno falciato i protagonisti per sbaglio? Io non l'ho visto... né provato.

Punto a favore, oserei dire consueto punto di forza di Salvatore, la scorrevolezza della narrazione: nonostante la mole, il romanzo scivola sino alla fine e non te ne accorgi; senza troppe pretese, vero, ma con la capacità di far trascorrere al lettore alcune ore di svago spensierato.

Il giudizio di Massimo corrisponde al mio: discreto.